Secondo la piattaforma francese di monitoraggio web e social media Visibrain, la pubblicazione di Epilogue dei Daft Punk ha provocato una media di 32 tweet al secondo. Il video muto di otto minuti caricato il 22 febbraio su YouTube, con cui il misterioso quanto celebre duo francese Daft Punk ha annunciato lo scioglimento, ha raggiunto i 12 milioni di visualizzazioni in un giorno. Si concludono così 28 anni di sodalizio artistico che hanno dato vita ad alcuni dei pezzi più ascoltati e ballati della storia.
Il video mostra i due artisti, sempre con i volti coperti dai famosi caschi dorati e argentati, camminare affiancati nel deserto. I passi di quello con il casco argentato si fanno sempre più lenti, e così il compagno, senza accorgersene, lo lascia fisicamente e simbolicamente indietro. Quando se ne accorge, si ferma, si volta e torna dal compagno argentato. Questo però si sfila la giacca con la scritta Daft Punk e mostra la schiena all’altro, invitandolo a premere i tasti di quello che sembra un pannello di controllo. Il compagno dal casco dorato lo asseconda, dando l’avvio a un’autodistruzione che dopo qualche secondo lo fa esplodere. Così Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo, a 46 e 47 anni, si ritirano dalla scena musicale.
I Daft Punk si conoscono nel 1987 sui banchi di scuola, al Lycée Carnot di Parigi. Nel 1992 fondano il gruppo Darlin’ con l’amico Laurent Brancowitz – che poi si unisce al gruppo del fratello, i Phoenix. Come gli impressionisti o i fauves, i Daft Punk prendono il loro nome (quando ancora suonano come Darlin’) da una critica, una definizione spietata della loro canzone Cindy, So Loud da parte della rivista britannica Melody Maker che la descrive come “a daft punky thrash” (letteralmente, stupida spazzatura punk). La rivista non ha forse tutti i torti, considerando che i Darlin’ hanno vita breve e si sciolgono un anno dopo. Ma quello che il Melody Maker non può sapere è che dieci anni dopo Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo, vestiti da robot metallici, salgono sul palco dei Grammys Award 2014 per ritirare ben cinque premi per il disco Random Access Memories.
Nel 1993 i Daft Punk registrano la loro prima demo The New Wave con l’etichetta discografica Soma Quality Recordings. La demo viene rilasciata in edizione limitata nel 1994, ma non viene accolta come un successo. Qui e nei lavori immediatamente successivi è molto evidente l’influenza dei Kraftwerk, pionieristico gruppo musicale tedesco in attività dal 1970 a cui viene attribuita la nascita della musica elettronica. Neppure l’uscita del singolo Da Funk nel 1995, primo successo radiofonico del duo con sonorità ancora lontane dall’ambito commerciale, li rende i Daft Punk che tutti conosciamo. Per quello si deve aspettare il loro primo album del 1997, Homework, che diventa uno dei più influenti album dance degli anni Novanta, ballato in tutte le discoteche del mondo. Il disco contiene uno dei più grandi successi del duo, Around The World.
Fin dagli esordi – a partire dal maggio del 1996 – i due decidono di esibirsi a volto coperto, prima con delle maschere improvvisate (tra le quali troviamo anche quelle dei due protagonisti della sitcom animata statunitense Beavis and Butt-head), poi con i caratteristici caschi disegnati da Tony Gardner. Gardner è un make-up designer specializzato in effetti speciali per il cinema che ha lavorato anche ai make-up per Zombieland, 127 Ore, Hairspray, La Famiglia Addams, Batman & Robin e molti altri film. Nel 2001, con l’uscita dell’album Discovery, vengono prodotti i caschi più celebri e costosi mai realizzati per il duo, dal valore stimato di 65mila dollari. Il riferimento per l’elmetto argentato, quello di Thomas Bangalter, è il robot alieno di Ultimatum alla terra.
La ragione che li spinge inizialmente a cercare l’anonimato – o meglio, a non volere essere fotografati in volto, dato che i dati anagrafici dei due sono noti – è chiara, ed è stata confermata dallo stesso Guy-Manuel de Homem-Christo: “Dall’inizio io e Thomas abbiamo cercato di proporre una prospettiva diversa dall’essere musicisti e avere successo. Non ci siamo mai voluti esporre come ogni cantante o gruppo ha fatto solitamente, nella storia del rock o della musica in generale. Siamo piuttosto timidi e ci consideriamo dei produttori, non siamo dei performers. […] Abbiamo deciso di nasconderci, di proporre altro attraverso i robot. Vogliamo avere una vita regolare interagendo con le persone ogni giorno, prendere la metro, comprare il pane. Facciamo tesoro del poterci comportare normalmente, rimanere anonimi e non essere spiattellati su tutte le copertine delle riviste. Facciamo così da 20 anni, le persone lo hanno capito e ci hanno sempre supportato”.
Un aspetto particolare del duo, forse sottovalutato, è la passione per il cinema, che non si limita all’ispirazione per i loro caschi iconici. I loro videoclip sono stati diretti da registi di culto come Spike Jonze (regista di Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee – entrambi scritti da Charlie Kaufman – e Lei, con Joaquin Phoenix) e Michel Gondry (che lavora anche con artisti quali i Rolling Stones, The White Stripes, Chemical Brothers, Foo Fighters, Massive Attack, Radiohead, e del film Se mi lasci ti cancello, sempre sceneggiato da Charlie Kaufman). Nel 2006 esordiscono alla regia con Daft Punk’s Electroma, presentato in anteprima al Festival di Cannes, e nel 2010 realizzano per Disney la colonna sonora di Tron: Legacy.
Sempre riservati nei confronti dei media, i Daft Punk partecipano per la prima volta a una performance televisiva live solo nel 2008, in un’apparizione a sorpresa durante i Grammys Award del 2008 in cui si esibiscono con Kanye West nel brano Stronger. Compaiono di nuovo in televisione solo sei anni dopo, durante i Grammys Award in cui Random Access Memories viene nominato Album dell’anno, Miglior album dance/elettronico e Miglior registrazione di un album non classico. Il suo singolo più famoso, Get Lucky con Pharrell Williams e Nile Rodgers, vince invece i premi Miglior interpretazione pop di un duo o un gruppo e Registrazione dell’anno.
Un disco diverso da quanto il gruppo ci aveva abituati ad ascoltare: molto più fruibile, meno elettronico, più funk. Sicuramente l’album più eclettico, dal momento che possiamo considerare ogni traccia come un omaggio a un differente stile musicale. Per la sua realizzazione vengono in larga parte limitati l’elettronica, l’uso del sintetizzatore modulare e del vocoder, per privilegiare l’utilizzo di strumenti dal vivo. Questo regala all’album un sound molto meno sintetico, più rock. Probabilmente è a questo – e ai grandi featuring, tra cui Julian Casablancas, Pharrell Williams e Nile Rodgers, Paul Williams e Panda Bear – che si deve l’incredibile successo di quello che oggi sappiamo essere l’ultimo album dei Daft Punk. Get Lucky diventa un vero caso mediatico: un boom di ascolti mai verificatosi prima che infrange il record di streaming online di un brano, raggiungendo i 111 milioni di stream su YouTube e i 104 milioni su Spotify.
I Daft Punk hanno fatto ballare una generazione intera, partendo dalle sonorità più “robotiche” e forse meno accessibili dei Kraftwerk per approdare alla French Touch – di cui sono stati i maggiori esponenti – spaziando tra il funk e la disco music, e passando per il rock più canonico. Si dice addirittura che David Bowie in persona abbia chiamato il loro studio per chiedere di poter remixare un suo brano, ma che loro abbiano gentilmente rifiutato. Quel che è certo è che i Daft Punk avevano un sound unico e inimitabile, una sorta di marchio d’autore immediatamente riconoscibile nonostante il suo eclettismo. Benché il mondo pianga la loro improvvisa e non ancora chiarita separazione, i Daft Punk ci hanno lasciato tutto quello che serve per tirarci su il morale: 28 anni di sound unico e innovativo, capace di superare la prova del tempo e di continuare a farci ballare.