Dopo circa tre settimane di quarantena in cui il massimo della vita era uscire per andare a fare la spesa al supermercato a 50 metri da casa mia, mi è capitato sotto gli occhi un video di Jeffree Star, uno dei beauty guru più famosi di YouTube, intitolato Never Leaving My House Again…. Nel video si vede Jeffree che racconta la sua giornata tipo in isolamento nella sua villa da 14 milioni di dollari recentemente acquistata a Hidden Hills, in California. Dopo essersi fatto sistemare dal proprio team di truccatori e parrucchieri, legge sulla sua panchina customizzata Louis Vuitton, gioca con la sua collezione di flipper e scopre di avere in casa sua delle stanze che non aveva mai visto. Alla fine, il titolo del video viene smentito e Jeffree esce di casa per andare nella sua officina di fiducia a ritirare la sua McLaren 570 fucsia, appena riparata. Nel successivo video Updated House Tour! Being SINGLE and Quarantined, Jeffree, seduto nella sua spa e circondato dai suoi volpini di Pomerania, parla di quanto sia orribile e triste che le grandi aziende statunitensi stiano licenziando i propri dipendenti.
Jeffree Star ha costruito la sua carriera sull’essere un personaggio eccessivo e sfacciato, e mi è sempre stato simpatico proprio per queste ragioni. Ma vedendo quel video mi sono sentita presa in giro, soprattutto quando il make-up guru si è messo a parlare del trattamento vergognoso dei lavoratori essenziali avvolto in un accappatoio di Givenchy e seduto su un blocco di marmo nella sua spa privata. La stessa sensazione l’ho provata nei confronti di Ellen DeGeneres, in quarantena nella sua villa in stile balinese da 27 milioni di dollari, che dice di sentirsi come in prigione. O ancora con Gwyneth Paltrow che spiega che la quarantena è “una grande opportunità” per lei e il suo partner. La gente comune ha cominciato a mal sopportare le celebrities, sia che ci diano lezioni di positività, sia che biasimino la nostra condizione di poveri lavoratori sfruttati. L’idea che il coronavirus sia una sorta di livella sociale è evidentemente una falsità, e sembrano essersene accorti tutti.
I commenti alla challenge lanciata da Gal Gadot con le star che cantano Imagine nelle loro storie Instagram ne sono un buon indicatore: “Sembra di vedere un’infermiera sadica che ti vuole fare una puntura orribile”, ha scritto il New York Times. Ma al di là del risultato artistico che fa rimpiangere persino le canzoni alla We are the world, quello che risulta disturbante di quel video è proprio il fatto che tutte questi personaggi famosi, chiusi nelle loro ville e privati della loro normale copertura mediatica, tentino maldestramente di convincerci che siamo tutti sulla stessa barca. Ma, come ironizza qualcuno su internet, il problema è che la loro barca è uno yacht, la nostra, al massimo, un pedalò.
Dopo attori, cantanti e calciatori, l’ira delle masse si è scatenata contro gli influencer, categoria che, pur essendo apparentemente odiata da tutti, basa paradossalmente la propria fortuna proprio sulla popolarità. Molti sono scappati nelle loro seconde case in luoghi più isolati (a quarantena già iniziata) o hanno deciso di andare in vacanza guarda caso proprio in questo momento. Ovviamente con corredo di selfie con la mascherina sull’aereo e una story su Instagram per confermare di essere sani e salvi alle Maldive. Sono in tanti che hanno scelto la soluzione di viaggio che coniuga l’essere ricchi all’essere stronzi: per esempio, le compagnie di jet privati di Hong Kong hanno registrato a gennaio un boom del 214% di richieste in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un volo privato da New York a Londra, che tra le altre cose emette 10 volte le emissioni di un volo commerciale per passeggero, costa circa 140mila dollari, per farsi un’idea di quanto possa costare una fuga dalla pandemia.
I più accorti stanno già pensando di trasformare la pandemia in un’occasione di business. Finite le foto professionali da postare dall’archivio, molte influencer stanno trasformando la loro estetica verso qualcosa di più “casalingo”, mostrando spesso un lato meno costruito e più autentico, mentre i brand stanno riadattando le loro campagne di influencer marketing per venire incontro alla nuova normalità della gente. Se questa nuova attitudine ha il potenziale per cambiare questa industria per sempre, non tutti l’hanno accettata. In molti infatti hanno reagito con insofferenza o continuando a postare contenuti dietro ai quali c’è il lavoro di un professionista, sollevando dubbi sull’effettivo rispetto delle direttive di distanziamento sociale.
Qualcuno sta già pagando le conseguenze delle proprie scelte egoistiche in un momento così difficile per tutti. L’impero di Arielle Charnas, fashion blogger con un patrimonio da 5 milioni di dollari, sta crollando perché l’influencer, risultata positiva al coronavirus, ha deciso di spostarsi da New York per andare nella sua casa negli Hamptons, mettendo in atto altri comportamenti rischiosi come andare nella scuola della figlia nonostante avesse la febbre da giorni. Il tutto documentato come se nulla fosse su Instagram. Molti si sono lamentati sia perché Charnas avrebbe avuto un accesso privilegiato al tampone (che è molto difficile ottenere se non si ha un determinato quadro clinico), sia per il suo comportamento irresponsabile. Charnas avrebbe contagiato anche il marito e la tata, per poi concludere la sua avventura con una lettera di scuse “per aver offeso qualcuno”. Secondo i commentatori, questa mossa costerà molto cara a Charnas in termini di partnership con le aziende, che non vorranno vedere il loro nome associato a quella che il New York Post ha ribattezzato “covidiot”.
La cosa interessante di questo fenomeno, al di là dell’indignazione estemporanea e della crociata contro le influencer, è il fatto che sembra che per la prima volta la grande categoria delle celebrità venga messa in discussione. Certamente in passato è già successo che qualche personaggio famoso si scavasse la fossa da solo distruggendo la propria carriera con gesti assurdi. Ma prima non c’era nulla a cui un’ammissione di colpa e un’edificante storia di rinascita non potessero rimediare. In questo caso stiamo assistendo a un fenomeno diverso, perché questo trauma collettivo non sarà dimenticato molto facilmente, e i “vip” saranno ricordati non tanto come i musicisti che suonano il violino mentre il Titanic affonda, ma più come la ricca Rose che non fa spazio al povero Jack sulla tavola di legno che le salva la vita. È sotto agli occhi di tutti, specialmente negli Stati Uniti dove la sanità è privata, che i famosi hanno corsie privilegiate per l’accesso ai tamponi, cure mediche garantite in caso di contagio, case spaziose e dotate di tutti i servizi dove trascorrere la quarantena. E nessuno è disposto a prendere lezioni su come affrontare la pandemia da chi ha già tutti i privilegi per farlo.
Le persone cominciano a prendere atto collettivamente che i divi, per quanto si sforzino di sembrare delle persone normali, non sono come noi né lo saranno mai. Di per sé la cosa non è un problema, ma lo diventa quando le persone famose cercano di convincerci di essere uguali a noi o tentano di empatizzare con la nostra condizione. È vero che si tratta di un momento difficile per tutti, ma senza sminuire il dolore altrui tutti preferiremmo che i cantanti e gli attori si limitassero a fare i cantanti e gli attori.
“Quella del coronavirus è una strana crisi in cui non fare niente aiuta davvero: stare in casa salva vite. E oltre al cibo, all’affitto e alle medicine, le persone hanno bisogno di un intrattenimento sufficiente per superare il lockdown,” ha scritto Amanda Hess sul New York Times. “Ma se devo dare la mia attenzione alle celebrities in un momento come questo, è meglio che il loro contributo sia sufficientemente interessante o fuori di testa da distrarmi dallo spettro della morte e della sofferenza di massa”. Non abbiamo bisogno di attori stonati che cantano Imagine, né di calciatori che ci danno lezioni di vita, né di influencer che si disperano di aver rinunciato al viaggio alle Bahamas. Vogliamo più video di Arnold Schwarzenegger che consiglia di stare a casa dando da mangiare al suo asino e al suo pony, la “compagna” Britney Spears che sostiene lo sciopero generale e chiede la ridistribuzione del denaro, Tom Hardy che legge favole della buonanotte per bambini, un gruppo di attori di Hollywood che si sfidano a infilarsi una maglietta facendo la verticale. Alle celebrità non chiediamo altro, se non che facciano le celebrità, anche in mezzo alla più grave pandemia della storia recente.