C’è una legge non scritta che vige nella maggior parte nelle relazioni eterosessuali, che durino una sola notte o per tutta la vita. Ai preservativi ci pensa il maschio, alla pillola la femmina. Con le dovute eccezioni, è lui che di norma si avventura a notte fonda di distributore in distributore per comprare una confezione con la furtività di un ladro, mentre a lei spetta andare dal ginecologo per la prescrizione della pillola, preoccuparsi di non dimenticarla, impostare sveglie sul cellulare, e sorbirsi una grande quantità di effetti collaterali che vanno dalla cellulite al rischio di trombosi alla depressione. Questo ha ragioni abbastanza ovvie: la pillola anticoncezionale, a differenza del preservativo, è un farmaco. Tale divisione dei compiti però fa anche sì che il peso della contraccezione, che dovrebbe essere equamente distribuito, ricada in modo molto più massiccio sulle donne: non solo per i costi, ma anche e soprattutto per la salute. Questa iniquità è dovuta principalmente al fatto che non esistono contraccettivi ormonali per i maschi.
Mentre le donne hanno a loro disposizione una grande varietà di contraccettivi di barriera e farmacologici, per gli uomini le alternative sono due: il condom, che paragonato alla pillola ha un’efficacia molto più bassa, e la vasectomia, che è un’operazione permanente e irreversibile, che solitamente si fa in età avanzata quando si è certi di non volere più figli – l’equivalente della chiusura delle tube per le donne. Per certi versi sembra assurdo che nel 2018 non si sia ancora riusciti a creare un contraccettivo ormonale maschile che abbia un effetto temporaneo, ma quello che può sembrare a prima vista un complotto delle case farmaceutiche ai danni delle donne è la combinazione di una molteplicità di fattori diversi.
In realtà, l’idea di creare un contraccettivo maschile arrivò quasi per caso e addirittura prima della pillola. Negli anni Cinquanta, degli scienziati che lavoravano per la Sterling Drug, un’azienda farmaceutica ormai chiusa, sintetizzarono un composto chimico, il WIN 18446, e si accorsero che era in grado di rendere temporaneamente sterili i topi. Si resero conto che quel composto poteva diventare un ottimo strumento di controllo delle nascite, così cominciarono la sperimentazione sui carcerati dell’Oregon State Penitentiary. Gli effetti sperati si presentarono presto, peccato che quando i soggetti dell’esperimento riuscirono a procurarsi una bottiglia di scotch di contrabbando, manifestarono tremendi effetti collaterali e diventarono particolarmente violenti, oltre a provare nausea, palpitazioni e sudorazione. Il progetto fu quindi abbandonato, mentre quasi contemporaneamente cominciavano gli studi sui contraccettivi orali femminili. Il primo, Enovid, arriverà sul mercato statunitense dieci anni più tardi ed era prescritto solo alle donne sposate, dopo che l’attivista ottantenne Margaret Sanger raccolse i fondi per finanziare la sua sperimentazione.
Da quel momento, tutta l’attenzione della ricerca scientifica si concentrò sul perfezionamento e l’ampliamento dell’offerta di pillole anticoncezionali per donne. Ciò si spiega anche con una semplice motivazione biologica: la pillola previene la gravidanza inibendo l’ovulazione (cioè l’espulsione dell’ovocita dalle ovaie) che avviene mediamente una volta al mese e per un periodo di tempo limitato. L’uomo invece produce centinaia di milioni di spermatozoi ogni giorno dalla pubertà fino alla morte e, nonostante abbia una fisiologia apparentemente meno complessa di quella femminile, bloccare in modo reversibile questo processo è molto più difficile. Si potrebbe agire sul testosterone, ma la sua assunzione orale risulta tossica per il fegato, come hanno dimostrato gli studi sull’assunzione di steroidi nel bodybuilding.
Quindi, in sostanza, la pillola funziona meglio e, soprattutto, la sua efficacia è già stata testata e riconosciuta. Gli scienziati non hanno mai del tutto abbandonato le speranze per la contraccezione maschile, sia cercando di recuperare gli studi sul WIN 18446 sia tentando altre strade, ma i riscontri sono pochi e soprattutto lenti. Inoltre, trovare volontari per testare un anticoncezionale di cui non si conoscono gli effetti può risultare difficile, rispetto a quando si devono provare altri tipi di farmaci, che in genere vengono utilizzati su pazienti con la malattia che il medicinale dovrebbe curare. Di certo non si possono nemmeno più fare esperimenti nelle prigioni come negli anni Cinquanta, o su soggetti deboli ed emarginati in Paesi del Sud del mondo, come avvenne un decennio più tardi per i test sulla pillola.
Se questi studi dovessero ottenere qualche risultato, poi, c’è la questione fondamentale: se gli uomini già sono riluttanti a usare il preservativo, sarebbero disposti ad assumere quotidianamente un farmaco che stravolgerà il loro equilibrio ormonale e darà loro un bel po’ di effetti collaterali solo per non incorrere in una gravidanza indesiderata, quando questo evento non li riguarda fisicamente in prima persona? Il problema di fondo è che si lega l’esperienza del concepimento alla sola donna, ignorando la componente maschile. È la donna che partorisce, quindi è lei che deve pensare a come evitare di restare incinta, con tutte le conseguenze fisiche e psicologiche che assumere la pillola comporta. L’idea che anche gli uomini possano sobbarcarsi tale responsabilità è rivoluzionaria e non è detto che venga accettata molto facilmente. Sono stati fatti diversi sondaggi in merito, e le opinioni sembrano essere molto discordanti: secondo il Telegraph, più della metà degli intervistati sarebbe disposto ad assumere una pillola, mentre secondo Healthline solo il 34% si sottoporrebbe a delle iniezioni che bloccano la produzione di sperma. Quindi a quanto pare anche la modalità di assunzione di un’eventuale contraccettivo ormonale maschile potrebbe far cambiare opinione a molti.
Tra dire e il fare, ovviamente, ci sono di mezzo gli effetti collaterali. L’ultimo metodo contraccettivo testato, denominato DMAU, che consiste in una pillola a base ormonale, è stato accolto con successo lo scorso marzo al meeting della Endocrine Society di Chicago. Si tratta dello stesso principio che viene utilizzato per effettuare la castrazione chimica – anche se in dosi nettamente inferiori – cioè sopprimere (o, in questo caso, abbassare) i livelli degli ormoni necessari alla produzione di sperma. L’effetto contraccettivo temporaneo del composto chimico si è presentato, ma accompagnato da diverse controindicazioni come l’aumento di peso e delle mammelle, coaguli di sangue e sintomi depressivi: niente di nuovo per le donne che assumono i contraccettivi ormonali. Nel 2016 uno studio simile era stato bloccato dopo che i partecipanti avevano lamentato un calo della libido, sbalzi d’umore e insorgenza di acne, nonostante i volontari volessero proseguire con l’assunzione, anche questi tutti effetti collaterali della pillola femminile.
A parte questi “dettagli”, gli studi sul DMAU sono quelli che hanno avuto, fino a ora, i risultati più convincenti. Ovviamente, per una sua eventuale commercializzazione si dovranno aspettare anni, dato che la ricerca è appena arrivata alla Fase II, durante la quale si studia l’efficacia e gli effetti collaterali facendo assumere la dose necessaria per il trattamento (in questo caso si parla di anni) a 100-300 pazienti. Se supererà questa fase e la prossima, la più lunga e costosa da realizzare, potrà finalmente arrivare nelle farmacie. Ma ci sono anche altre strade. In India ad esempio, dove l’uso del preservativo è quasi inesistente per ragioni culturali ma anche per la sua scarsa distribuzione nelle farmacie, l’ingegnere biomedico 76enne Sujoy Guha ha messo a punto la prima vasectomia non chirurgica, che consiste nell’iniezione nel vaso deferente che collega i testicoli al pene di un gel in grado di distruggere le teste degli spermatozoi e renderli sterili. L’operazione è reversibile iniettando una nuova sostanza in grado di sciogliere questo gel, e quindi permettere il normale passaggio del liquido seminale. A detta dell’Indian Council of Medical Research la procedura ha un’efficacia del 98%, non ha effetti collaterali e funziona anche a distanza di dieci anni. La Parsemus Foundation ha acquistato la licenza per la produzione del gel negli Stati Uniti con il nome commerciale di Vasalgel, ma lo studio è ancora alla fase pre-clinica. Se l’indagine di Healthline ha ragione, poi, bisognerà vedere quanti uomini saranno disposti a sottoporsi a questo tipo di trattamento.
Saranno forse le nostre e i nostri nipoti a usufruire dei vantaggi della contraccezione ormonale maschile, magari sopportando un po’ di cellulite come facciamo noi donne da decenni? Se le ricerche sul DMAU andranno avanti per il verso giusto, probabilmente sì. Un metodo contraccettivo di barriera a lungo termine come il Vasalgel, inoltre, potrebbe davvero rivoluzionare il nostro modo di fare sesso, aiutando le coppie a evitare le gravidanze indesiderate senza che nessuno dei due si debba imbottire di ormoni, cosa che non è esattamente il meglio per la propria salute.