La Corrente del Golfo rallenta come mai prima con effetti devastanti sul clima. Ma non se ne parla. - THE VISION
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La Corrente del Golfo è sempre meno intensa, e questo è un problema per l’intero Pianeta. Il fenomeno muove oltre 20 milioni di metri cubici di acqua al secondo, ridistribuendo il calore tra le acque oceaniche di tutto il mondo. Questa parte fondamentale dell’ampio complesso di correnti oceaniche noto agli addetti ai lavori come Atlantic Meridional Overturning Circulation si sta indebolendo, accelerando un trend in corso da metà Ottocento: a lanciare l’allarme è uno studio pubblicato su Nature Geoscience dai ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research e dell’Irish Climate Analysis Unit della Maynooth University, che mettono in guardia su un aggravamento della situazione se non riusciremo a intervenire sulla crisi climatica.

Il Golfo del Messico e l’Oceano Atlantico (Apollo 7), 1968

In condizioni normali la Corrente del Golfo ridistribuisce le acque globali, agendo come uno dei più grandi sistemi di circolazione oceanica trasportando l’acqua calda e salata superficiale dal Golfo del Messico, in prossimità dell’Equatore, fino all’Atlantico settentrionale dove, a nord dell’Islanda, si raffredda e diventa più salata, densa e pesante, scendendo quindi verso gli strati oceanici più profondi; da qui, per il principio di conservazione della massa, torna poi verso Sud. Il problema è che, con la crisi climatica – che colpisce con più forza i Poli –, i mari nordici raccolgono anche l’acqua proveniente dai ghiacciai disciolti e dalle piogge, per cui le correnti arrivate dal Sud diventano meno dense e meno pesanti, scendendo quindi meno rapidamente verso il fondale e rallentando il meccanismo nel suo complesso. È proprio quello che sta avvenendo secondo quanto hanno osservato i ricercatori a partire dal 2004, che, incrociando una serie di dati tra cui la dimensione dei granelli che costituiscono i sedimenti dei fondali oceanici, hanno ricostruito i cambiamenti subiti dalla Corrente del Golfo nell’ultimo millennio. Il fenomeno dell’indebolimento – dimostrato già da una ricerca nel 2018 –  è noto da tempo agli scienziati, ma il nuovo paper rileva che il livello raggiunto non ha precedenti da mille anni a questa parte e ne mette in luce le responsabilità umane. 

Non dobbiamo cadere nell’errore di considerare questo fenomeno come naturale. Fin dalla sua origine, attorno al 1850 circa – in coincidenza della fine della cosiddetta piccola era glaciale, un periodo in cui il clima europeo era particolarmente rigido – il rallentamento della Corrente del Golfo fu provocato probabilmente anche dalle attività umane della Rivoluzione Industriale, che si aggiunsero alle cause naturali legate a un periodo molto intenso di attività vulcanica globale. Le ricerche attuali  parlano chiaramente delle attività antropiche come delle principali responsabili delle attuali modificazioni della Corrente del Golfo, di cui solo adesso sono chiare la gravità e le dimensioni. Ora sappiamo che il fenomeno ha raggiunto il suo massimo storico e che il momento della sua messa in crisi definitiva si fa sempre più vicino.

New Orleans, Louisiana, Golfo del Messico, 2010

Se le conseguenze sul lungo periodo non sono ancora del tutto note, è molto probabile che saranno proprio le regioni occidentali del continente europeo a essere colpite per prime, con danni al clima e agli equilibri naturali; gli scienziati avevano già avvertito che un indebolimento della Corrente del Golfo causerebbe inverni gelidi in Europa occidentale – in particolare in Irlanda, Gran Bretagna, lungo le coste atlantiche della Francia settentrionale e nei Paesi Bassi – regioni che oggi sono rese umide, ma anche più miti di località situate alla stessa latitudine ma più a est, come Svezia, Finlandia o Danimarca. Un disequilibrio nelle correnti che determinano il clima di queste regioni avrebbe serie conseguenze sulle precipitazioni e le temperature di tutta l’area, ma anche sul benessere degli ecosistemi marittimi, e quindi sulla pescosità dei mari, con conseguenze dirette anche sull’economia.

Un assaggio di quello che può accadere quando gli equilibri delle correnti vengono alterati si è visto con l’insolito comportamento, nelle scorse settimane, della corrente a getto che agisce tra l’Artico e l’Atlantico. Normalmente le temperature molto fredde sopra l’Artico creano un vortice polare che crea un flusso costante e stanziale di correnti d’aria, ma le recenti temperature sopra la media dell’Artico hanno provocato una corrente a getto debole e in grado di spostarsi, che in alcuni casi ha diffuso il freddo molto più a sud e reso più caldo il clima a nord, come visto a febbraio 2021 nel Regno Unito, in Europa continentale e negli Stati Uniti

Waco, Texas, febbraio 2021

L’impatto delle variazioni nella Corrente del Golfo si osservano su periodi molto più lunghi rispetto a quelli della corrente a getto, ma per gli scienziati non è difficile ipotizzare condizioni meteorologiche estreme in tutta Europa, come sottolinea Stefan Rahmstorf del Potsdam Institute for Climate Impact Research, per il quale cresceranno numero e gravità delle tempeste che colpiscono la Gran Bretagna, così come le ondate di caldo estivo in Europa. Negli Stati Uniti, invece, sono probabili uragani sempre più frequenti. La ricercatrice Levke Caesar della Maynooth University, autrice principale dello studio pubblicato su Nature Geoscience, sottolinea poi che l’innalzamento del livello del mare sulla costa orientale degli Stati Uniti è un’altra conseguenza con cui bisognerà probabilmente fare i conti: il flusso superficiale verso nord della Corrente porta una deviazione delle masse d’acqua lontano dalla costa orientale degli Stati Uniti, per effetto della rotazione terrestre; secondo la scienziata, con il rallentamento della Corrente questo effetto si indebolisce e più acqua si accumula sulla costa est americana, facendo innalzare il livello del mare, che già potrebbe aumentare tra oltre 60 cm e 1,10 m entro il 2100 a causa dello scioglimento dei ghiacci polari.

Houston, Texas, 2017
Louisiana 2005

La circolazione dell’acqua mossa dalla Corrente del Golfo ha già rallentato del 15% circa dal 1850, ma se il riscaldamento globale continuerà ai ritmi attuali potrebbe rallentare ancora fino al 45% entro il 2100: il rischio è quello di arrivare a un punto in cui, anche arrestando il riscaldamento globale, non potremo più nulla contro il continuo rallentamento della Corrente del Golfo e un clima di conseguenza sempre più instabile. 

Dobbiamo ammettere che anche i drammatici cambiamenti negli equilibri delle correnti globali sono da annoverare tra gli effetti della crisi climatica; quindi anche l’indebolimento della Corrente del Golfo è da imputare alle attività inquinanti e all’incuria nei confronti dell’ambiente. 

Proprio la situazione pandemica dell’ultimo anno dovrebbe averci insegnato quali sono i rischi di non prendersi cura del nostro Pianeta e di ignorare i messaggi, dalle bufere fuori stagione alle ondate di caldo killer, che ci manda. Mai come in questo periodo storico è stato chiaro come l’ecosistema globale sia interconnesso in un grande equilibrio, e un suo tracollo avrebbe conseguenze imprevedibili e devastanti per tutte gli esseri viventi che lo abitano. Non possiamo più permetterci di vedere la crisi climatica come qualcosa che non ci riguarda, un concetto astratto e lontano nel tempo, quindi da ignorare lasciandolo come terribile eredità alla generazioni future. 

La pandemia ci sta insegnando anche che le grandi emergenze del futuro richiedono uno sforzo davvero globale per affrontarle, e questo deve valere anche con l’emergenza climatica, di cui il rallentamento della Corrente del Golfo è solo uno degli effetti.

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