Perché i monopattini elettrici inquinano e non fanno bene all’ambiente
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Negli ultimi due anni c’è stato, in gran parte del mondo, un vero e proprio boom dei monopattini elettrici a noleggio. Sia in Europa che negli Stati Uniti, infatti, le città hanno iniziato a popolarsi di questi nuovi mezzi di trasporto, pubblicizzati dalle compagnie di sharing come un’alternativa green ed economica all’automobile o allo scooter per brevi spostamenti urbani. Una micromobilità che ha quasi da subito suscitato perplessità sul piano della sicurezza, in un ambiente, come quello urbano, spesso congestionato dal traffico.

I monopattini elettrici sono attualmente disponibili in oltre 100 città del mondo, e sono utilizzabili da tutti i maggiorenni a un costo irrisorio – previa registrazione sul sito delle società proprietarie. A Parigi ci sono più di 15mila monopattini e a Colonia, in Germania, dovrebbero arrivare a 40mila entro la fine dell’anno. Diverso il discorso in Italia, dove lo sharing, dopo un breve periodo di sperimentazione, è stato bloccato in molte città: a Milano, i monopattini elettrici a noleggio sono stati tolti lo scorso agosto a causa dell’assenza di regolamentazione. Uno stop temporaneo, dal momento che dovrebbero tornare disponibili a dicembre, ma in numero ridotto, non più di 2mila. Lo stop allo sharing è arrivato anche a Roma e a Torino, sempre per lo stesso motivo. Negli Stati Uniti, invece, l’improvvisa popolarità dei monopattini sta via via soppiantando il più classico bike sharing: nel 2018, su un totale di 84 milioni di spostamenti in micromobilità, 38 milioni e mezzo sono stati effettuati proprio su monopattini.

Come detto, finora le preoccupazioni più grandi hanno riguardato la sicurezza, sia per i pedoni, dal momento che molto spesso i monopattini viaggiano sui marciapiedi, sia per gli utilizzatori: uno studio svolto dal Dipartimento di salute pubblica di Austin, in Texas, ha esaminato 192 incidenti correlati all’utilizzo di monopattini elettrici, riscontrando, nella metà dei casi, ferite anche gravi, soprattutto fratture ossee e traumi alla testa. Dal gennaio del 2018, inoltre, almeno 11 decessi sono stati correlati all’utilizzo di questo mezzo di trasporto in città come Parigi, Bruxelles, Stoccolma e Londra.

Ora però un nuovo studio mette in dubbio anche la loro sostenibilità ambientale. Sicuramente i monopattini non sono inquinanti in senso stretto, dal momento che il loro funzionamento non produce alcun gas di scarico, ma non sono nemmeno del tutto eco-friendly. La loro impronta ambientale dipende da vari fattori, come tutti i prodotti: i materiali utilizzati per la fabbricazione, la vita media, il modo in cui vengono usati e smaltiti. Secondo i ricercatori della North Carolina State University, autori dello studio, la micromobilità non è così sostenibile come potrebbe sembrare a prima vista.

Il team di studiosi ha infatti analizzato tutto il “ciclo di vita” di un monopattino elettrico, valutando le emissioni di gas serra ad esso correlate in tutte le fasi: la fabbricazione, il trasporto, la carica della batteria, lo smaltimento e il riciclo di un monopattino. L’idea è venuta dopo averli utilizzati: sulla ricevuta che Lime, una delle maggiori società di sharing, rilascia a chi ne fa uso, compare infatti la scritta “La tua corsa è stata a zero emissioni”. E di fatto è così: “La singola corsa che qualcuno fa con un monopattino è davvero green”, ha detto Juan Matute, il direttore dello UCLA Institute of Transportation Studies. “Quello che non è altrettanto green è tutto quello che non si vede.”

Le conclusioni dello studio, infatti, stabiliscono che un monopattino elettrico, durante il suo intero ciclo di vita, produce più emissioni di gas serra (calcolate per miglio e per passeggero) di un autobus affollato, di un ciclomotore elettrico, di una bicicletta elettrica e, ovviamente, di una normale bicicletta o di una camminata.

Le emissioni di diossido di carbonio prodotte da un monopattino elettrico sono intorno ai 200 grammi per miglio, circa la metà di quelle prodotte da un’automobile (415 grammi per miglio). Andrebbe benissimo se il monopattino fosse davvero usato in alternativa all’automobile. In realtà, però, un sondaggio svolto tra gli utilizzatori di monopattini a Raleigh, in North Carolina, ha messo in evidenza che solo il 34% degli intervistati usava il monopattino in alternativa all’auto privata o ad altri mezzi in mobilità condivisa, un dato confermato anche da un sondaggio svolto dalla stessa Lime e da un altro del Dipartimento dei trasporti di Portland. Quasi la metà degli intervistati, in mancanza dei monopattino, dichiara di usare la bicicletta o andare a piedi, l’11% di usare i mezzi pubblici e il 7% di rinunciare del tutto allo spostamento. Quindi, secondo Jeremiah Johnson, uno degli autori dello studio, “Se il monopattino sostituisce l’automobile va benissimo, ma se sostituisce una camminata o l’uso della bicicletta, allora il discorso è diverso”. Una considerazione fatta anche da Dana Yanocha, ricercatrice dell’Itdp (Institute for Transportation and Development Policy) di New York, che ha detto al New York Times che “Se le persone sostituiscono l’automobile con un monopattino, dal punto di vista delle emissioni è ovviamente una scelta migliore. Ma se a usare il monopattino sono persone che utilizzavano abitualmente la bicicletta o andavano a piedi, allora è più complicato: le batterie dei monopattini vanno ricaricate, e il più delle volte per questo si utilizza energia proveniente da fonti non rinnovabili”.

Le emissioni derivanti dalla carica della batteria in realtà non sono molte, circa il 5% del totale. La metà delle emissioni totali invece deriva dal processo di fabbricazione e dai materiali utilizzati: i ricercatori hanno acquistato e smontato un monopattino Xiaomi M365 e hanno misurato il peso di ciascun componente, calcolando poi la quantità di gas serra emessa durante la sua fabbricazione e l’inquinamento dell’aria e dell’acqua che ne deriva. Il risultato dello studio indica un impatto significativo, soprattutto per quanto legato all’alluminio utilizzato per la carrozzeria e la produzione di batterie agli ioni di litio.

Il vero problema, però, è la durata dei mezzi. Teoricamente un monopattino dovrebbe durare intorno ai due anni, ma in realtà non è così. Un’analisi svolta dalla società di sharing Bird a Louisville, in Kentucky, ha mostrato che la durata reale di un monopattino è di poco più di 28 giorni, principalmente a causa degli atti vandalici a cui sono esposti o di un errato utilizzo. In città come Oakland, Los Angeles e Portland molti monopattini sono stati lanciati in laghi e fiumi, causando quindi danni non solo alle società di sharing ma anche all’ambiente: nell’area protetta del lago Merritt, a Oakland, sono stati ripescati 60 monopattini in un solo mese.

Un’altra notevole causa di emissioni, che incide per circa il 43%, è dovuta alla flotta addizionale di veicoli utilizzati ogni notte per portare i monopattini sparsi per la città al centro di ricarica, e viceversa: un trasporto a volte inutile, dal momento che vengono ricaricati tutti i mezzi, anche se non ne hanno bisogno.

Nonostante tutto questo, la micromobilità non è un’idea da buttare, secondo i ricercatori. I modi per farla funzionare e renderla davvero sostenibile ci sono: prima di tutto vanno utilizzati veicoli elettrici – o comunque a basso impatto ambientale – per la raccolta dei monopattini, riducendo il più possibile la distanza tra il punto di ricarica e quello di raccolta in città, oltre che ottimizzare la raccolta ricaricando solo i veicoli effettivamente scarichi. Un provvedimento che già Lime afferma di adottare in molte città: in seguito ai dubbi sull’impatto ambientale dei monopattini, infatti, la compagnia ha deciso di mettere in atto politiche più green, attraverso l’utilizzo e il finanziamento di energie alternative per la ricarica dei suoi mezzi. Ma la cosa più importante sarebbe estendere la durata dei monopattini: se tutti i veicoli durassero effettivamente due anni, e non un mese, le emissioni verrebbero tagliate del 30%. In quel caso, i monopattini sarebbero davvero il mezzo di trasporto a motore più sostenibile per l’ambiente. Bird, ad esempio, sta lavorando per migliorare la longevità dei propri monopattini, ma questo aspetto non dipende solo dalle case produttrici o dalle compagnie che si occupano dello sharing: dipende anche e soprattutto dalla civiltà di chi vive in città e utilizza i mezzi.

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