A luglio più di 200 scienziati hanno indirizzato una lettera aperta alle più alte cariche istituzionali italiane, chiedendo di agire in modo “urgente”, sull’esempio di “molti Paesi europei” per “affrontare e risolvere il problema dei cambiamenti climatici che stanno avvenendo su scale di tempo estremamente brevi”. Promotore dell’appello è il fisico della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa Roberto Buizza, che per gli studi sul clima lavora in coordinamento con la Scuola Normale Superiore di Pisa e con l’Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia. Negli stessi giorni le spiagge della riviera romagnola e delle Marche venivano stravolte da trombe d’aria che hanno sradicato pini e distrutto gli stabilimenti balneari.Uno scenario “apocalittico” anche per i villeggianti rinchiusi negli alberghi. In Abruzzo enormi chicchi di grandine cadevano come “mattonelle di ghiaccio”. In Toscana quest’anno le precipitazioni sono state meno violente, ma tutti ricordano ancora i danni per milioni di euro e i morti causati dal nubifragio dell’autunno 2017. L’estate funestata da eventi climatici estremi non è un’esclusiva italiana: a luglio un tornado lungo la costa della Grecia ha ucciso sei turisti, mentre un altro ha colpito la Corsica.
Anche se questi fenomeni provocano ancora lo stupore collettivo, i climatologi invitano da tempo ad “abituarsi a eventi estremi”. Nei grafici dei meteo non fa più la sua comparsa l’anticiclone delle Azzorre, che d’estate proteggeva il Mediterraneo dai temporali fino a dopo Ferragosto. Diversi esperti spiegano che il fenomeno climatico “non è più stabile, a causa dell’aumento dell’effetto serra”. Una proiezione dei ricercatori del centro sul clima Crowther Lab di Zurigo ha previsto che nel 2050 Londra sarà calda come Barcellona, che diventerà invece arida come Adelaide, in Australia. Di fronte a queste prospettive e ai cambiamenti sempre più evidenti del ciclo stagionale, Londra, Parigi, Milano e altre città del mondo, oltre ad alcuni Stati come il Vaticano, hanno dichiarato l’emergenza climatica.
Eppure anche negli ambienti accademici italiani c’è chi ritiene ancora “l’anidride carbonica di per sé un agente non inquinante” e un gas “indispensabile per la vita del nostro pianeta”, e sostiene che le responsabilità dell’uomo nel riscaldamento del Pianeta siano una “congettura non dimostrata”. Per alcuni, come il fisico e climatologo Franco Prodi (fratello di Romano) e il professore emerito di fisica Antonino Zichichi, gli allarmi lanciati anche dal panel di scienziati dell’Onu sono catastrofismo irrealistico, tanto che a giugno hanno firmato una Petizione sul riscaldamento globale antropico.
Per l’appello ribattezzato “anti-gretini”, che conta una novantina tra promotori e firmatari, gli eventi estremi di questa estate rientrano nel range di “variabilità climatica naturale”. Le prove dei cambiamenti climatici mostrate da Buizza e gli altri scienziati sarebbero frutto di “complessi programmi al computer”. Nello specifico, la crescita globale delle temperature sarebbe semplicemente una delle “oscillazioni climatiche di circa 60 anni”, provocate nei millenni da variazioni astronomiche come l’attività solare e l’inclinazione dell’asse terrestre, o da eventi geologici. Il gruppo sostiene anche che dal 2000 al 2019 il Pianeta abbia attraversato una “sostanziale stabilità climatica”. Non ci sarebbe motivo di allarmarsi quindi per l’immagine dei cani da slitta in corsa tra le acque dei ghiacci sciolti della Groenlandia che, il 19 giugno scorso, ha fatto il giro del mondo – mentre i negazionisti compilavano la petizione. Il clima secco che si sta spostando dal Sud fino all’Artide non rappresenterebbe un fatto straordinario o un pericolo, né per gli esseri umani né per l’intero ecosistema della Terra. Eppure, nell’agosto 2018, nella Scandinavia di Greta Thunberg, fu uno choc assistere agli incendi che hanno mandato in fumo ettari di foresta. Gli anziani e i vecchi di quei Paesi non conservano memoria dei 34 gradi registrati Circolo polare artico nel luglio dell’anno scorso, o del caldo record che ha causato più di 80 incendi nella sola Svezia, richiedendo l’intervento di vigili del fuoco di rinforzo da tutta Europa.
Le foreste del nord Europa sono a rischio anche questa estate. La World meteorological organization (Wmo) dell’Onu ha già lanciato l’allarme sul centinaio di “intensi incendi” nell’Artico di questa estate: un evento “senza precedenti” che aggrava l’effetto serra con circa 50 milioni di tonnellate di anidride carbonica (le emissioni annuali di Co2 della Svezia) rilasciate dalle fiamme. La tundra della Lapponia e le brughiere inglesi che bruciano e la Germania afflitta dalle siccità che danneggia i raccolti non sono circostanze rassicuranti nemmeno per chi, nel centro e sud Europa, inizia a fare i conti con un clima torrido che in diverse zone da temperato diventa subtropicale, e da subtropicale tropicale.
È ormai fuori discussione che il tasso di riscaldamento del Pianeta sia aumentato (tra 1 e un 1,5 gradi) dal 1800 con un’accelerazione sempre maggiore, e di questo passo si stima che possa superare la soglia limite di +1,5 gradi entro il 2030. Anche la Nasa, incrociando i dati delle sue rilevazioni empiriche sulle temperature dell’atmosfera e della Terra ha confermato il trend globale dell’aumento progressivo delle temperature estive nel corso degli ultimi 150 anni. Il periodo, che coincide con la fase di maggiore industrializzazione mondiale, e l’intensità del fenomeno rendono difficile escludere la responsabilità umana.
I cambiamenti radicali del clima, soprattutto dal secondo dopoguerra in poi, rendono plausibili i danni a catena prospettati a livello ambientale, economico e per la salute, che i negazionisti si ostinano a ignorare. A causa del riscaldamento globale, il 50% delle specie animali e vegetali è a rischio in Europa (tra il 90% e il 60% in Africa), con gravi ripercussioni anche sui sistemi agricoli e commerciali. Se in Italia è sotto minaccia , per esempio, la produzione di olio e frumento, in Germania e Francia, dove a giugno le temperature hanno superato rispettivamente i 44 e i 39 gradi, si teme per grano, patate e altri ortaggi. Inoltre l’aumento del volume dei mari, oltre a minacciare le coste, accresce la loro capacità di assorbire e rilasciare calore nell’atmosfera, innescando un circolo vizioso che fa crescere le temperature globali e la frequenza dei fenomeni climatici estremi. Non avremo più le estati di un tempo, ma contenendo l’effetto serra ai livelli attuali potremmo almeno salvare la vita a metà delle specie animali e vegetali che abitano la Terra. Anche l’umanità ne trarrebbe beneficio, evitando l’aumento delle allergie o dell’asma dovute a umidità e inquinamento e la comparsa di malattie delle zone tropicali.
L’esortazione a far presto dell’Onu e dei 200 scienziati firmatari della lettera non è catastrofismo, ma l’unico modo per sistemare una situazione già compromessa. Il traguardo ideale delle città e degli Stati che hanno dichiarato l’emergenza climatica sono le “zero emissioni di gas serra entro il 2050”. La priorità del gruppo di Buizza è diffondere la consapevolezza sulle responsabilità umane, emerse dalle misurazioni e dalle ricerche di una pluralità di fonti e di migliaia di scienziati.
Nessuno trae beneficio da questa mutazione del clima sempre più rapida, che in Asia fa salire le temperature sopra i 50 gradi e che ha riportato l’acqua nei canyon dell’Arabia saudita e della Giordania. Le scoperte geologiche e fisiche hanno documentato che al Polo Nord le temperature salivano sopra i 30 gradi milioni di anni fa, quando la razza umana non aveva ancora fatto la sua comparsa sulla Terra. A settembre la nave Stella polare del team internazionale dell’istituto tedesco Alfred Wegener raggiungerà l’Artico per il progetto scientifico Mosaic sui cambiamenti climatici. Si tratta infatti della più grande spedizione internazionale mai lanciata al Polo Nord con oltre 300 ricercatori e 17 Stati coinvolti, che studieranno le condizioni dei ghiacci, l’atmosfera sopra la calotta artica, la composizione chimica delle acque e i comportamenti delle specie marine e terrestri. L’Artide, infatti, anticipa e subisce in modo più estremo i cambiamenti climatici che si manifestano poi nel resto del Pianeta.
Entro l’estate del 2020 sapremo cosa aspetta tutto il mondo nell’arco dei prossimi 30 anni. Anche i più ottimisti sono ormai certi nel dire che se anche riuscissimo a interrompere per tempo la spirale dell’emergenza climatica, subiremmo comunque per anni le temperature tropicali di questa estate. Se la ricerca è fondamentale per individuare in tempi rapidi le contromisure più efficaci per arginare la situazione, abbiamo bisogno di una classe politica internazionale che inizi a prenderla in considerazione e metta in atto un sforzo di tutta l’umanità per garantire la sua presenza sulla Terra anche fra 200 anni.