La crisi climatica contribuisce alle disuguaglianze sociali. E a pagare sono soprattutto i bambini. - THE VISION

Forse non siamo abituati a considerarla in questi termini, ma la crisi climatica rappresenta anche un fattore che contribuisce a inasprire le diseguaglianze socio-economiche, da cui è a sua volta aggravata – e non solo in luoghi lontani e remoti, ma anche in Italia. I bambini e le bambine ne sono le principali vittime, ancor di più se appartengono a comunità marginalizzate: l’esposizione al rischio di povertà e alle conseguenze delle problematiche ambientali di oggi erode infatti le basi stesse del loro futuro. Nei Paesi più colpiti dagli shock ambientali e climatici i bambini sono le prime vittime. La vulnerabilità infantile – in molti casi già presente e dovuta alla carenza di servizi come acqua potabile, igiene, assistenza sanitaria e istruzione – si inasprisce ulteriormente in caso di eventi atmosferici estremi e violenti, come le recenti alluvioni che hanno colpito il Pakistan, dove tre milioni e mezzo di bambini sono oggi in pericolo. A sottolinearlo è l’UNICEF, attraverso le rilevazioni del Children’s Climate Risk Index (CCRI), un indice che calcola l’esposizione dei minorenni agli effetti della crisi climatica e da cui emerge che, a livello globale, sono un miliardo i bambini a essere esposti a un rischio estremamente elevato.

Considerato che ben due minorenni su tre nel mondo non godono di alcuna protezione sociale, gli effetti sul piano economico e sociale, esacerbati dalla crisi climatica, appaiono devastanti. Sembra che la crisi climatica stia invertendo i risultati positivi innescati dal progresso socio-economico che decenni di storia tra il XX e il XXI secolo hanno portato, al netto di contraddizioni, in diverse parti del mondo: il miglioramento delle condizioni di vita delle giovani generazioni rispetto alle precedenti non è più qualcosa di assodato. Il legame tra povertà e crisi climatica è diretto: si pensi, per esempio, che i Paesi più ricchi e industrializzati sono in genere responsabili di livelli di inquinamento nettamente superiori rispetto ai Paesi più poveri, anche se questi ultimi sono più popolosi. Ciò provoca, inoltre, uno scostamento tra dove le emissioni di gas serra vengono generate e dove i bambini stanno subendo gli impatti più significativi dovuti al clima. I 33 Paesi “a rischio estremamente elevato” emettono collettivamente solo il 9% delle emissioni globali di CO2, mentre i 10 Paesi con le emissioni più alte producono insieme quasi il 70% di quelle mondiali. Solo uno di questi è classificato come “a rischio estremamente elevato” nell’indice dell’UNICEF. Gli effetti – diretti e indiretti – dei danni ambientali colpiscono infatti in modo sproporzionato le regioni del mondo già svantaggiate, tanto che secondo la Banca Mondiale la crisi climatica potrebbe spingere verso la povertà fino a 132 milioni di persone

La stessa disparità, in scala, si ripropone anche all’interno dei Paesi più industrializzati, compresa l’Italia. Qui la povertà – in aumento durante la pandemia e che ora, con la crisi dei prezzi, non migliora – non si misura in termini esclusivamente economici, ma va misurata nella sua forma multidimensionale, ulteriormente alimentata da meccanismi di marginalizzazione come lo stigma sociale, che colpisce diversi segmenti della popolazione come minoranze etniche e immigrati, ma spesso anche anziani, giovani scarsamente istruiti, madri single e disoccupati. E, ovviamente, su tutti, i bambini e gli adolescenti che appartengono ai gruppi più svantaggiati. La crisi climatica stessa aumenta il rischio di entrare in povertà: si pensi, per esempio, che gli eventi atmosferici estremi hanno effetti sulla produttività e sulla redditività di tutti i settori economici con conseguenze sul benessere economico delle famiglie e sul tasso di disoccupazione; o, ancora, che siccità prolungate, disastri ambientali e guerre per il controllo delle risorse intensificano la consistenza delle migrazioni climatiche. Anche in questo caso i bambini e le bambine stanno pagando il prezzo più alto.

Rispetto ai Paesi dove le conseguenze del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici sono più evidenti, in Italia queste possono apparire ancora poco evidenti, con rischio che passi inosservato il legame tra il benessere dell’infanzia e l’ambiente. A questo proposito, un punto critico è la condizione abitativa. Circa il 6% dei bambini sotto i sei anni, infatti, vive in uno stato di disagio abitativo grave, condizione che può comprendere spazi insufficienti, insalubri, con infrastrutture carenti. Il 20% delle famiglie appartenenti alla fascia di reddito più bassa vive in condizioni di sovraffollamento, dato che stride con quelli dei consumi medi nazionali, facendo emergere gravi disparità all’interno dello stesso territorio. Da un lato, infatti, emerge che il 10% delle famiglie con bambini ha difficoltà a riscaldare la propria abitazione, dall’altro che, se i consumi complessivi medi italiani – in termini di alimentazione, trasporti, energia, edilizia, agricoltura e allevamento – fossero estesi a tutti gli abitanti del mondo, richiederebbero le risorse corrispondenti a 2,8 Pianeti Terra per essere soddisfatti. Un dato che evidenzia drammaticamente il nostro iperconsumo (e i nostri sprechi), e che tocca in maniera diversa le varie fasce della popolazione. Infatti, la recente Report Card dell’UNICEF Luoghi e spazi. Ambiente e benessere dei bambini evidenzia che sono i minorenni a pagare le conseguenze di quei consumi eccessivi, pur essendone i meno responsabili.

Ma la questione abitativa è anche più complessa, comprendendo per esempio l’aumento dei prezzi delle case nelle regioni climaticamente più sicure e stabili (per chi se lo può permettere, ovviamente). Ci sono poi le bollette: il progressivo aumento del costo dell’energia rappresenta un altro problema per le famiglie che vivono in Italia e rischia di colpire in maniera sproporzionata le fasce più deboli. L’aumento, infatti, ha pesato di più sul portafoglio di coloro che erano già più svantaggiati; per capire quanti sono, si pensi che nel 2020 più del 6% delle famiglie in Italia era in condizioni di povertà energetica, in ritardo sul pagamento delle bollette, con picchi di quasi il 18% in Sicilia. È fondamentale quindi che le politiche ambientali ed energetiche tengano in considerazione anche la situazione specifica dei bambini, degli adolescenti e delle famiglie a rischio di povertà.

La salute e il benessere fisico innanzitutto, ma anche mentale, dei bambini in tutto il mondo sono poi colpiti da temperature, shock ambientali e inquinamento con particolare gravità per ragioni fisiologiche e sociali, peggiorando ulteriormente la condizione proprio di coloro che hanno meno strumenti per affrontare la crisi climatica e farvi fronte. I bambini e gli adolescenti sono tra coloro che più rischiano di vedere i propri diritti trascurati nelle condizioni di emergenza determinate da eventi meteorologici estremi, come pure durante le crisi di ogni tipo. 

Il diritto dei bambini a ricevere un’istruzione è forse tra quelli più a rischio  durante le  crisi climatiche e con le conseguenze più gravi, dato che essere esclusi dall’istruzione ha ripercussioni su tutti gli altri diritti e sulla la loro qualità della vita – esponendoli, per esempio, a sfruttamento e lavoro minorile – e le loro opportunità presenti e future. Il tutto peggiora in caso le famiglie siano costrette ad abbandonare le proprie case e le proprie terre sulla spinta della crisi ambientale: si tratta di vere e proprie migrazioni climatiche, motivate da problemi di siccità prolungata, insicurezza alimentare e conflitti per il controllo di risorse naturali sempre più scarse, oppure da ripetuti eventi climatici estremi. Un problema, questo, sempre più tangibile: solo nel 2020, quasi 10 milioni di minorenni sono stati sfollati in seguito a shock meteorologici. Con circa un miliardo di bambini – quasi la metà dei 2,2 miliardi di quelli nel mondo – che vivono in 33 Paesi ad alto rischio di impatto dei cambiamenti climatici, altri milioni di bambini potrebbero spostarsi nei prossimi anni. Per questo è necessario che le politiche migratorie considerino la specifica vulnerabilità di bambini e adolescenti, anche in relazioni ai movimenti di persone causate dai cambiamenti climatici.

Alla luce dei dati, appare chiaro come la mitigazione dei suoi effetti e l’adattamento al cambiamento climatico siano indispensabili non solo per garantire la sopravvivenza  stessa della nostra specie, ma anche per proteggere e migliorare gli standard di vita dei bambini e degli adolescenti e garantire loro di godere dei propri diritti. È necessario dunque integrare le azioni per frenare la crisi climatica con misure di giustizia sociale per difendere i cittadini più vulnerabili; e, soprattutto, pianificando seri sistemi di protezione sociale che garantiscano ai minorenni l’accesso a tutti i servizi essenziali, assistenza sanitaria in primis.

La strada è ancora lunga: quasi il 60% degli impegni assunti dai Paesi firmatari dell’Accordo di Parigi non include riferimenti a bambini e adolescenti. Invece, affrontare la crisi climatica con iniziative serie di mitigazione e adattamento deve essere l’occasione per affrontare anche il problema delle diseguaglianze. Iniziare a farlo partendo dai bambini è il modo più efficace per gettare solide basi per una società sana, giusta e sostenibile, perché sono loro – letteralmente – il nostro presente e futuro e, al tempo stesso, sono loro a pagare di più per le conseguenze di una crisi climatica a cui non hanno direttamente contribuito. È dovere degli Stati mettere l’interesse dei più piccoli al primo posto di ogni decisione, anche nel contesto della crisi climatica.


Questo articolo è realizzato da THE VISION in collaborazione con UNICEF per la campagna “Cambiamo aria”, per aumentare la consapevolezza sugli impatti dei cambiamenti climatici su bambini e adolescenti. La crisi climatica è infatti una grave minaccia per le nuove generazioni, che negli scenari attuali sono altamente fragili e vulnerabili, e vedono compromessi la propria salute, nutrizione, istruzione, sviluppo, sopravvivenza e opportunità future. Serve un progetto ambizioso e concreto per contrastare la crisi climatica o i diritti di bambini e adolescenti continueranno a essere in pericolo. La crisi climatica è la crisi dei diritti dei bambini.

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