Negli ultimi anni, anche nel nostro Paese, si è affermato il termine “curvy”, contribuendo ad abbattere, almeno a livello linguistico, una serie di stereotipi e pregiudizi legati all’immagine femminile. Se oggi iniziamo a vedere sulle passerelle o nei cataloghi online donne che incarnano bellezze libere da certi canoni estetici è grazie alle rivoluzioni e alle conquiste ottenute nel corso degli ultimi vent’anni. Ma anche gli uomini, a differenza di quanto si potrebbe pensare, risentono degli standard estetici dominanti. Nonostante i dati di cui disponiamo oggi siano riferiti principalmente al mondo femminile, infatti, questo è un fenomeno che riguarda tutti, indistintamente.
Il percorso per arrivare all’accettazione di forme rotonde e curvilinee nell’immaginario comune è stato lungo e difficile: dall’ormai lontano 2007, quando Oliviero Toscani firmava la controversa campagna pubblicitaria “No anoressia” per Nolita alla petizione online, risalente al 2014, di tre ragazze inglesi contro il noto marchio di intimo Victoria’s Secret, accusato di promuovere un tipo di bellezza idealizzato e dannoso per salute. Una serie di battaglie di civiltà che vanno avanti per abbattere pregiudizi ancora ben radicati. In un mondo contraddistinto da fenomeni diffusi di mascolinità tossica, competizione forzata e cyberbullismo, anche per gli uomini l’accettazione di un corpo non stereotipato rappresenta un problema profondo e difficile da affrontare. Anche per l’uomo, infatti, esiste un modello estetico ben preciso a cui aspirare, che si può facilmente trovare sui social, sulle copertine delle riviste o entrando in qualsiasi palestra. Chi è fuori da questi standard spesso finisce per sentirsi insicuro, tendendo a volte a isolarsi o in alcuni gravi casi a sviluppare – così come succede alle donne – disturbi depressivi e dell’alimentazione.
I dati relativi al body shaming maschile sono quasi del tutto inesistenti. In parte perché gli uomini si vergognano o tendono meno a parlare di problematiche legate all’aspetto fisico rispetto alle donne, e in parte perché, fino a oggi, quello dell’immagine del corpo sembra sia stato considerato, a torto, un problema prettamente femminile. Negli ultimi anni qualcosa sembra che stia cambiando e anche gli uomini, grazie alle discussioni sollevate dal femminismo, stanno acquisendo maggiore consapevolezza riguardo a queste problematiche, che anche se in misura diversa subiscono a loro volta.
“The Body Project”, per esempio, è un progetto lungimirante e innovativo promosso dalla Bradley University, a Peoria, Illinois, che ha come obiettivo quello di dimostrare come la percezione del corpo sia un problema universale, che interessa sia gli uomini che le donne, di qualsiasi età o nazionalità. Attraverso una serie di ricerche, lo studio intende fornire dati, strumenti e corsi per aiutare le persone ad accettare l’unicità e il valore del proprio corpo. I dati raccolti dal sito sono allarmanti ed impietosi: il 95% degli uomini in età universitaria è insoddisfatto del proprio corpo a un certo livello, mentre, secondo un altro studio del 2014 oltre il 90% degli uomini lotta in qualche modo con l’insoddisfazione corporea, con le opinioni negative di sé o con emozioni e pensieri negativi verso il proprio corpo. La ricerca mostra inoltre che i disturbi dell’immagine corporea possono essere più gravi nei maschi in età adolescenziale o nei giovani adulti (post-college) rispetto agli uomini di altre categorie di età.
La novità sorprendente di questo studio risiede nella volontà di mettere sullo stesso piano i problemi e i rischi legati all’immagine negativa del corpo maschile e femminile, evidenziando come gli uomini sembrano essere insicuri tanto quanto le donne. Anche se esistono piccole differenze fra i due: gli uomini, ad esempio, sembrano più inclini a disturbi alimentari “atipici” e all’abuso di sostanze rispetto alle donne; inoltre alcuni ricercatori affermano che gli uomini sono in genere più soddisfatti del loro aspetto fisico e meno propensi delle donne a mostrare comportamenti di cambiamento del corpo; allo stesso tempo, però, altri studiosi insistono sul fatto che gli uomini continuano a lottare con l’immagine del corpo, sostenendo che questi ultimi si preoccupano “di essere troppo magri o troppo in sovrappeso per soddisfare l’ideale maschile”. Problemi aggravati anche dal body shaming che anche gli uomini subiscono. Cambiano solo il tipo di offese e le parti del corpo interessate, ma l’obiettivo resta sempre lo stesso: screditare e mettere in ridicolo l’altra persona facendo leva sulle caratteristiche fisiche che si offrono immediatamente allo sguardo e in cui il malcapitato solitamente si identifica. Basta qualche chilo di troppo, un’altezza sotto la media o altri difetti e particolarità anatomiche considerate “anti-estetiche” a scatenare una valanga di offese, battute e giudizi non richiesti.
Anche se all’apparenza gli uomini sembrano soffrire meno rispetto alle donne per questi comportamenti non ne sono certo immuni e il motivo sembra essere proprio la cultura machista che li spinge a non mostrare le proprie emozioni. Questa cultura dell’omertà induce al silenzio per apparire forti, incrollabili e incuranti del giudizio altrui, ma in realtà porta a situazioni di frustrazione e repressione. Un altro limite che frena gli uomini dall’affrontare la questione è poi l’accusa di mancanza di virilità che viene mossa nel momento in cui si parla del proprio aspetto fisico e delle insicurezze legate a esso. Si sviluppa così un meccanismo di difesa, innaturale e nocivo, per evitare di essere giudicati. Da sempre, infatti, la manifestazione di sentimenti da parte degli uomini viene accostata all’omosessualità, dimostrando, anche in questo caso, una visione stereotipata e ignorante del mondo LGBTQ+. Ancora oggi, infatti, nonostante i grandi passi avanti, permangono forti pregiudizi e un’ignoranza ostinata verso questa comunità, a cui vengono attribuiti comportamenti stereotipati e ridicoli, solo per prenderne le distanze.
Se le donne da anni hanno avviato battaglie e dato vita a movimenti per l’accettazione del proprio corpo e contro i fenomeni di bullismo e body shaming online, finalmente, però, anche tra gli uomini si sta sviluppando una coscienza sul tema. Negli ultimi anni, ad esempio, in Italia si sono affermati personaggi come Guy Overboard e Alessandro Carella e in America troviamo The Fat Jewish, Troy Solomon e Zach Miko, che stanno radicalmente cambiando la percezione comune del corpo maschile e portando avanti una battaglia contro il male body shaming. Dietro l’account Instagram da oltre 10 milioni di follower The Fat Jewish c’è Josh Ostrovsky, influencer e imprenditore digitale statunitense, che durante la New York Fashion Week del 2015 ha presentato per la prima volta “The Dad Fashion Show”, una collezione di moda dedicata agli uomini oversize.
Zach Miko, poi, con quasi 90mila follower su Instagram, è ormai un punto di riferimento per l’universo curvy maschile. È stato infatti il primo modello plus size ad aver firmato un contratto con una grande agenzia, entrando a parte della divisione della Brawn di Img Models, dedicata esclusivamente ai modelli plus-size, nel 2015. Da allora ha posato per grandi brand come Target, acquisendo una fama e un seguito sempre crescenti. La sua storia rappresenta un esempio importante di riscatto e di realizzazione personale in un mondo che ancora fatica ad accettare standard di bellezza fuori dai canoni tradizionali. Un cambio di rotta che è partito da Zach e che ha finito per travolgere il mondo della moda e del costume odierno. Ne è una dimostrazione l’aumento di ricavi del 15% della Brawn nel 2018. Un nuovo modello estetico, più realistico, che inizia a essere abbracciato sia dai marchi low-cost, come Uniqlo, che da quelli di lusso, come Tommy Hilfiger o Calvin Klein. Basti pensare che nel 2019 la richiesta di modelli curvy è salita del 62% rispetto all’anno precedente. Una vera e propria rivoluzione che rispecchia un cambio di gusti e di richieste da parte dei consumatori, ai quali i grandi brand non possono più essere sordi.
Il profilo Instagram dell’influencer Troy Solomon è invece un vero e proprio inno all’amore verso se stessi. E proprio grazie alla sua caparbietà è riuscito a sfilare in una campagna di abbigliamento femminile di TORRID per taglie forti. Anche l’Italia ha il suo orgoglioso influencer curvy o “fat-shionista” come preferisce definirsi su Instagram: si chiama Riccardo Onorato, ha 32 anni e vive a Roma. Nel maggio del 2012 ha fondato il blog, oggi seguitissimo, Guy Overboard, dove dispensa consigli sullo streetwear, lifestyle e beauty per uomini plus-size, facendosi ambasciatore della body positivity maschile e dell’accettazione di se stessi, a prescindere dalla taglia e dalle dimensioni “perché il mondo è fatto da corpi diversi e tutti sono degni e validi”. Alessandro Carella è un altro blogger e imprenditore italiano che porta in alto la bandiera della positività dei corpi plus size. Fondatore di “Uomini di peso”, un blog che dal 2014 si occupa delle tematiche e della moda legata al mondo curvy maschile. Lo scopo non è quello di celebrare l’obesità che, al pari di malattie come l’anoressia, rappresenta un disturbo che colpisce milioni di persone nel nostro Paese (secondo i dati forniti dall’Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation in collaborazione con Istat nel 2019 sono 25 milioni gli italiani in sovrappeso o obesi), ma di portare alla luce l’esistenza di tantissimi uomini che, pur non rispecchiando i canoni della fisicità proposta dalla fashion industry e dai social, si sentono sicuri di sé e sereni nel loro corpo.
Guy Overboard, Zach Miko e gli altri sono però la dimostrazione concreta che la consapevolezza maschile rispetto a queste problematiche sta finalmente iniziando a cambiare e che anche gli standard di bellezza piano piano stanno venendo smantellati, iniziando ad abbracciare una varietà sempre più ampia di corporature e caratteristiche fisiche diverse, in grado di rispecchiare realmente la complessità e l’eterogeneità dei corpi.
Per far si che questa tendenza non venga soffocata è necessario portare avanti in contemporanea due istanze: contrastare sistematicamente fenomeni negativi come il body shaming, il cyberbullismo e la mascolinità tossica, e insegnare a vedere le persone e il mondo in modo diverso, con più tolleranza per se stessi e per gli altri. Gli uomini soffrono come le donne a causa di stereotipi estetici irraggiungibili, a differenza di quanto si creda. Ed è giusto che se ne parli. Le campagne di sensibilizzazione intraprese dagli influencer plus size e dai grandi marchi però non bastano: c’è bisogno di una presa di coscienza collettiva e popolare, che coinvolga tutti e in primis le istituzioni. Solo in questo modo riusciremo a costruire una società intrinsecamente inclusiva e rispettosa. Un proposito che, finora, è stato portato avanti solo a parole o attraverso slogan. È arrivato il momento di passare ai fatti.