Come il movimento trans ha conquistato i suoi diritti in Italia 

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Come è successo negli Stati Uniti durante i moti di Stonewall, che non sarebbero cominciati se le donne trans Sylvia Riviera e Marsha P. Johnson non avessero lanciato il primo mattone alla polizia, anche nel nostro Paese l’apporto delle persone trans nella storia del movimento di liberazione omosessuale è fondamentale. Nel 1979 si costituisce infatti il MIT, Movimento identità transessuale, che oggi si chiama Movimento italiano transessuale.

Come racconta Porpora Marcasciano nei suoi due libri Antologaia e L’aurora delle trans cattive, entrambi editi da Alegre, i Settanta sono gli anni della “favolosità”, ma anche della clandestinità: le trans vengono arrestate per atti osceni in luogo pubblico o in forza dell’articolo 1 della legge – ormai abrogata – 1423, sulle misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità. Si riuniscono in comunità proprie a Napoli, Bologna, Roma, Treviso, ma le loro case continuano a subire retate della polizia in cerca di prove della loro prostituzione. Arrestate, le trans vengono messe in celle di isolamento o spedite in istituti psichiatrici.

Il Mit si costituisce nel 1979 e tiene le proprie riunioni nello stabile del Partito radicale, in via di Torre Argentina a Roma. Gli incontri sono difficili e spesso segnati dallo scontro con le autorità locali, anche se le trans trovano degli interlocutori tra i radicali, i comunisti e anche tra figure come quelle di Don Andrea Gallo. La legge arriva finalmente il 14 aprile 1982, e permette alle donne e agli uomini trans di vivere nella legalità, ma non è abbastanza. La legge 164 prevede la riassegnazione chirurgica del sesso, che non tutte le persone trans vogliono intraprendere. Per questo motivo ancora oggi molte persone criticano questa legge o ne auspicano una riscrittura.

Oggi sono cambiate tante cose rispetto a quasi quarant’anni fa: la prostituzione non rappresenta più l’unica forma di sostentamento, e nel 2015 e nel 2018 ci sono state due importanti sentenze della Cassazione che hanno stabilito che è possibile procedere alla rettificazione anagrafica del sesso e del nome a prescindere dal trattamento chirurgico, anche se resta necessaria una sentenza del Tribunale. Alcune università e luoghi di lavoro hanno creato il sistema delle carriere alias per permettere a chi sta facendo la transizione ma non ha ancora i documenti con il sesso scelto di avere dei documenti provvisori. A giugno del 2018 inoltre l’OMS ha tolto la transessualità dalla lista delle malattie mentali, contribuendo a liberare dallo stigma le vite di migliaia di persone nel nostro Paese e nel mondo.

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