Come la Chiesa irlandese legittimò decenni di abusi e morti di migliaia di ragazze madri e bambini - THE VISION

Nel marzo 2017 le autorità irlandesi hanno ritrovato i resti di 800 bambini in una fossa biologica vicino alla cittadina di Tuam, nella contea di Galway. In quel momento io ero a Dublino, dalla parte opposta dell’isola. Mi ricordo di aver aperto subito Wikipedia perché pur studiando lì non avevo mai sentito parlare delle “Magdalene Laundries” (Lavanderie della Maddalena) o delle “Mother and Baby Homes” (Case della madre e del bambino). La storia di queste realtà è controversa all’interno della Repubblica d’Irlanda e quasi sconosciuta all’estero: come tutti i fatti storici recenti è ancora impantanata tra inchieste governative che a malapena ne scalfiscono la superficie e una discussione costante all’interno della società irlandese, tra chi riesce a confrontarsi con una pagina oscura e dolorosa del passato della propria nazione e chi no.

Le prime Magdalene Laundries e Mother and Baby Homes aprirono già nel Diciottesimo secolo, con l’idea di accogliere giovani donne rimaste incinte al di fuori del matrimonio, che quindi spesso non avevano un posto dove andare per portare a termine la gravidanza e partorire. Lavanderie e case erano spesso associate e funzionavano in coppia: le madri vivevano all’interno della casa con i loro bambini e coprivano vitto e alloggio lavorando nel lavatoio. La gestione degli istituti era affidata alla Chiesa Cattolica, in particolare a suore di vari ordini, ma non era certo la carità cristiana ad animarli: le testimonianze di chi viveva e lavorava in questi luoghi ne sono una prova lampante.

Jane Goulding, figura esterna che lavorava in una Home come ostetrica, ha raccolto nel libro The Light in the Window tutto ciò a cui ha assistito: dalle ragazze chiamate “first-time offenders”, come se fossero colpevoli di un reato, ai trattamenti che dovevano subire da parte delle suore che preferivano punirle per il loro “peccato” che non curarne la salute. In The Light in the Window si legge che qualsiasi complicazione postpartum, dallo strappo perineale all’ascesso al seno, non veniva curata e che gli indumenti intimi dati alle ragazze da indossare dopo il parto erano di un materiale ruvido, simile al denim, che quindi contribuiva alle infiammazioni e al dolore. Nel suo libro The War on Women, poi, la giornalista Sue Lloyd-Roberts riporta anche che non era una rarità che alle ragazze venissero tagliati i capelli e venisse loro imposto un nome diverso: tutte strategie per deumanizzarle e continuare a far loro “espiare il loro peccato”. Non era raro, infine, che questa espiazione le portasse alla morte, come riporta il gruppo Justice for Magdalenes, in una combinazione letale di lavoro durissimo e cure inesistenti. Questi luoghi erano quindi una sorta di campi di lavoro. Queste donne, ripudiate dalla società e dalle loro stesse famiglie venivano considerate come invisibili, la loro vita, così come la loro morte, non valeva più niente, i loro funerali venivano celebrati in fretta e le loro spoglie sepolte in segreto, in fosse comuni o tombe senza nessuna distinzione.

La maggior parte dei racconti in prima persona arrivano dal Novecento: il Ventesimo secolo è stato un periodo di ricoveri coatti in tutta Europa, con una varietà di orfanotrofi, manicomi e ospedali che raccoglievano al loro interno persone della cui esistenza la società preferiva non preoccuparsi. L’Irlanda, con le Magdalene Laundries e Mother and Baby Homes, non ha fatto eccezione. Entrambe le strutture restavano una delle poche opzioni possibili per le future madri non sposate, che ci entravano volontariamente o erano costrette dalla famiglia per evitare che la voce del loro “peccato” ne intaccasse la reputazione. Ma non era neanche più necessario essere incinte: bastava scostarsi dall’immagine della brava ragazza cattolica, essere più disinibita di quanto ritenuto socialmente accettabile, avere l’aria di chi sarebbe facilmente “caduta in tentazione”. E proprio perché erano considerate peccatrici irreversibili, alla stregua di criminali, le ragazze venivano duramente punite, per iniziare già in vita a espirare il loro peccato. All’interno delle Laundries e delle Homes non avevano più nessun diritto.

Il sentimento che animava questi luoghi era la vergogna e la colpevolezza che per la Chiesa circonda da tempi immemori tutto ciò che ha a che fare con la femminilità, il corpo delle donne, la sessualità; e che detta la divisione in due ruoli ben precisi e diametralmente opposti: quello della Madonna e quello della Maddalena. La prima mite, ubbidiente, rispettosa, vergine; l’altra indipendente, ribelle, libera, peccatrice. La distinzione tra le due non ammette alcuna scala di grigi: e cadere dallo status di Madonna a quello di Maddalena è molto facile e per alcune culture tuttora irrimediabile.

È fondamentale, però, capire che c’è un altro elemento all’opera in questa vicenda: il fatto che l’Irlanda fosse da poco diventata una Repubblica indipendente dopo secoli di colonizzazione britannica. Quello che era uscito dalla Easter Rising del 1916 era uno stato nuovo che avrebbe dovuto costruire da zero tutte le sue strutture sociali, welfare compreso. È stato quindi facile per la neonata Repubblica d’Irlanda scaricare certi compiti alla Chiesa Cattolica e chiudere un occhio su quello che succedeva in istituti come le Laundries e le Homes. Senza contare che, come riporta un articolo del New York Times del 2011, era un’abitudine dei tribunali irlandesi condannare giovani donne accusate di furto o altri crimini minori alle Laundries come forma di detenzione parallela. La vita della cantante Sinead O’Connor ne è la prova: quando aveva quattordici anni ha passato diciotto mesi all’interno di una Magdalene Laundry, un’esperienza della quale ha parlato spesso e con ferocia.

Le condizioni per i bambini nati all’interno delle Homes non erano migliori di quelle delle madri. La mortalità infantile era alta, come dimostra la fossa comune ritrovata a Tuam nel 2017, a causa di malnutrizione, negligenza e malattie che andavano dal morbillo alla polmonite. Il documentario Prime Time: Anatomy of a Scandal, girato nel 2014 da RTÉ, l’emittente pubblica della Repubblica d’Irlanda, ha inoltre rivelato che i bambini delle Homes fungevano da cavie per le sperimentazioni di nuovi farmaci e vaccini: dal momento che erano tutti “illegittimi” appartenevano a una categoria inferiore e contavano di meno, come se anche loro per estensione dovessero scontare la cattiva condotta imputata alle loro madri. Non c’era quindi bisogno delle precauzioni che si sarebbero prese con dei figli nati all’interno di un matrimonio: i bambini ricevevano questi farmaci sperimentali senza che le madri ne fossero informate o avessero espresso il loro consenso. Una volta compiuti tre anni, poi, madri e figli venivano separati e questi ultimi molto spesso dati in adozione sia nel resto dell’Irlanda che all’estero, senza nessun modo di sapere chi fosse la loro genitrice biologica o come poterla ritrovare.

Una sopravvissuta alle Mother and Baby Homes durante una veglia di commemorazione nei pressi della fossa comune trovata a Tuam, Irlanda

Qualche giorno dopo la scoperta di Tuam, la mia amica Laura mi ha fatto toccare quella realtà con mano. “Quando sono nata mia madre non era sposata. Con un po’ di fortuna in meno sarei potuta essere anch’io una bambina delle Homes”, mi ha detto. E a ragione: Laura è nata nel 1996, esattamente l’anno in cui l’ultimo istituto ha chiuso i battenti. “È facile pensare a questa storia come a qualcosa di remoto e lontano, ed è per questo che bisogna sforzarsi di ricordare che invece è successo praticamente ieri”.

Anche se con l’avvicinarsi del nuovo millennio l’Irlanda si è scossa di dosso la presa ferrea della Chiesa Cattolica, le Laundries e le Homes hanno continuato a esistere fino alla fine degli anni Novanta. Una di quelle realtà di cui tutti sanno e di cui nessuno parla ad alta voce finché non succede qualcosa di eclatante. Nel caso delle Magdalene Laundries e delle Mother and Baby Homes ciò è avvenuto nel 1993, quando un’impresa edile ha scoperto 155 cadaveri di donne sepolti sotto alla proprietà che aveva appena acquistato da un ordine religioso. È stata la scintilla che ha riportato la luce su una storia che altrimenti avrebbe forse corso il rischio di sparire: sono emersi sempre più racconti di sopravvissute, sono stati realizzati film e documentari – tra cui The Magdalene Sisters, diretto da Peter Mullan nel 2002, e Philomena, diretto da Stephen Frears nel 2013 – e si è avviata la lunga e difficile macchina delle inchieste governative.

Un processo che si è rivelato e continua a rivelarsi lungo e difficile. A ogni scusa pubblica, come quella rilasciata nel 2013 dall’allora primo ministro Enda Kenny, che ha dichiarato gli istituti una “vergogna nazionale”, corrisponde una decisione come quella presa a ottobre del 2020 dall’attuale governo irlandese di sigillare gli archivi di dati e documenti relativi alle Laundries e le Homes e alle inchieste a loro correlate per i prossimi trent’anni. A ogni denuncia internazionale, come quella portata davanti alle Nazioni Unite dal gruppo Justice for Magdalenes nel 2011, corrisponde il fronte chiuso e indignato della reazione cattolica e il rifiuto da parte della Repubblica d’Irlanda di offrire qualsiasi tipo di riparazione.

L’ultimo atto di questa storia che è ben lontana dal concludersi è stata la relazione finale della Mother and Baby Home Committee Investigation, rilasciata a gennaio 2021. Ne ho parlato di nuovo con la mia amica Laura, per chiederle che aria si respirasse in Irlanda dopo la sua pubblicazione. “Le donne irlandesi erano già esasperate nel 2018, quando manifestavamo per il Repeal the Eight”, ossia il referendum per rigettare l’Ottavo emendamento della Costituzione irlandese e ottenere quindi un aborto legale e sicuro. “Adesso quell’esasperazione è cresciuta ancora di più. Ne abbiamo abbastanza di sentire qualcuno che ci dice cosa dobbiamo e non dobbiamo fare coi nostri corpi e di questo scaricabarile continuo che lo Stato e la Chiesa fanno l’uno sull’altra, come se non fosse un concorso di colpa, o sulle famiglie delle vittime, come se la società nella quale quelle famiglie sono state educate si fosse creata da sola”.

Ero ancora in Irlanda quando nella primavera del 2018 si organizzavano le manifestazioni per il Repeal the Eighth e si aspettava il risultato del referendum in estate, passato poi con una maggioranza schiacciante. Quel “Sì” ha reso giustizia a un numero immenso di donne. La stessa alla quale hanno diritto le sopravvissute delle Magdalene Laundries.

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