Nel 1995 un gruppo di giovani professori dell’Università di Warwick, in Gran Bretagna, si riunì per creare una nuova istituzione accademica, l’Unità di Ricerca sulla Cultura Cibernetica (Ccru). Il loro scopo era dare forma a un nuovo pensiero socio-politico per teorizzare il superamento del capitalismo con la sua accelerazione, per mezzo dei processi tecnologici. Questi studiosi sono stati poi definiti accelerazionisti, come il gruppo di rivoluzionari protagonisti del romanzo Signore della Luce di Roger Zelazny. Come spiega Andy Beckett sul Guardian, questi volevano portare la società a un livello superiore, trasformando improvvisamente la sua attitudine alla tecnologia. Un’introduzione teorica dell’accelerazionismo è stata recentemente tracciata da Tiziano Cancelli nel saggio How to accelerate, edito da Tlon.
Il Ccru e il dipartimento di Filosofia di Warwick erano interessati in modo particolare allo studio delle avanguardie francesi. In seguito ai risultati deludenti delle proteste del Sessantotto, infatti, molti gruppi marxisti francesi ritennero necessario un ripensamento della risposta al capitalismo. È in questo scenario che si colloca L’Anti Edipo, saggio scritto nel 1972 da Gilles Deleuze e Félix Guattari che suggeriva alla sinistra europea di riconoscere la doppia capacità del capitalismo di opprimere e liberare le persone e di “andare ancora oltre,nel movimento del mercato, per accelerare il processo”. In Mille piani, pubblicato nel 1980, i due filosofi si resero conto che con la nuova spinta capitalista proposta dal thatcherismo e dal reaganismo parlare di accelerazione diventava più rischioso, spingendo la società verso fenomeni autoritari.
Il Ccru era ossessionato dai ritmi di vita nel tardo capitalismo e i suoi membri provavano un forte disprezzo nei confronti delle tradizionali norme accademiche. L’idea originale dei fondatori Nick Land e Sadie Plant era quella di conciliare filosofia occulta, cibernetica, fantascienza e post-strutturalismo per descrivere l’accelerazione tecno-capitalistica. Insieme a Land e Plant, faceva parte del gruppo di ricerca anche Mark Fisher, autore del saggio Realismo Capitalista, ma anche studiosi di media, sociologia, membri di collettivi artistici e artisti di musica elettronica come Kode9, fondatore dell’etichetta Hyperdub.
Dopo due anni di conferenze e dibattiti, rave psichedelici e performance artistiche, l’esperimento del Ccru è fallito. Quasi quindici anni più tardi le loro idee sono tornate a circolare, prendendo due svolte politiche distinte e opposte: la prima, di destra, in gran parte basata sul pensiero di Land. L’altra, di sinistra e accademica, si concentrava su come la tecnologia può essere pensata per costruire un futuro dove il lavoro occuperà uno spazio marginale nelle nostre vite, attraverso l’introduzione di processi sempre più automatizzati. Fisher si fece promotore di questo accelerazionismo progressista, che aveva le sue radici in una profonda delusione verso il capitalismo e i suoi interminabili cicli di produzione, in modo simile a Deleuze e Guattari. Ritenendo poco efficaci i movimenti di Occupy Wall Street in risposta alla crisi finanziaria del 2008, Fisher – e con lui gli altri left-accelerationists – era convinto della necessità di una nuova politica radicale.
Nel 2013 l’accademico Nick Srnicek e il teorico politico Alex Williams hanno pubblicato Manifesto Accelerazionista. Sui blog di politica e filosofia statunitensi, britannici e perfino italiani aveva iniziato a diffondersi l’idea che i due autori avessero fondato una nuova filosofia politica di sinistra. L’accelerazionismo da loro proposto, approfondito due anni dopo nel volume Inventare il futuro, sosteneva un’economia basata sulla riduzione dell’orario di lavoro e l’utilizzo della tecnologia come mezzo per ridurre il conflitto sociale, fino ad arrivare a una completa automazione, sostituendo il profitto generato dal lavoro con un reddito di base universale. Dal pensiero dominato da giochi di parole e mutazioni linguistiche formatosi nel Ccru era nato un movimento intellettuale che proponeva un nuovo modo di pensare la contemporaneità e il suo potenziale. Il tema dell’automazione ha iniziato ad acquisire centralità in economia, politica e sociologia e la tecnologia a essere vista come un’effettiva occasione per superare il capitalismo, l’oppressione e le disuguaglianze da esso generate, fino ad arrivare a teorizzare un comunismo automatizzato di lusso. Il suo problema, però, era una sostanziale lontananza dalla realtà in cui applicarla.
I movimenti operai internazionali di fine Ottocento che ispirarono Marx e il “potere all’immaginazione” rivendicato dalle proteste sessantottine raccontate da Deleuze e Guattari non possono essere accostati all’accelerazionismo. In un mondo in cui gli studenti rimangono dipendenti dal loro debito universitario per tutta la vita e più della metà degli statunitensi non può permettersi un’assicurazione sanitaria di base, pensare ad un’accelerazione capitalista senza una riflessione politica adeguata può essere pericoloso. Le disuguaglianze generate dal capitalismo non saranno risolte da uno sguardo positivo a priori sul futuro e sulla tecnologia: il reddito di base universale e l’automazione non possono essere sufficienti senza un ripensamento dei programmi di welfare di base.
Questo rischio è dimostrato dal fatto che la variante accelerazionista ad aver avuto un impatto materiale e politico è quella radicata a destra e portata avanti da Land. Diversamente dalle iniziali teorie intersezionali e pluraliste abbozzate a Warwick, dove cyborg (simili a come li ha pensati Donna Haraway) e figure mutanti dominavano la visione del post-capitalismo, ad affermarsi politicamente è stata la legittimazione ideologica di un sistema iper-capitalista. Dopo essersi allontanato dal mondo accademico nel 1998, Nick Land è stato per anni una figura di riferimento per il suo studio di internet e della cultura cyborg, scrivendo e pubblicando opere sempre più controverse. Sui blog dell’alt-right lo conoscono tutti e tra i suoi sostenitori si distinguono Peter Thiel, l’imprenditore miliardario co-fondatore di PayPal, l’ex stratega di Trump Steve Bannon, e alcuni imprenditori della Silicon Valley secondo cui “non abbiamo più bisogno della politica, possiamo sbarazzarci di ‘sinistra’ e ‘destra’, se solo riusciamo a far funzionare la tecnologia”.
Celebrare l’accelerazione e la tecnologia ha i suoi rischi: un libro del 2013 di Land, The Dark Enlightenment, è considerato uno dei principali manifesti politici dell’alt-right mondiale. Nelle sue pagine Land promuove la monarchia capitalista come governo ideale, descrivendola come un’enorme azienda governativa controllata da un Ceo autoritario. Soffermandosi su questi passaggi, è facile notare le somiglianze con le idee di alcuni economisti neoclassici come Bryan Caplan, che si augura dei governi tecnocratici presieduti da esperti di economia che aboliscano il suffragio universale come soluzione all’ignoranza insita alla democrazia.
Il progetto di Land, basato su un capitalismo ancora più puro, è una miscela di elitarismo cognitivo, darwinismo sociale razzista ed economia autocratica. Per questo motivo l’accelerazionismo è spesso citato nei blog online e nelle chat del suprematismo bianco e sembra giocare un ruolo importante nell’ideologia di diversi responsabili dei mass-shootings degli ultimi anni. Brenton Tarrant, che lo scorso marzo ha ucciso 50 persone di religione musulmana mentre pregavano nella città neozelandese di Christchurch ha citato idee accelerazioniste nel suo manifesto.
L’alt-right e il suprematismo bianco sfruttano la velocità di internet per diffondere odio, attraverso la parodia di idee proposte dai teorici del Ccru all’inizio degli anni Novanta: attaccare le minoranze razziali e gli ebrei per accelerare guerre che faranno crollare i governi stessi per raggiungere l’obiettivo finale di un futuro dominato dai bianchi. Ogni forma di tensione sociale è utile a raggiungere lo scopo e ad accelerare il processo di collasso del sistema, soprattutto uccidere. Tarrant ha dichiarato che “l’obiettivo è che il governo degli Stati Uniti inizi a confiscare armi. Le persone difenderanno il loro diritto a possedere un’arma da fuoco – la guerra civile è appena iniziata”.
Come descrive Beckett sul Guardian, l’accelerazionismo è la contropolitica per eccellenza: va contro non solo al neoliberalismo e alla socialdemocrazia, ma anche al socialismo tradizionale, all’ambientalismo, al protezionismo, al populismo e a qualsiasi altra ideologia che abbia cercato di moderare – o invertire – l’inesorabile ritmo di cambiamento del mondo moderno.
Land vive da anni in Cina e guarda con ammirazione al caso della regione dello Xinjiang – dove il governo cinese mette in atto un’enorme operazione di sorveglianza tecnologica e repressione nei confronti della minoranza musulmana uigura – che rappresenta secondo lui un esempio di accelerazione e di autoritarismo tecnocratico. D’altronde, spunti simili su un utilizzo negativo della tecnologia erano già presenti in uno delle previsioni del Ccru, dove veniva programmata e sviluppata un’intelligenza artificiale “maligna” al fine di annientare la rete cibernetica di dominio.
Il tecno-utopismo immaginato da ogni variante di accelerazionismo mostra una fiducia troppo acritica nei confronti delle nuove tecnologie. Se il futuro ha bisogno di essere inventato, come sostengono Srnicek e Williams, le trasformazioni – e le automazioni – già in atto non stanno però portando a una nuova era di condivisione sociale. La fede nella digitalizzazione rischia di mostrare l’automazione solo in termini di capacità di sostituire il lavoro, in un modo tanto ingenuo quanto pericoloso per la tenuta stessa delle istituzioni democratiche di tutto il mondo.