Dopo l’assegnazione del Premio Wolf nel febbraio scorso, il 6 ottobre Giorgio Parisi si è aggiudicato il Nobel per la Fisica 2021 insieme al giapponese Syukuro Manabe e al tedesco Klaus Hasselmann. Il fisico italiano è stato premiato per le sue ricerche sui sistemi complessi, più nello specifico “per la scoperta dell’interazione tra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici da scala atomica a scala planetaria”. Manabe e Hasselmann hanno ottenuto il riconoscimento per le loro ricerche su modelli climatici e il riscaldamento globale. Tutti e tre condividono l’interesse su fenomeni caotici e apparentemente casuali, strettamente legati ai cambiamenti climatici in corso.
“Mettere ordine nel caos è sempre stata la passione della mia vita, e l’oggetto delle mie ricerche”, ha dichiarato il fisico italiano in un’intervista. Grazie alle sue scoperte è stato possibile studiare sistemi complessi che prima non si potevano analizzare, fra cui anche quello rappresentato dal clima, ma anche le reti neurali alla base del funzionamento del cervello, i mercati finanziari, la dinamica dell’RNA, gli ingorghi del traffico e il volo coordinato degli stormi.
Come ha spiegato a Mashable Italia Federico Ricci-Tersenghi, professore ordinario di Fisica teorica presso l’Università La Sapienza di Roma, che dal 1995 ha lavorato nell’equipe guidata da Parisi, “La sua teoria ha messo ordine ai sistemi disordinati, che esistono e sono tanti in natura, laddove ci sono tante variabili in gioco che interagiscono in modo frustrato, cioè non si ordinano insieme ma lo fanno in maniera incomprensibile. Come le molecole che formano il vetro di una finestra, ad esempio, che al microscopio sembrano tutte disordinate e invece seguono un ordine tutto loro”.
Il Nobel a Parisi è però anche un premio all’attitudine del ricercatore. “Il suo insegnamento è stato di fare ricerca su ciò che non conosciamo, perché lui non ha mai ricercato la pubblicazione nel breve periodo e su riviste di prestigio, in controtendenza a come oggi si sta delineando la ricerca in tutto il mondo […],” ha sottolineato Ricci-Tersenghi, “Il messaggio che arriva con il suo Nobel mira all’opposto, a seguire la curiosità e un metodo che dà benefici sul lungo periodo” ha commentato Ricci-Tersenghi nell’intervista”.
Nato a Roma nel 1948, Giorgio Parisi è oggi vicepresidente dell’Accademia dei Lincei. Dal 1981 al 1991 è stato professore ordinario di Fisica teorica presso l’Università di Tor Vergata, mentre dal 1992 fino al 2018 ha insegnato Teorie quantistiche, Fisica statistica e Probabilità all’Università La Sapienza di Roma, dove si è laureato nel 1970. È stato anche ricercatore prima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e poi dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Per brevi periodi ha lavorato anche all’estero in prestigiose università e istituti di ricerca come la Columbia University di New York, l’Institut des Hautes Études Scientifiques e l’École Normale Supérieure di Parigi. È il sesto italiano a ricevere il Nobel nel campo della fisica dopo Guglielmo Marconi, nel 1908, Enrico Fermi nel 1938, Emilio Segre nel 1959, Carlo Rubbia nel 1984 e Riccardo Giacconi nel 2002.
Parisi, però, non è solo un professore e ricercatore universitario, ma anche una persona attiva politicamente e interessata alle dinamiche e ai problemi della società. Fin dal 1968, infatti, ha militato attivamente nella sinistra, a cui oggi non risparmia critiche su divisioni e ipocrisie. Dal 1983 al 2012 ha invece collaborato regolarmente con Il Manifesto e ha fatto parte dell’assemblea nazionale di Sinistra Ecologia Libertà quando Nichi Vendola era segretario.
In un discorso pronunciato venerdì 8 ottobre alla Camera dei Deputati rivolgendosi ai parlamentari riuniti in una seduta preparatoria alla Cop26, ha criticato duramente i governi che si stanno mostrando inadeguati alla crisi climatica e l’utilizzo del Pil come unico criterio valido di misurazione della salute dell’economia. Ha invitato a cambiare il metodo di calcolo ribadendo l’idea di Serge Latouche della “decrescita felice”, più efficace nella lotta ai cambiamenti climatici. “Il Pil sta alla base delle decisioni politiche, e la missione dei governi sembra essere di aumentarlo il più possibile, obiettivo che è in profondo contrasto con l’arresto del cambiamento climatico. Il Pil non è una buona misura perché cattura la quantità ma non la qualità della crescita”, ha spiegato ai deputati. “Chi pianifica il nostro futuro deve usare un indice che consideri altri aspetti dell’esistenza, come l’indice di sviluppo umano e l’indice di benessere economico sostenibile”.
Parisi ha lanciato poi un nuovo appello all’istruzione e alla ricerca pubblica, chiedendo di fornire ai bambini un’educazione scientifica a partire dalla scuola materna, così da formare adulti più responsabili e consapevoli del mondo in cui vivono e delle sfide che li attendono. Un altro tema caro allo studioso è il finanziamento alla ricerca italiana, che a oggi risulta ancora insufficiente. Finanziare la ricerca significa investire sul futuro del Paese e quindi sui giovani, che sono troppo spesso costretti a trasferirsi all’estero per seguire i propri sogni e realizzare i propri obiettivi. Non a caso, Parisi è stato uno dei principali promotori della campagna “Salviamo la ricerca italiana”, con lo scopo di aumentare i fondi a disposizione della ricerca scientifica. Il nostro Paese, infatti, è ultimo in Europa per investimenti nella ricerca e nell’istruzione: solo l’1,4% del Pil italiano raggiunge questi ambiti, contro il 2,2% e il 3,1% di Francia e Germania.
Parisi è anche un difensore instancabile della laicità del nostro Stato, di fronte alle continue ingerenze della Chiesa negli affari interni italiani. Il professore nel 2007 fu infatti tra i 67 firmatari dell’appello che invitava l’allora rettore della Sapienza di Roma, Renato Guarini, a ritirare l’invito inviato a papa Benedetto XVI per parlare in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno accademico. “Non posso far a meno di notare che quando lo Stato abdica al suo ruolo di garante della laicità si crea un vuoto, […] in cui molti cittadini non si sentono rappresentati”, scrisse pochi mesi dopo in un intervento sul blog dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti.
In un suo contributo, inserito nella riedizione del 2011 della raccolta di saggi L’ape e l’architetto, Parisi, attraverso una serie di ragionamenti lucidi e puntuali che prendono in prestito alcuni concetti dalla critica marxista, spiega come la scienza non sia un sapere superiore, neutro e distaccato dagli altri, ma piuttosto un’attività sociale come tante altre, figlia di un determinato contesto politico e socio-culturale. La sfiducia diffusa delle masse nella scienza oggi “è dovuta anche al fatto che la scienza insiste a presentarsi come superiore al gioco delle parti […], quando in realtà non lo è affatto”, scrive Parisi in un passaggio del testo. “Proprio il rifiuto caparbio di non accettare la propria non-neutralità indebolisce il prestigio degli scienziati che sbandierano un’obiettività che non è autentica, davanti a un’opinione pubblica che in qualche modo ne avverte la parzialità di vedute e i limiti”, conclude.
Parisi incarna l’idea che il pensiero scientifico e la cultura umanistica non siano affatto due saperi antitetici, ma possano – anzi, debbano – convivere in armonia. Non si tratta di un concetto nuovo: già nel Rinascimento la figura di Leonardo da Vinci e tanti altri umanisti suoi contemporanei ha incarnato alla perfezione la figura di uomo di scienza e di lettere. Nella visione del mondo di Leonardo, conoscenza ed esperienza si completano a vicenda, superando quel dualismo netto fra discipline scientifiche e umanistiche, ripreso e teorizzato più di quattro secoli dopo dal chimico e letterato Charles Percy Snow nel suo pamphlet intitolato Le due culture (1959). Secondo lo studioso, nella società occidentale del suo tempo la figura dello scienziato si era distaccata sempre di più, nel corso del tempo, da quella del letterato. Una distanza che ai nostri giorni, purtroppo, non è ancora stata colmata e che continua a crescere. È importante allora riscoprire il valore culturale della scienza e l’insegnamento di personaggi illustri come Galileo Galilei, che, oltre a esser stato un grandissimo scienziato, fu anche uno dei più brillanti letterati e scrittori del Seicento.
Mai come oggi abbiamo bisogno che ricerca scientifica e pensiero umanistico uniscano le loro forze, per affrontare le sfide della contemporaneità e per fornire un codice di senso all’esperienza della condizione umana, che altrimenti resterebbe vuota e insignificante.