Se guardiamo la classifica dei singoli più ascoltati in Italia di vent’anni fa, nel 2002, tra le prime dieci canzoni ce n’è una sola italiana. Se andiamo avanti di dieci anni, nel 2012, e guardiamo sempre le prime dieci posizioni, di artisti italiani non ce n’è neanche uno. Bisogna scendere fino alla numero undici per trovare un nome nostrano, quello di Arisa e della canzone con cui vinse Sanremo quell’anno, “La notte”. La classifica dei singoli di giugno 2022 ci mostra invece un panorama decisamente diverso: il primo nome anglofono spunta al nono posto, con Harry Styles. Tra i primi venti brani più ascoltati appare invece tre volte il nome di Elodie.
Ci sono diverse ragioni per cui negli ultimi vent’anni i nostri consumi musicali sono cambiati così tanto. La consacrazione definitiva del rap nelle classifiche pop, il ritorno del cantautorato in chiave indie – anche se il termine più esatto secondo alcuni sarebbe itpop – e quindi la riscoperta della lingua italiana, non più confinata solo al classico “bel canto”, ma declinata in nuove versioni. È come se in questo momento l’Italia si trovasse in una fase di autarchia musicale, fenomeno dovuto anche all’approdo nel mondo del pop di artisti con un piglio decisamente più internazionale, una parola che viene spesso usata a caso per enfatizzare sentimenti di generica esterofilia, ma che in questo caso ha invece un senso preciso. Elodie – così come Mahmood, per citare un altro artista con caratteristiche simili – è forse la quintessenza di questa nuova fase, in termini sia di estetica che di contenuti, che sta attraversando il mercato musicale italiano.
In Italia non sono mai mancate le grandi pop star, né i periodi in cui ciò che offriva il mercato bastava e avanzava per soddisfare i gusti dei consumatori. Abbiamo avuto Raffaella Carrà, un vero e proprio mito dello spettacolo a tutto tondo, icona di un genere che ha abbondantemente scavallato i confini nazionali; abbiamo avuto Franco Battiato, personaggio che ha rivoluzionato il mondo della musica leggera, superando anche lui con grande successo i limiti del mercato italiano. Qualsiasi fenomeno culturale, dal cinema alla letteratura, è il frutto delle condizioni storiche ed economiche che lo determinano: anche la musica, dunque, subisce variazioni, fasi e cicli che dipendono da ciò che il mondo attorno sta vivendo. L’ascesa di Elodie – e lo stravolgimento delle classifiche pop di questi anni recenti – è la conseguenza di tante coincidenze che hanno fatto sì che un personaggio come lei potesse ricoprire un ruolo che in passato è appartenuto ad altre grandi artiste, ma che oggi, come avviene per qualsiasi cosa, necessita di alcune caratteristiche nuove, in certi casi inedite.
Elodie, infatti, non è semplicemente una brava e bella interprete. Se la sua presenza nell’ambiente musicale fosse confinata a queste due caratteristiche non avrebbe avuto l’exploit graduale ma intenso che ha ottenuto nell’arco di sei anni. Se negli anni Ottanta a plasmare l’immagine delle star femminili era la televisione del varietà, e dunque la televisione di personaggi come Heather Parisi e Lorella Cuccarini – eredi di Raffaella Carrà, che continuava a essere molto attiva e presente – oggi il mondo è molto diverso da allora. Ciò che determina il successo e la rilevanza di una “regina del pop” non è più la sua adattabilità al palco televisivo, solcato da molteplici coreografie e poche parole, ma altri elementi di presa sul pubblico: lo storytelling, l’uso dei nuovi mezzi di comunicazione, l’affermarsi di modelli estetici che si distanziano dai grandi classici del Novecento. Elodie, per molti aspetti, è un interessante mix di queste caratteristiche, combinate tra loro in un modo che finora era inedito nel panorama italiano.
Elodie Di Patrizi comincia la sua carriera con un’esperienza che riflette precisamente lo spirito del tempo in cui vive. Dopo un provino bucato a X-Factor, viene presa al talent più seguito della nostra tv, luogo di formazione che continua a dettare legge nel mercato musicale italiano ogni anno con nuovi artisti: Amici di Maria De Filippi. La storia di Amici in vent’anni e passa di messa in onda è molto interessante perché non solo è lunga e articolata, ma è anche divisa in tante fasi diverse; nel caso di Elodie, per esempio, il suo ingresso nella scuola ha coinciso con un’era di rivoluzione estetica del programma, successivo agli anni che potremmo definire “classici” e che corrispondono alle vittorie di cantanti come Emma Marrone o Alessandra Amoroso. Elodie, infatti, rappresenta da subito una personalità fuori posto, un’outsider, diciamo, una figura che senza dubbio spicca. In un contesto del genere, essere capaci di emergere – non solo da un punto di vista musicale ma soprattutto da un punto di vista narrativo, di crescita personale e artistica – è un grande punto a favore che si sposa perfettamente con la componente di racconto diffuso e quotidiano in cui siamo immersi oggi. Quando infatti dico che Elodie è un ottimo esempio di storytelling, per usare un’espressione abbastanza usurata ma puntuale, il riferimento che faccio è proprio a questo aspetto della sua vita: ha una storia e sa raccontarla.
Finita la parentesi di Amici, la carriera di Elodie è, come sempre succede con chi esce da un talent, rimasta appesa a un filo molto sottile. L’artista si è trovata infatti in un punto intermedio tra il successo e il fallimento, con addosso una grande attenzione ma contemporaneamente troppa poca esperienza per essere preparata a eventuali passi falsi. Nel 2017, un anno dopo la fine del programma, Elodie partecipa al suo primo Sanremo, ma se da un lato ha già un carattere forte e prorompente, che accompagna il suo modo di cantare sul palco difficile del Festival, manca ancora qualcosa dal punto di vista formale. L’immagine di Elodie deve sbocciare, manca il tassello finale del racconto, quello che riguarda l’impatto visivo, punto fondamentale per la nascita e la crescita di una pop star che vive di esibizioni e di spettacolo. È come se in quel Sanremo la cantante romana fosse ancora in una fase adolescenziale della sua carriera, non ancora abbastanza sicura di sé per osare anche con un altro aspetto centrale della sua essenza, il corpo.
Elodie è infatti una donna che definire “bella” è riduttivo, e non lo dico per essere ruffiana o per esagerare con le lusinghe, ma per un semplice fatto, ossia che il suo aspetto – il viso, il fisico – sono anch’essi parte di un racconto: la sua bellezza è un segno della sua biografia. Figlia di un artista di strada romano e di una ex modella e cubista francese creola, nata in una borgata, cresciuta in un contesto di vita che non rinnega mai, ma che rielabora e mostra al suo pubblico con orgoglio ma anche rabbia, Elodie è la personificazione del futuro. Mettendo da parte la retorica stantia del personaggio che viene dal basso e che si fregia della rivalsa sociale, l’aspetto più interessante della sua crescita professionale è un altro. Sono diversi oggi gli artisti pop che provengono da famiglie miste o da genitori extracomunitari e che portano sul palco una commistione di culture che – checchè ne dicano certi politici, con la fissa inconsistente e ottusa della purezza italica – sono un modo semplice ed efficace di aggiornare il nostro panorama culturale. Tutta la musica che ascoltiamo, dai Beatles a Lucio Dalla, è il frutto di un incontro, di un mix di generi e di spunti, di cose che c’erano già prima e si intrecciano con altre. Se questo movimento imprescindibile per l’evoluzione di qualsiasi cosa oggi avviene anche attraverso l’immagine di una donna che, non solo musicalmente ma anche esteticamente, porta con sé la commistione di più realtà, tutto ciò è non solo una conseguenza tangibile del tempo in cui viviamo, ma anche una proiezione di come sarà il mondo domani.
Da questo punto di vista, la figura che Elodie ha costruito negli anni, affidandosi a nomi importanti come Versace e diventando una vera e propria musa, è il frutto di un’ottima sinergia tra un punto di partenza, la sua storia e il suo aspetto fisico, che si aggancia anche a una parte centrale della musica pop, ossia la moda. Così come musicalmente si è fatta “vestire” da autori che, come ha raccontato lei stessa, negli anni le hanno affidato brani sempre più vicini al suo carattere: Elisa, Dardust, Zef e tanti ancora. Tra tutti, ovviamente, spicca il legame con Mahmood, figura affine alla cantante romana sotto tanti punti di vista, che li rende per certi versi complementari. È infatti Mahmood che ha firmato la sua canzone di Sanremo 2020, “Andromeda”, una hit che ha sancito il passaggio di Elodie da una forma estetica che oggi trova probabilmente la sua fase più completa e consacrata al ruolo di pop star.
È chiaro che Elodie sia, come artista e come personaggio, la conseguenza diretta di ciò che il pubblico chiede oggi ai suoi idoli. Protagonista di una fase di cambiamenti sorprendenti per il mercato musicale pop italiano che sicuramente ricorderemo negli anni, ricopre un ruolo preciso, che si è disegnata in diversi anni e al quale è approdata a un’età matura, lontana dai rischi del successo istantaneo per le giovani microstar che spesso si bruciano molto in fretta per colpa di un sistema fagocitante. Nel tracciare il suo profilo da artista, non bisogna però scordare un ultimo elemento fondamentale che aggiunge al ritratto già di per sé completo un tratto di personalità che unisce un po’ tutti gli altri. Elodie non si fa nessun problema a dire come la pensa: se c’è da affrontare una dialettica diretta con Matteo Salvini, lo fa senza paura, ribadendo il proprio impegno per i diritti di tutti e di tutte, anche replicando a una “card social”, che il leader leghista ha recentemente creato riprendendo una dichiarazione rilasciata dalla cantante durante la conferenza del Pride. Uno di quegli strumenti mediatici, di fasulla ironia, che servono ad aizzare quotidianamente gli elettori di Salvini contro i suoi oppositori. Se qualcuno critica il modo in cui usa il suo corpo, cercando di utilizzare la cara vecchia arma della vergogna, Elodie non si trattiene dal rispondere argomentando le sue scelte consapevoli e senzienti da donna. Se c’è da fare la madrina del Pride di Roma scende in piazza a cantare sul carro con tutti i manifestanti. Elodie, in sostanza, è un racconto completo, è un’immagine tridimensionale, una voce, un carattere, un mix di tutto ciò che serve per essere un modello nell’enorme vastità del pubblico mainstream a cui si rivolge. In altre parole, una vera e propria pop star, nel senso più aperto e positivo del termine.