L’arte di Egon Schiele può essere definita in una sola parola con provocatoria. I suoi dipinti chiedono allo spettatore di mettere in discussione le proprie convinzioni e sovrastrutture, di liberarsi di preconcetti e di essere osservate con profondità, andando oltre la superficie del loro aspetto. Famoso per il tratto nervoso, la matita energica e briosa, Schiele lo è ancora di più per i soggetti delle sue opere: le donne. Proprio questo soggetto privilegiato ha spesso portato la sua arte a essere fraintesa, condannata da molti come misogina e pornografica e da altrettanti esaltata per una visione progressista dell’universo femminile.
Come sempre, per riuscire a mettere a punto uno studio quanto più possibile obiettivo è necessario analizzare il contesto in cui Schiele ha vissuto, ovvero la Vienna a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, un periodo caratterizzato da un lato da una crisi dell’identità maschile e dall’altro da una nuova consapevolezza della sessualità femminile. Fattori particolarmente influenti sulla psicologia degli artisti, che spesso si sentivano ai margini di una cultura che aveva ancora al centro della sua scala valoriale le caratteristiche tipiche degli imprenditori e militari di successo.
L’inizio del Ventesimo secolo è infatti segnato da massicci e capillari mutamenti sociali ed economici e da un nuovo orizzonte intellettivo che mettono in discussione i ruoli tradizionali riconosciuti ai due sessi. Se da un lato la crescente parità tra uomo e donna suscita dissensi anche molto accesi, dall’altro l’emancipazione sessuale può essere considerata a tutti gli effetti un obiettivo comune che uomini e donne ricercano spinti dalla volontà di superare la morale vittoriana che in maniera più o meno marcata ha caratterizzato tutte le principali nazioni europee. La professione di libertà sessuale portata avanti da entrambi i sessi crea dunque fermento negli ambienti artistici austriaci dell’inizio del Ventesimo secolo, influenzando le opere dei massimi artisti del Paese. Schiele dà così vita a una ritrattistica nuova, moderna e intrisa anche della nascente scienza psicanalitica che proprio nello studio viennese di Sigmund Freud ha uno dei suoi centri propulsori.
Ma chi sono le donne ritratte da Schiele? Di certo la prima a essere ritratta fu la sorella Gertrude. Unico figlio maschio di un uomo morto quando Egon aveva solo 15 anni, Schiele vive in una casa di sole donne, intrecciando una relazione particolarmente stretta con la sorella minore, Gertrude che diviene la modella dei suoi primi nudi, fatto che causa un certo scandalo all’epoca. Eppure uno dei punti affascinanti di questi suoi nudi, così come dei successivi in cui ritrae le sue amanti o prostitute incontrate per strada e convinte a posare per lui, è il loro essere empatici e veritieri, senza mai indugiare nella volgarità o pornografia. Questa sensibilità è evidente in Gerti Schiele in a Plaid Dress del 1909, una litografia in cui Schiele disegna la sorella coperta solo da un plaid che lascia però intravedere i seni.
Dopo Gertrude, forse la donna più importante nell’opera di Schiele diventa Wally Neuzil, sua amante e compagna nonché ex musa del suo maestro Klimt. Fonte inesauribile di ispirazione, la donna dai capelli ricci rossi e dagli occhi azzurri e profondi diventerà una presenza costante della sua arte, protagonista indiscussa dei suoi dipinti più famosi tra cui il Ritratto di Wally Neuzil (1912). Quando si conoscono lui ha 20 anni e lei 17, e l’artista austriaco ha già iniziato a ospitare ragazze adolescenti nel suo studio a Neulengbach, in Austria, intorno al 1910. Per esempio in Nude Girls Reclining del 1911, Schiele disegna due ragazze poco più che adolescenti, se non più giovani. Una di loro guarda verso lo spettatore mentre l’altra abbassa lo sguardo e sembra arrossire. Schiele raffigura i loro corpi in modo netto, con capelli morbidi e avvolgenti a incorniciarli. Ma se a uno sguardo distratto può apparire un dipinto erotico, in realtà quest’opera è molto di più. Il quadro racconta il contesto, ancora una volta, perché ci troviamo nell’epoca in cui la concezione e la rappresentazione artistica dell’adolescenza subiscono un cambiamento significativo. Nel Medioevo, gli adulti spesso erano dipinti mentre giocavano con i giochi per bambini e i bambini spesso erano rappresentati in abiti da adulti. Si è dovuta attendere la fine del 1800 per far emergere un concetto più contemporaneo di infanzia, come evidente nel dipinto Luncheon in the Studio (1868) di Édouard Manet. Il compimento di questa rivoluzione arriva però nel 1895, con Puberty di Munch, in cui compare una giovane ragazza nuda che copre i suoi genitali con le braccia incrociate: è la prima volta che un’adolescente viene raffigurata come tale, in tutta la vulnerabilità tipica di questa età di transizione.
I nudi realizzati in questo periodo costano però a Schiele un mandato di arresto e nel 1912 una detenzione di tre settimane in carcere con l’accusa di aver sedotto e rapito la quattordicenne, Tatjana von Mossig, e di avere esposto materiale pornografico in un luogo accessibile ai minori. L’esperienza in carcere e una serie di difficoltà economiche spingono Schiele a lasciare Wally per sposare nel 1915 una borghese, Edith Harms, figlia di un vicino di casa, per assicurarsi una stabilità finanziaria. Il desiderio di continuare la relazione con Wally, nonostante le nozze, è l’innesco dei dipinti in cui la ragazza dalla chioma rossa ritorna incessantemente, tratto inconfondibile della sua produzione.
È Wally infatti la protagonista del dipinto del 1917 Donna seduta con un ginocchio piegato. La donna, distrutta dalla separazione, si era rifiutata di proseguire la relazione clandestina con Schiele, arruolandosi in piena prima guerra mondiale come volontaria nella Croce Rossa. Nonostante il rifiuto di Wally e la consapevolezza che non l’avrebbe più rivista, Schiele ha continuato a ritrarla nelle sue opere in una posa di attesa, avviluppata su se stessa ma fortemente erotica. Sempre del 1917 è Il bacio degli amanti, due corpi che sono sì stretti in una morsa di desiderio ma che sembrano anche cercare di resistere a una corrente che li sovrasta e minaccia. I loro muscoli sono infatti contratti e le lenzuola accartocciate.
Schiele però non si limita a dipingere solo la musa ormai perduta, ma si dedica anche ad altri corpi femminili. Sono diversi i soggetti che catturano la sua attenzione e vengono immortalati senza un’identità specifica, caratterizzati solo dalla loro nudità. Ne sono un esempio Lying Female Nude Torso e Standing Nude in Red Jacket, in cui i soggetti ritratti non hanno né testa né faccia. Schiele non idealizza queste donne e non altera i loro corpi per compiacere lo sguardo maschile. Mette su tela dei corpi rappresentati nella loro crudezza, senza abbellimenti, quasi fossero ritratti di anatomia. Il corpo femminile è mostrato per quello che è veramente, con tutte le parti anatomiche messe in risalto con l’utilizzo di colori a contrasto, spesso il rosso. I suoi detrattori leggono questa caratteristica come prova della misoginia dell’artista, ma in realtà Schiele è democratico nella rappresentazione dei nudi perché anche quelli maschili, in primis i suoi autoritratti, hanno le stesse caratteristiche.
Il pittore austriaco mostra alle donne che sono molto più della proiezione del desiderio maschile, assegnando loro ruoli inediti e indagandone le vite interiori attraverso una sessualità ritratta con la massima franchezza possibile. Per questo i suoi disegni sono tutti caratterizzati da una ricerca costante e ossessiva della verità.
Tenendo conto di questa prospettiva, si potrebbe quasi definire Schiele un proto femminista; di certo la sua arte indaga il femminile in modo allora inedito. Le sue donne sono vive, attive, mai passive come in molti soggetti di nudo legati alla tradizione. La sua matita dona all’universo femminile un potere inedito e soprattutto moderno nella stessa concezione che ne abbiamo un secolo dopo. Inoltre molti dei suoi nudi femminili abitano uno spazio sospeso, senza coordinate spazio-temporali. Schiele adagia i corpi di queste donne su una tela bianca priva di contesto panoramico e questo non-spazio focalizza l’attenzione sulla loro nudità e sul loro essere vere e non idealizzate in quanto oggetto artistico. Le donne di Schiele sono verosimili nelle loro emozioni, a tratti crude nel desiderio sessuale che esprimono. Una messa in scena enfatizzata dalla sua matita e da un tratto che riesce a tratteggiare la figura nei suoi spazi bianchi con una forza che non ha eguali tra gli artisti suoi contemporanei. A più di un secolo dalla sua morte nell’ottobre 1918, Egon Schiele è ancora il metro di confronto di ogni artista che decida di rappresentare il corpo femminile nella sua opera. Un corpo che non è più semplice oggetto dello sguardo maschile, ma manifesto di una psiche femminile che Schiele è stato tra i primi a indagare nel mondo dell’arte.
In copertina, Egon Schiele, Donna seduta con ginocchio sollevato, 1917