C’è qualcosa di molto pittoresco e cinematografico in ciò che è rimasto in vita della famiglia di Benito Mussolini. In realtà, si potrebbe forse dire che è proprio la famiglia Mussolini, a cominciare dal capostipite sospettato di aver addirittura fornito patrimonio genetico a Bruno Vespa, a sembrare il prodotto della fantasia di qualche autore particolarmente creativo. Al di là dei risvolti tragici e catastrofici che il fascismo, in quanto fenomeno storico – o epifenomeno, come alcuni lo definiscono – ha avuto sul nostro Paese, c’è una sottotrama che fa da sfondo alle vicende di un periodo del Novecento veramente molto denso.
Negli ultimi anni, passato ormai quasi un secolo dalla dittatura fascista, abbiamo fatto il callo, sbagliando e concedendo fin troppo spazio a personaggi come Alessandra Mussolini. Una donna che sembra aver eletto la rappresentazione dello spirito italico meno virtuoso a missione personale, in questa interessante combinazione di parentele con Sofia Villani Scicolone (in arte Sophia Loren) – altro simbolo nostrano, seppure per motivi ben diversi – e discendenze da importanti mascelle, da difendere e rivendicare tra una carriera musicale in Giappone, un’ambizione cinematografica fallita e qualche battibecco su Twitter con Jim Carrey a proposito della posizione capovolta del nonno alla fine dei suoi giorni. Ma per quanto si possa gradire lo spettacolo offerto da questa strana accozzaglia di Ventesimo secolo e urla in televisione, c’è invece una donna nella famiglia Mussolini che vale la pena analizzare per la complessità della sua figura emblematica, e non per qualche siparietto imbarazzante televisivo o per cartelloni di candidature inquietanti: Edda Ciano, figlia primogenita del Duce, moglie del suo fidato ministro degli Esteri Gian Galeazzo Ciano. Una protagonista della storia del fascismo che racchiude in sé molte contraddizioni, paradossi e storture di quei vent’anni di dittatura che, sebbene siano finiti, continuano a infestare il nostro presente in diversi modi.
Edda Mussolini infatti, prima di diventare la signora Ciano sposando il Conte futuro pupillo e traditore involontario del Duce, aveva fin da ragazzina dimostrato un carattere poco compatibile per certi aspetti con gli schemi e le imposizioni dettate dall’alto del capo famiglia – che nel frattempo era anche diventato il capo di una intera nazione. Se da un lato Edda era il ritratto di quel rigore e quella devozione marmorea e incorruttibile che Mussolini voleva trasmettere con il suo modo di parlare e – soprattutto – di comandare, dall’altro, ascoltando le sue interviste e leggendo le sue memorie, ne emergono dei tratti molto più contrastanti di quello che ci si può immaginare dalla primogenita del dittatore. Una lunga intervista realizzata da Domenico Olivieri, un vecchio amico di famiglia, nel corso di un decennio, tra gli anni Ottanta e Novanta, quando Edda Ciano era già molto anziana, racconta con particolari interessanti diversi retroscena della famiglia Mussolini, ma soprattutto la storia di questa donna, mettendo in luce un lato sorprendentemente moderno e ribelle, che cozza molto con i principi fascisti di rigore e di sottomissione femminile. Edda infatti era una sorta di antagonista, una controparte rispetto alla madre Rachele, che incarnava invece tutti gli aspetti più tradizionali della femminilità fascista: donna di casa, madre devota, angelo del focolare – per quanto in realtà nemmeno dentro la casa di Mussolini stesso le leggi fossero così ferree, considerato che donna Rachele, per quanto rivelato proprio dalla figlia Edda da anziana, aveva anche un amante. Così come il fascismo aveva questa sorta di doppia anima, questo intento a mostrarsi sempre glorioso, virile, forte, monumentale mentre l’Italia si sgretolava nella povertà e poi nelle guerre, anche nella famiglia Mussolini – come da manuale della famiglia borghese – si covava un dualismo tra immagine pubblica e vita privata. Dualismo di cui Edda potrebbe essere definita il volto: nonostante fosse una donna, e dunque non abbastanza degna di avere ruoli tanto importanti quanto quelli di un uomo, si lanciò sin da bambina nell’esplorazione dell’estero. Paradossalmente, proprio la primogenita dell’uomo che più aveva a cuore il senso dell’Italia, degli italiani e del valore della patria, cresceva tra elefanti in India, parlando inglese, francese, tedesco, frequentando ambasciate.
In sostanza, Edda veniva tirata su come una donna moderna, nel senso più ampio del termine, mettendo in piedi questa strana commistione di nazionalismo ai limiti della religiosità e globalismo estremo. Alla chiusura ideologica di una missione politica come quella del fascismo, si andava a sommare con prepotenza la forza della curiosità e della diversità che inevitabilmente generano qualcosa nella testa di chi non è del tutto un imbecille, cosa che Edda non era. La primogenita del Duce poi, non solo era forgiata alla mondanità e alle diversità culturali in questa sorta di stato da Erasmus ante litteram perenne, ma era anche incline a fare un po’ come le pareva, giocando a calcio, indossando i pantaloni, fumando, diventando un simbolo della vita da jet set. Sul suo matrimonio tutti in famiglia avevano dubbi, considerata la sua tendenza palese alla ribellione e scarso spirito di adattamento a delle leggi rigide come quelle del collegio dal quale era scappata dopo solo un anno. La conoscenza con Galeazzo Ciano e il loro innamoramento fu una sorta di benedizione dall’alto, visto che con il precedente partito Edda era arrivata al punto di architettare piani per farsi detestare, che consistevano in cose come farsi aprire un negozio in Spagna nel cuore della notte solo per comprare un toro, ad esempio, o il suo primo innamoramento per un giovane ebreo che poi, ironia della sorte, salverà lei stessa dai campi di concentramento. Era ovvio che Galeazzo fosse il pretendente perfetto, sia per le sue origini nobili, sia per la sua professione – era ambasciatore al Vaticano – sia probabilmente per quella sua avvenenza impomatata che si combinava bene con l’aspetto da statua futurista di Edda. Certo però questa donna poteva immaginare tutto tranne che il matrimonio con Ciano diventasse il centro di una tragedia shakespeariana che la coinvolgerà pochi anni dopo, nei mesi di disfatta del fascismo.
Il matrimonio con Ciano, al di là degli interessi politici e dei racconti del Duce in mutande che gira per villa Torlonia esultando per il felice e tanto sperato evento, è un altro pezzo di storia privata che riassume molto bene quel già citato dualismo schizofrenico, ipocrita ma anche fondativo di un certo tipo di spirito borghese e italico, quintessenza del fascismo. Edda e Galeazzo infatti, oltre ad aver dato vita a una serie di bambini con nomi tanto novecenteschi da sembrare finti – come Didina e Mowgli – passarono insieme diversi anni in Cina, all’ambasciata italiana, prima di rientrare in patria ma soprattutto prima di venire distrutti dalla guerra e dai fallimenti del Duce.
Nell’estremo Oriente Edda Ciano imparò una cosa fondamentale della sua esistenza di donna, una cosa che forse fino a quel momento non si era ancora palesata in modo così forte per via del suo carattere indipendente: i doveri di una brava moglie, benché si trattasse della figlia del Duce, andavano rispettati. E Galeazzo non si faceva problemi a coltivare relazioni clandestine mentre Edda stava chiusa in casa ad aspettarlo, incinta e obbligata a non poter più prendere parte alla vita mondana delle ambasciate. Ma la reazione di Edda a questa fase della sua vita fu anche in questo caso piuttosto decisa, dal momento in cui si rese conto che anche lei poteva – di nascosto, ma neanche troppo – coltivare relazioni di vario tipo, trasformando il matrimonio in un rapporto di amicizia e affetto molto forti.
Rientrati in Italia cominciò per Edda e Galeazzo una fase meno rosea della loro vita, con i rapporti con la Germania che si andavano consolidando – fortemente supportati da Edda, che era filo-tedesca al contrario del marito e del padre. Con la guerra e la successiva deposizione di Mussolini, Galeazzo Ciano rimase invischiato in quel famoso voto misterioso durante il Gran Consiglio del 25 luglio 1943 in cui il Ministro degli esteri si schierò a favore della sfiducia del Duce. A detta di Edda, fu una mossa calcolata molto male, ingenua e volta alla protezione del padre: una scelta che gli costerà la vita, nel 1944, quando verrà fucilato per alto tradimento. Edda rimase così coinvolta in questo tragico nodo biografico in cui si trovò divisa tra padre e marito, provando a contrattare la vita di quest’ultimo con uno scambio dei suoi diari, portandogli poi del cianuro sotto sua richiesta ma fallendo anche in questo tentativo di suicidio, visto che Galeazzo morì comunque giustiziato la mattina successiva. Ma la svolta più incredibile nella vita di questa donna divenuta, non a caso, oggetto di diverse rappresentazioni cinematografiche – è stata interpretata da Silvana Mangano e da Susan Sarandon, giusto per citarne alcune – avvenne proprio dopo la conclusione di questo capitolo della sua vita sotto il segno del fascismo e del matrimonio con Ciano.
Dopo la fine della guerra infatti, Edda venne mandata al confino per due anni nell’isola di Lipari, scampando il destino del padre e del marito. In questo posto così diverso dagli scenari mondani e politicamente centrali in cui aveva vissuto fino a quel momento, da icona di stile a modello di modernità quale era, scaricata su un’isola marginale e desolata, Edda Ciano si ritrovò a vivere una vicenda che se non fosse avvenuta realmente si potrebbe pensare che sia opera di qualche sceneggiatore Rai. A Lipari Edda incontrò Leonida Bongiorno, ex ufficiale degli alpini, ex partigiano, comunista, nonché amante della primogenita del Duce. Il giornalista Marcello Sorgi ha riportato a galla questa storia, scrivendo un libro dal titolo emblematico Edda Ciano e il comunista, che già di per sé basta a capire il paradosso della vicenda tra i due amanti: è un po’ come se anni dopo la fine del nazismo fosse uscito un libro dal titolo Eva Braun e l’ebreo. Sembra veramente assurdo pensare che nemmeno dopo un anno dalla fine della guerra, dalla morte del padre e del marito, ma soprattutto dal declino inarrestabile del fascismo e di tutti i pilastri su cui si fondava la vita di questa donna, potesse consumarsi una storia d’amore con il nemico per eccellenza. Ma allo stesso tempo, non è poi così assurdo da concepire se si guarda con più attenzione la biografia di Edda, fatta proprio di una perenne contraddizione, una forte contrapposizione che si alterna a un amore sconfinato per un padre ingombrante come Benito Mussolini, il quale affermava lui stesso di non essere mai riuscito a domare la figlia – e che ebbe tra l’altro un’amante ebrea: Margherita Sarfatti. E proprio in quella intervista in cui una Edda invecchiata ma ancora piuttosto lucida si racconta svelando pezzi di storia del nostro Paese inediti, la figlia di Mussolini dice una cosa che bene si adatta sia alla sua storia che a quella dell’Italia fascista: quando il Duce venne appeso a piazzale Loreto, la violenza e la rabbia con cui il popolo gli si scagliò contro altro non era che la manifestazione di un grande amore tramutato in odio. “Si odia ciò che si ha molto amato”, ha detto Edda Ciano riferendosi al cadavere del padre appeso e lapidato, facendo forse inconsapevolmente anche un riferimento piuttosto pertinente alla sua stessa storia.
Non so bene se questa donna sia stata vittima del momento, della contingenze, del posto in cui è nata, non so cosa avrebbe fatto se avesse avuto l’opportunità di scegliere il proprio destino, né ovviamente posso immaginare cosa voglia dire ritrovarsi figli di uno spietato dittatore come Benito Mussolini. Di certo non è mai stata incline a negare la sua profonda fedeltà e il suo innegabile appoggio alla dittatura fascista, nonostante durante il confino a Lipari nelle lettere per chiedere l’amnistia si fosse sbilanciata in una serie di giustificazioni familiari per il suo operato durante il Ventennio. Una cosa è certa: del fascismo, del Duce, della guerra e dei suoi protagonisti deve restare in noi italiani di oggi un giudizio irremovibilmente sprezzante e negativo, nessuna assoluzione può avere luogo nella sua interpretazione, specialmente oggi che i suoi rigurgiti si fanno sempre più vividi attraverso neofascismi e simili. Ma per comprendere davvero la storia bisogna anche saperla guardare con distacco, con una sua narrazione indipendente dal giudizio. Edda Ciano, che di questo capitolo della nostra storia non è certo una vittima, è uno di quei personaggi che vale comunque la pena osservare con attenzione, perché la sua vicenda può fornirci degli elementi molto importanti per capire il passato, specialmente in tutte le contraddizioni, le forzature e le ipocrisie dietro alla dittatura fascista, di cui lei incarna forse i lati più tragici e romanzati, ma anche i più emblematici.