La storia della prima comunità e centro studi LGBTQ+ distrutto dai nazisti a Berlino

Negli anni Venti, Berlino era la capitale LGBTQ+ d’Europa o, per usare un termine dell’epoca, era piena di “uraniani”, cioè di uomini sotto l’ascendente di Afrodite Urania, protettrice degli omosessuali. La Germania, sin dalla fine dell’Ottocento, era infatti all’avanguardia per l’accettazione di gay, lesbiche e trans: lì erano vissuti Karl Ulrichs, inventore della teoria del “terzo sesso” (secondo cui l’omosessualità è uno stadio intermedio tra il maschile e il femminile) e Karl-Maria Kertbeny, a cui viene attribuita la paternità del termine “omosessualità”. In quegli anni lì furono stampate più di trenta riviste a tema omosessuale, alcune delle quali raggiunsero una tiratura di 150mila copie, e vennero prodotti diversi film di successo sul tema, come Anders als die Andern (Diversi dagli altri) del 1919 e il celeberrimo Viktor und Viktoria (Vittorio e Vittoria) del 1934. L’apertura tedesca risaliva già alla fine del secolo precedente, quando cominciò a operare il primo movimento di liberazione gay, il WHK (Wissenschaftlich-humanitäres Komitee, Comitato Scientifico-Umanitario), che si batteva per l’abolizione del paragrafo 175 del Codice penale tedesco che condannava gli atti sessuali tra uomini. Sempre in Germania si era svolto, nel 1930, il primo intervento di riassegnazione chirurgica del sesso sulla pittrice danese Lili Elbe, la cui storia è raccontata nel film del 2015 The Danish Girl. In molti però hanno dimenticato il passato queer della Repubblica di Weimar: questo perché nel 1933 i nazisti distrussero tutto ciò che ne restava.

Tra le personalità più importanti della scena gay tedesca c’era Magnus Hirschfeld, medico e fondatore del WHK che nel 1919 prese parte, assieme ad altre associazioni omosessuali nate all’inizio del secolo, alla Deutscher Freundschafts-Verban, la Lega tedesca dell’amicizia. Questa prima, vastissima associazione LGBTQ+, con sedi a Berlino, Francoforte e Amburgo, offriva occasioni di socializzazione per i giovani gay. Sempre in quell’anno, Hirschfeld acquistò un grande e lussuoso palazzo nel Tiergarten di Berlino dove fondò l’Institut für Sexualwissenschaft, l’Istituto per la sessualità. Fino alla sua chiusura nel 1933 da parte del regime nazista, l’istituto fu un luogo di aggregazione, ricerca e salute per migliaia di persone queer provenienti da tutta Europa, che emigravano in Germania proprio per poter vivere la propria vita più liberamente. Nel rogo che i nazisti fecero per bruciare le opere dei “degenerati” sono andati persi centinaia di pionieristici studi sulla sessualità, sul travestitismo e sulla psicanalisi.

Il rogo di Opernplatz, dove i nazisti distrussero anche i volumi appartenenti all’Istituto, 1933

 

L’istituto era diviso in due parti che corrispondevano alle sue due funzioni principali: da un lato c’era uno studio medico a pagamento che fungeva da consultorio, dall’altro un centro di ricerca interdisciplinare che andava dalla biologia all’etnografia. L’obiettivo di Hirschfeld era infatti quello di fondare un nuovo campo di studi, la sessuologia, e per questo i due reparti erano in continuo dialogo tra loro: le terapie mediche e psicologiche fornivano i casi-studio. In più, le prestazioni mediche a pagamento erano necessarie per sostenere dal punto di vista economico le attività di ricerca. Nel 1921 l’istituto ormai comprendeva più di 50 stanze, un auditorium, una biblioteca e una sala operatoria. Dal 1923 in poi, però, questo modello cominciò a vacillare: quello fu l’anno dell’iperinflazione che mise in ginocchio la Repubblica di Weimar. L’istituto riuscì a reggersi sul lavoro volontario di decine di specializzandi di medicina che approfittavano del centro per fare pratica, ma fu costretto a chiudere gran parte delle sue attività di ricerca e la rivista scientifica diretta da Hirschfeld, l’Annuario dei livelli sessuali intermedi.

Nonostante le difficoltà, la fama dell’Istituto continuava a crescere, tanto che ormai era noto in tutta Europa come il “Museo di Hirschfeld”. Lo visitò anche Margaret Sanger, storica fondatrice di Planned Parenthood, che rimase affascinata soprattutto dalla presenza di “uomini nella foggia di donne, con enormi cappelli, orecchini e trucco femminile, ma anche donne in abiti maschili e cilindri”, come riporta lo storico Robert Beachy nel libro Gay Berlin. Nei suoi anni più fortunati, l’Istituto attirava circa 3500 persone l’anno, di cui il 30% erano trans: Hirschfeld aveva infatti cominciato a somministrare le prime terapie ormonali al mondo, con risultati non molto soddisfacenti ma che instradarono l’endocrinologia verso le tecniche moderne. Fu proprio questa sua qualità attrattiva che contribuì a far crescere la comunità LGBTQ+ tedesca in modi che, con uno sguardo moderno, ci sembrerebbero impensabili. Per certi versi, la Berlino degli anni Venti era più all’avanguardia di quanto non sarebbero diventati gli Stati Uniti negli anni Sessanta per presenza e accettazione di persone queer.

Margaret Sanger

Hirschfeld era molto entusiasta della neonata Repubblica di Weimar: in questa nuova forma di governo, il medico vedeva una possibilità di emancipazione che era impossibile nel Secondo Reich. L’idillio però durò poco. Dal 1925 la crescente influenza dei nazisti nell’opinione pubblica tedesca cominciò a causare alcuni problemi a Hirschfeld, che tra l’altro era ebreo. Già durante il cosiddetto “Kapp Putsch”, un tentativo fallito di colpo di stato organizzato dall’estrema destra nel 1920, il medico era finito nel mirino della propaganda antisemita. Per la stampa nazista, Hirschfeld era il perfetto esempio di degenerazione ebraica, tanto che Hitler arrivò a chiamarlo pubblicamente il “suino ebreo” che metteva in pericolo la cultura germanica. Come spiega lo storico Giovanni Dall’Orto, l’idea di degenerazione non corrisponde all’idea di depravazione o di immoralità, come siamo portati a pensare. “Degenerazione” era infatti un concetto scientifico introdotto alla fine dell’Ottocento che indicava la tendenza negli animali addomesticati a tornare allo stato brado. Osservando la fluidità di genere nelle comunità dei nativi americani – che oltre al genere maschile e femminile consideravano anche i cosiddetti individui “due spiriti” – gli scienziati dell’epoca si erano convinti che l’omosessualità fosse il segno di un ritorno a uno stato di natura selvaggio e non civilizzato. Nell’ideologia nazista che si basava sulla difesa della razza e della civiltà giudaico-cristiana, quindi, gli omosessuali erano visti come un pericolo per il progresso della civiltà tedesca. Nonostante il suo continuo impegno – o proprio per quello – Hirschfeld era sempre più bersagliato: dopo aver subìto diversi attentati ed essere finito sulla “lista dei morti” di un quotidiano tedesco di estrema destra, nel 1930 si dimise dall’Istituto e cominciò a viaggiare per l’Europa e gli Stati Uniti facendo conferenze e convegni.

Alcuni studenti nazisti subito prima di entrare a saccheggiare l’Istituto, 1933

L’uscita di scena di Hirschfeld non bastò a salvare le sorti dell’Istituto. La mattina del 6 maggio del 1933 più di cento studenti nazisti fecero irruzione nel palazzo del Tiergarten di Berlino accompagnati da una banda musicale. Si diressero prima di tutto nella biblioteca, dove erano custoditi circa 20mila volumi, confiscando quelli degli autori messi all’indice: Sigmund Freud, Havelock Ellis, Oscar Wilde, Edward Carpenter, Richard von Krafft-Ebing e ovviamente Magnus Hirschfeld. Nel pomeriggio, arrivarono le SA in divisa e, per quanto grave fu il danno alla cultura perpetrato quella mattina, i paramilitari fecero di peggio: presero i registri con i nominativi e le cartelle cliniche dei pazienti curati nell’Istituto. Anche se a quel tempo non ci furono vittime collaterali, anche perché la maggior parte dello staff (in particolare gli ebrei) era già fuggito da qualche mese, si pensa che fu proprio a partire da quei registri che cominciò la vera persecuzione nazista nei confronti degli omosessuali. Tre giorni dopo l’attacco, i libri dell’Istituto furono bruciati nel rogo pubblico di Opernplatz a Berlino, il più famoso e ampio della storia nazista. “L’uomo tedesco del futuro non sarà più un uomo fatto di libri, ma un uomo fatto di carattere”, disse in un celebre discorso il ministro della Propaganda del Terzo Reich Joseph Goebbels.

Il 28 giugno del 1935 il ministero della giustizia inasprì il paragrafo 175 che il Comitato Scientifico-Umanitario aveva cercato di abolire. Più di 100mila omosessuali furono condannati per questo reato e si stima che fino a 15mila siano finiti nei campi di concentramento. Pochi giorni prima Hirschfeld era morto di infarto a Nizza, dove si trovava ormai in esilio volontario, e con lui si spense anche il primo movimento di liberazione LGBTQ+ della storia.

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