Audrey Hepburn sta fumando l’ultima sigaretta prima di entrare nell’ufficio degli Ealing Studios a West London. E’ il 1951, ha ventun anni e sta per incontrare il regista Thorold Dickinson e il suo team creativo per un provino, ma dubita di fargli una buona impressione: è troppo alta e troppo vecchia per il ruolo di ballerina adolescente che stanno cercando. Tra un tiro e l’altro si ripete che a lei di recitare non interessa davvero: lo fa solo perché sa che una parte in un film le farebbe guadagnare la stessa cifra di venti serate come ballerina e lei ha bisogno di soldi: Londra non sarà mai una città economica e non può sperare che sua madre la mantenga da sola, pur barcamenandosi tra diversi impieghi. Il provino, come si aspettava, non va molto bene e se ne va convinta che presto non si ricorderà neanche più di aver cercato di interpretare Nora in The Secret People. Un paio di mesi dopo, però, la richiamano dagli Ealing Studios: la parte è sua. Era stata la prima scelta fin dall’inizio.
In quei giorni, Audrey Hepburn non sa che il suo primo film importante sarà anche uno dei più autobiografici della sua carriera. In seguito, diventerà famosa per aver interpretato principesse e miliardarie ma la sua vita reale è stata, prima del successo cinematografico, molto più simile a quella della ballerina Nora. Entrambe, infatti, sognano di diventare ballerine, nonostante ci sia la guerra, ed entrambe perdono una persona cara nel conflitto. Ma ciò che le unisce soprattutto è che tutte e due hanno partecipato giovanissime alla Resistenza, rischiando la vita per questo.
Audrey è arrivata in Inghilterra da un paio d’anni e divide con la madre una stanza non molto più grande di quella in cui avevano vissuto insieme a un’altra inquilina ad Amsterdam, subito dopo la Liberazione. L’inquilina lavorava come redattrice in una casa editrice che proprio in quel periodo, stava per pubblicare Het Achterhuis – letteralmente “Il retrocasa”, o nella traduzione ufficiale “L’alloggio segreto” – un diario scritto durante la guerra da una ragazza ebrea, coetanea dell’allora diciassettenne Hepburn. Fu così che Audrey lesse in anteprima il diario di Anna Frank, che la toccò profondamente e in cui si immedesimava parecchio. Anna Frank e Audrey Hepburn, infatti, erano nate a poche settimane di distanza, ed entrambe in un Paese straniero, pur avendo entrambe genitori di origini olandesi. Durante la guerra avevano vissuto a cento chilometri l’una dall’altra, erano entrambe appassionate ballerine, e avevano seguito gran parte del conflitto ascoltando di nascosto il programma radiofonico del governo olandese esule a Londra: Radio Oranje.
La parte del libro che sconvolgeva di più Audrey era quella in cui Anna accennava ad alcune delle esecuzioni a Goirle, e in particolare a cinque ostaggi. Uno di quelli era suo zio materno, Otto, che rappresentava per lei la vera figura paterna dal momento che il padre naturale le aveva abbandonate ed era entrato al servizio di Hitler e dopo la guerra sarebbe fuggito nella neutrale Irlanda. Otto van Limburg Stirum, viceprocuratore distrettuale a Arnhem, si era quindi occupato di Audrey fino a quando i nazisti non l’avevano condannato a morte nel 1941 a causa del rifiuto reiterato di operare secondo le leggi degli occupanti nazisti, e venne fucilato proprio in quella giornata cui avrebbe fatto poi riferimento sul suo diario Anna Frank, due mesi dopo la sua cattura, avvenuta il giorno del dodicesimo compleanno della nipote.
Le esecuzioni dovevano servire a convincere gli olandesi ad accettare il regime nazista, spegnendo qualsiasi intento sovversivo ma ebbero l’effetto contrario, aprendo gli occhi anche a quelli che fino ad allora avevano sostenuto Hitler. La baronessa Ella van Heemstra, la madre di Audrey, era stata tra questi: fedele al regime, aveva incontrato Hitler glorificandolo anche in un paio di articoli, e una volta che il marito si era rivelato irraggiungibile, aveva ripiegato sul generale nazista Oestreich. Solo quando il nazismo si scagliò contro suo fratello finalmente capì, e si avvicinò alla Resistenza.
Velp, la dove madre e figlia vivevano, allora era allo stesso tempo la cittadina più importante di tutti i Paesi Bassi per il governo d’occupazione e il primo avamposto della Resistenza. Anche se era nelle grandi città che si scioperava contro la deportazione degli ebrei e ad esempio si facevano funzionare solo certi treni per permettere l’avanzata degli inglesi, spesso quelle scelte tanto coraggiose nascevano proprio in quel paesino della Gheldria.
A Velp gli oppositori si riunivano nell’Het Ziekenhuis, un grande ospedale dove molti medici si erano impegnati attivamente nella lotta anti-tedesca. In quell’estate del 1944 in cui la quindicenne Audrey iniziò a frequentare i reparti dell’Het Ziekenhuis, il dottor Visser ’t Hooft era uno dei leader della Resistenza: falsificava documenti e nascondeva ebrei e alleati. In breve coinvolse nelle sue attività anche la ragazza che tutti lì chiamavano Adriaantje facendole fare quello che le riusciva meglio: ballare. Visser ’t Hooft era tra i promotori delle zwarte avonden, le “serate nere”, spettacoli che servivano a raccogliere fondi per sostenere chi dava riparo ai tantissimi onderduikers, coloro che per vari motivi dovevano restare nascosti in tutto il Paese. Uno dei due fratellastri di Hepburn – l’altro fu deportato per andare a lavorare in una fabbrica a Belino – era proprio uno di loro, un disertore che rinunciò alle armi per arruolarsi tra le fila di coloro che si opponevano al nazismo. Le serate nere dovevano il loro nome al fatto che, durante queste esibizioni clandestine, si fosse costretti a coprire le finestre per non far filtrare all’esterno la luce, in modo da non insospettire i tedeschi. Audrey e la madre iniziarono a frequentare questi eventi, prima solo come spettatrici e poi come parte integrante degli show: Audrey improvvisava o ripeteva le coreografie che aveva studiato prima che la guerra la fermasse, mentre un amico la accompagnava al piano e la madre cuciva i costumi con quello che trovava.
Ma il contributo alla causa di Audrey non si limitava agli spettacoli. Nel 1944 l’Olanda erano sotto costante bombardamento alleato e, quando un aereo veniva abbattuto dai nazisti erano i membri della Resistenza a farsi carico degli eventuali sopravvissuti. Audrey faceva la staffetta e spesso si trovava a consegnare messaggi o viveri ai piloti inglesi nascosti: il dottor Visser ’t Hooft la considerava perfetta per il compito, visto che avendo studiato in Inghilterra conosceva bene la lingua. Come racconta Robert Matzen nella biografia su Audrey di quegli anni difficili, in una di quelle missioni rischiò di venire scoperta Mentre tornava a casa dopo aver consegnato un messaggio a un pilota nascosto nei boschi, si trovò di fronte due membri della Polizia Verde. Aveva bisogno di una scusa che non insospettisse i tedeschi e così raccolse un po’ di fiori. Offrì il mazzo ai soldati e, senza dire una parola, si fece controllare il suo documento. Tanto bastò ai due per considerare quell’adolescente innocua e la lasciarono passare, e non fecero nessuna domanda. Audrey e sua madre nascosero anche in casa soldati britannici, come il Maggiore Anthony Deane-Drummond.
Ogni volta che scendeva al piano di sotto per portare da mangiare al paracadutista, Audrey sentiva la stessa ansia e paura di venire scoperta che ossessionava la sua coetanea e sapeva quanto rischiava. Lei però non venne mai scoperta e, qualche mese dopo, i Paesi Bassi festeggiarono la Liberazione, che in Olanda cade il sei di maggio il giorno dopo il suo compleanno e la data dell’arresto di suo zio.
Dopo la guerra Audrey si trasferì ad Amsterdam, dove lesse il diario di Anna, rivivendo tante delle sue esperienze, e poi a Londra, dove continuò la sua carriera da ballerina per poi iniziare quella da attrice con il primo ruolo importante in The Secret People.
Eppure, come fece notare anche Sophia Loren, nonostante il successo Hepburn è spesso stata sottovalutata . Era una persona estremamente riservata e i suoi detrattori per questo la consideravano algida, distante e costruita: molti mettevano addirittura in dubbio le sue sofferenze durante la guerra e sostenevano avesse avuto in realtà un’infanzia molto più simile a quella vissuta dalla principessa di Vacanze Romane, Anche Eleanor Harris, mediocre sceneggiatrice e giornalista che, per ottenere un po’ di facile pubblicità, decise di usare le 2500 battute a sua disposizione sulla rivista Good Housekeeping per cercare di demolire quella ragazza che tutti avevano iniziato ad amare, raccontando al suo pubblico di casalinghe americane che in realtà si trattava di personaggio artificiale, che fingeva di essere un’anima tormentata per guadagnare l’attenzione di Hollywood e di qualche potente pronto a mantenerla.
Nonostante sia passato molto tempo e le opinioni della gente siano cambiate, però, Audrey Hepburn continua a non essere capita, in primis da tanti suoi fan. In tanti continuano a confondere Audrey con la ragazza apparentemente ingenua interpretata in tanti dei suoi film, pronta a essere salvata dall’uomo di turno. Le ragazze che veramente le somigliano oggi non sono quelle che spendono una fortuna da Tiffany ma quelle che non hanno paura di prendere in mano la loro vita, neanche nei momenti difficili, proprio come Holly Golightly. La vera Audrey Hepburn si salvò da sola e fu un esempio di estrema resilienza e coraggio.