La campagna di sensibilizzazione non manca di ricordarci l’importanza del vaccino antinfluenzale, quest’anno particolarmente importante sia per proteggere i soggetti più fragili dal fuoco incrociato di influenza e Covid-19, sia per facilitare la diagnosi di quest’ultimo, sia per evitare un sovraccarico del sistema sanitario. Peccato che il vaccino in Lombardia sia introvabile, anche per le categorie di cittadini indicate come target dal ministero della Salute, a cui va data la precedenza e per le quali il vaccino, gratuito, viene come sempre somministrato dal medico di base: gli over 65, chi ha malattie croniche, tumori o basse difese immunitarie, le gravide e i lavoratori dei servizi pubblici. Tutti gli altri, se lo desiderano, devono acquistare il vaccino in farmacia per farselo poi somministrare dal medico di base. Il problema è che tuttora in Lombardia, a novembre inoltrato, il vaccino è introvabile. E questo è solo l’ultimo dei tanti e desolanti capitoli che hanno articolato la disastrosa gestione della sanità lombarda.
Nonostante il ministero, vista la situazione, abbia raccomandato di avviare la campagna vaccinale già a inizio ottobre, il programma della Regione Lombardia ha stabilito di fornire a ogni medico di famiglia – a fronte di un numero di assistiti che può arrivare fino a 1.500 – 30 dosi di vaccino dal 19 ottobre, a cui dovrebbero esserne seguite altre 20 una settimana dopo, altrettante dal 2 novembre, e altre ancora 30 dopo il 4 di questo stesso mese. Non sempre è andata così, dato che diversi medici di base le hanno ricevute in ritardo, così come i centri vaccinali, che in questa fase dovrebbero occuparsi degli altri aventi diritto – dato che i soggetti più a rischio in teoria dovrebbero essere già stati vaccinati – ma che in ogni caso non sono organizzati per farlo, come si può constatare sul portale regionale per le prenotazioni. Anche tra i cittadini target, ad oggi, sono pochi i fortunati ad aver ottenuto l’appuntamento per ricevere la dose di vaccino.
Per capire come si è arrivati a questa situazione dobbiamo fare un passo indietro e ripercorrere il caos creato dalla squadra Fontana-Gallera già a partire dallo scorso 26 febbraio. Risale a quella data, infatti, il primo bando indetto dalla centrale acquisti regionale Aria per l’acquisto di 1,37 milioni di dosi di vaccino antiinfluenzale, a 4,50 euro l’una: un prezzo inferiore ai 5,90 euro dell’unica offerta pervenuta, per cui la gara non viene aggiudicata. Un mese dopo un nuovo bando stabilisce quindi un prezzo di partenza di 5,90 euro a dose, ma viene ritirato perché la direzione generale Welfare nel frattempo ha fatto i calcoli, accorgendosi che 1,37 milioni di dosi non bastano per i 10 milioni di cittadini lombardi, ma nemmeno per gli oltre 3,5 milioni di soggetti target, anche escludendo la fascia dei 60-64enni a cui il ministero quest’anno estende la raccomandazione e la gratuità. Si fa un terzo bando, ma anche questo si rivela un buco nell’acqua perché non prevede la possibilità per un singolo produttore di fornire solo una parte dei totali 2 milioni di dosi richieste. Con i successivi cinque ulteriori bandi la Regione riesce a reperire un po’ di dosi, ma con fatica, perché a ottobre inoltrato la stagione delle influenze è alle porte.
Si arriva così al nono bando, con cui vengono acquistate 100mila dosi al prezzo di 11,99 euro l’una presso l’azienda cinese Life On – per le quali, però, l’Agenzia Italiana del Farmaco non rilascia l’autorizzazione, e sono quindi inutilizzabili – e 400mila dosi per 26 euro l’una dalla svizzera Flakem Swiss. Queste cifre elevate inducono la procura di Milano ad aprire un’inchiesta conoscitiva: se l’intento era quello di risparmiare, non si può dire che sia riuscito. Altrettanto rocambolesco risulta l’ultimo bando, con cui – sintetizza sarcastico Il Fatto Quotidiano – la Regione Lombardia punta a dei “vaccini indiani importati da un dentista di Bolzano attraverso un intermediario turco, grazie agli auspici di un conoscente cinese”: un giro con diverse zone d’ombra – dalla mancata iscrizione del fornitore (una società che fa capo a uno studio dentistico) al registro degli intermediari di prodotti farmaceutici, alle tempistiche stranamente ravvicinate tra la nascita della società stessa e l’apertura del bando – che hanno indotto i Nas di Trento e la guardia di finanza di Bolzano a iniziare delle indagini di verifica.
La responsabilità del caos, che si aggiunge a quello di tamponi e tracciamenti dei malati Covid, è ancora una volta della Regione Lombardia, che nonostante la partenza precoce arriva in ritardo – i vaccini antinfluenzali andrebbero prenotati già a maggio per l’autunno successivo – e con una quantità di dosi insufficiente. Nel complesso, sarebbero 2,9 milioni – “super capienti” secondo l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera – le dosi che la Regione è riuscita a ottenere, cifra che si basa su quel 75% dei soggetti target indicato dal ministero come obbiettivo minimo (a fronte di un obiettivo ottimale del 95%), che non conta i 60-64enni e che tralascia completamente tutti gli altri. I vertici della Regione, però, ostentano tranquillità: il direttore generale del Welfare, Marco Trivelli, ha spiegato che la scelta si è basata sulla scarsa adesione alla campagna vaccinale degli anni scorsi, anche tra le categorie a rischio, aggiungendo: “Poi se quest’anno per una serie di motivi ci fosse adesione maggiore, vedremo come affrontare il problema”. Sintesi perfetta della strategia lombarda: arriviamo in ritardo, puntiamo al minimo e poi speriamo che me la cavo.
La Regione Lombardia, dopo aver trovato il coraggio di lamentarsi per essere stata resa “regione rossa” all’arrivo della seconda ondata, arriva impreparata anche a questo banco di prova. Proprio Gallera – salito alla ribalta quest’anno per la peculiare gestione dell’emergenza – è la voce più emblematica della logica della Regione. Giudicando strumentale la polemica sui vaccini antinfluenzali, sostiene serafico: “Le dosi ci sono e stiamo rispettando il cronoprogramma”. La sezione news del sito dell’assessore non viene aggiornata da mesi, ma di materiale da pubblicazione ce ne sarebbe parecchio. A partire da quando, a fine marzo – nel momento in cui i danni del suo lavoro e di quello dei suoi colleghi stavano già emergendo – inebriato dall’improvvisa sovraesposizione mediatica, in merito alle voci di una sua possibile corsa per il Comune di Milano dichiara: “Se servirà candidarmi, non mi tirerò indietro”.
L’affermazione arriva quando è ancora fresco il fallimento della comunicazione tra vertici lombardi e governo sull’istituzione della zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro, i due comuni bergamaschi più colpiti all’inizio dell’epidemia. Ad aprile, durante un collegamento con la trasmissione televisiva Agorà, interrogato in merito, risponde poi che la decisione era di responsabilità del governo – mentre Conte, per parte sua, sostiene di non aver mai ricevuto la richiesta – per poi scoprire (troppo tardi) che la zona rossa avrebbe potuto essere disposta dalla Regione. Il giorno dopo, infatti, ammette: “Avremmo potuto farla noi”, confermando alla conduttrice Serena Bortone: “Ho approfondito l’indicazione che lei mi ha dato ieri ed effettivamente c’è una legge che lo consente”. Una curiosa interpretazione delle competenze del ruolo istituzionale, che scatena le proteste delle associazioni del Coordinamento regionale per il diritto alla salute che chiedono il commissariamento della Sanità lombarda e le dimissioni dei vertici della Regione.
Sulle mascherine vige la confusione totale. Dopo le indicazioni iniziali di non usarle perché servono ai medici, che ne hanno troppe poche, e che comunque le uniche “utili” sono le introvabili Ffp2, sempre ad aprile arriva il colpo di genio: per proteggersi va bene anche una sciarpa. Ma l’importante è crederci e così a fine mese – quando i contagi nella sola Lombardia sono vicini ai 76mila e i decessi per Covid-19 superano i 13.700 – commentando il madornale errore di aver fatto trasferire i malati di Covid-19 nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (Rsa), esponendo così migliaia di soggetti a rischio al virus, uno spavaldo Gallera prima sostiene che non c’è stato alcun contagio tra gli ospiti delle Rsa e i malati, poi asserisce candido: “Noi abbiamo chiesto volontariamente alle Rsa […] di ospitare alcune persone che dovevamo togliere dagli ospedali […]. Io quella delibera la rifarei”. Ma non è finita, perché a maggio Gallera è protagonista di una gaffe in diretta streaming sul canale di Regione Lombardia – spacciata per “semplificazione del concetto” – sull’indice RO a 0,5, che per l’assessore significherebbe che servono due malati nello stesso momento per infettare una terza persona, quando invece si tratta di un numero statistico che indica che per ogni 10 persone si registrano mediamente cinque nuovi casi di positività al virus.
Durante l’estate, quando l’emergenza rientra temporaneamente, pensando che il peggio sia passato, Gallera può finalmente esprimere la propria solidarietà al governatore Attilio Fontana – nel mirino anche per lo scandalo dei camici – di cui difende la “serietà, l’onestà assoluta e la determinazione esclusiva a salvare le vite”. E quando ad agosto il pericolo arriva dai vacanzieri di ritorno dall’estero, vanta l’installazione dei punti prelievo per i test Covid all’aeroporto di Malpensa – avvenuta ben oltre Ferragosto e tardi rispetto a Fiumicino – per poi scaricare la responsabilità del ritardo sul gestore dello scalo, Sea.
Una sequela di errori, incompetenza e scarico di responsabilità che porta all’attuale situazione sui vaccini antinfluenzali, insufficienti anche secondo l’associazione Gimbe, nel pieno della seconda ondata dell’epidemia. E che costringe i lombardi a rivolgersi ai privati, con un costo che si aggira intorno ai 50 euro. A uscirne vincitrice è ancora la sanità privata, a perderci di nuovo i cittadini (che d’altronde queste persone le hanno votate). Chissà se, una volta passata la seconda ondata e finita la stagione delle influenze, l’assessore si esprimerà di nuovo come a luglio, quando rivendicava la gestione dell’emergenza, invitando tutti a rivedere i giudizi negativi sulla guida delle regione. Intanto, dopo le voci che volevano imminente un rimpasto ai vertici lombardi, che avrebbe colpito proprio Gallera, sembra che l’assessore resterà al suo posto. In fin dei conti il suo lavoro non l’ha fatto poi così male, no?