Fare più quanti più tamponi possibile per avere un’idea più realistica della diffusione del virus: da settimane ormai gli scienziati ripetono che questa è la soluzione più efficace per contrastare il nuovo coronavirus, e in alcuni Paesi li stanno ascoltando. Tra questi c’è l’Islanda, dove per ordine delle autorità è stato attualmente testato più del 5% della popolazione dell’isola, 360mila di abitanti in totale. Questo risultato è stato ottenuto grazie all’anticipo con cui sono state prese queste misure – hanno cominciato il testing a inizio febbraio, ancor prima della prima vittima –, ma anche grazie alla collaborazione tra pubblico e privato. Da un lato, infatti, il National University Hospital si è occupato, e continua a farlo, dei pazienti con sintomi evidenti o dei soggetti a rischio; dall’altro, la deCODE Genetics, casa farmaceutica con base in Islanda ma sussidiaria della statunitense Amgen, si è concentrata sugli asintomatici e sulle persone generalmente sane, che si sono sottoposte al tampone in maniera volontaria e, secondo quanto riporta Nordic Life Science News, gratuita.
Certamente, il fatto che in Islanda vivano meno persone che nella sola città di Bologna incide, anche se il governo islandese è giustamente più interessato a sottolineare il proprio apporto nella gestione dell’emergenza. In ogni caso, il risultato dello screening portato avanti sull’isola è interessante per l’Islanda e per il resto del mondo: sebbene meno dell’1% della popolazione (testata) sia attualmente positivo, di questi la metà è asintomatico. Questo dato conferma quanto gli scienziati hanno ipotizzato fino ad ora, ovvero che buona parte di coloro che vengono contagiati non sviluppa mai sintomi rilevanti. Un dato che non deve farci abbassare la guardia perché, come sappiamo, gli asintontomatici sono tanto contagiosi quanto coloro che presentano sintomi. Proprio per questo, accanto allo screening di massa, le autorità islandesi hanno accompagnato misure di controllo stringenti su coloro che sono messi in quarantena.