Nel nostro Paese, il tasso di disoccupazione giovanile è il doppio rispetto alla media europea, e, chiaramente, i settori nei quali intervenire sono tanti. Lo stage curriculare, che si differenzia da quello extracurriculare post-studi, può essere un mezzo adatto per combattere lo skills mismatch, ovvero il divario tra le figure richieste dal mercato e i profili favoriti dagli studenti. Lo stage curriculare, quello che si porta a termine durante gli studi o in altre circostanze, è quindi una sorta di mandato esplorativo obbligatorio in molti corsi di studi. Quando i Cfu diventano i tuoi migliori amici, è il momento per capire cosa prevede effettivamente una determinata professione lontano dalle idealizzazioni, e formarsi sulle competenze ancora mancanti per essere competitivi in quel settore. Molte volte lo stage è il primo contatto reale con il mondo del lavoro.
C’è un problema però: gli stage curriculari oggi vengono usati per sostituire la manodopera a basso costo, o per sostituire il lavoro dipendente, nel disprezzo dell’esperienza formativa promessa. Gli stagisti spesso vivono soprusi e diventano risorse utilizzate per svolgere mansioni che non hanno nulla a che fare con il loro percorso di studi. Il mancato obbligo a retribuirli e il vuoto normativo che accompagna lo stage curriculare favoriscono tale ambiente malsano, che non ammette nemmeno lamentele.
Non si conosce il numero degli stage attivati, la loro durata media e il loro esito. Una stima – ma è solo una stima, appunto, perché dati precisi non possono essere raccolti – su dati Almalaurea parla di circa 200 mila stage curricolari attivati all’anno, secondo la bozza della proposta di legge presentata dal deputato Massimo Ungaro. A far emergere una situazione fumosa che si presta a sfruttamenti e abusi è soprattutto il confronto con la legge che regola i tirocini extracurriculari. Per gli extracurriculari, quelli all’esterno del percorso di studi, dal 2012 esiste una normativa regionale che li disciplina in vari modi prevedendo per esempio un rimborso minimo e la comunicazione obbligatoria di inizio stage. Per i curriculari invece la comunicazione obbligatoria è stata cancellata per effetto di una circolare del Ministero del lavoro risalente al 2004. Il mancato obbligo di comunicazione obbligatoria per l’inizio di un tirocinio curriculare complica il controllo ispettivo delle Direzioni provinciali del lavoro, responsabili del controllo, specialmente in caso di abuso. In assenza di segnalazioni, le Direzioni possono effettuare una sorta di controllo a campione di un fenomeno che però non possono identificare con chiarezza, e per il quale non esistono sanzioni precise. In alternativa, per denunciare la situazione di sfruttamento, ci si può rivolgere al tutor dell’università o ai sindacati. Ma i reclami sono ancora pochi, probabilmente perché molti stagisti sperano un futuro posto nell’azienda, l’attivazione di un successivo tirocinio o l’assegnazione dei Cfu. Oppure anche perché spesso prevalgono la sfiducia e l’impotenza. C’è da domandarsi, però, se aspettare che si formi una coscienza di classe per gli stagisti non sia un processo troppo lungo, quando si potrebbe cominciare dall’inasprimento dei controlli e delle sanzioni. O semplicemente aggiornare la normativa, com’è già avvenuto nel caso degli extracurriculari.
Chi da anni fa battaglie per opporsi a questa abitudine è La Repubblica degli Stagisti, e basta farsi un giro sul sito della testata per leggere numerose testimonianze, ma anche per avere informazioni sui propri diritti di stagista e sulle aziende che si comportano in maniera virtuosa. Ci sono storie di stagisti usati per svolgere commissioni personali per colleghi e superiori, altri abbandonati alle mansioni più insignificanti e ripetitive o chiamati a sostituire il lavoro dipendente, e, infine, stagisti che incorrono in un infortunio nel tragitto casa-lavoro e non sono coperti dall’assicurazione.
Inoltre, va fatta una riflessione sull’obbligo della retribuzione. Intanto, per gli stagisti curriculari, la normativa di riferimento rimane il vecchio decreto ministeriale 142/1998, che non prevede un obbligo di rimborso di alcun tipo. In assenza di un’unica legge statale, anche nei tirocini extracurriculari si viene a creare un divario tra le indennità più alte e quelle più basse. Si va dai 400 lordi della Calabria, agli 800 lordi del Lazio.
È vero che lo stage non è equiparabile a un rapporto di lavoro vero e proprio, ma questo non vuol dire che in determinate condizioni non sia necessario stabilire un rimborso economico congruo. Tra l’altro, un pericoloso meccanismo reso possibile dall’attuale normativa è la cumulazione all’interno della stessa azienda di un numero potenzialmente illimitato di stagisti curriculari. Ciò significa che un’azienda con due persone dipendenti, può assumere anche 12 stagisti per coprire le mansioni risparmiando capitale. Nascono così gli stage roller, gli stagisti usa e getta, a rotazione continua, impiegati per sopperire alla mancanza di organico e per assicurarsi vantaggi assicurativi ed economici. Il soggetto ospitante, che sia un’azienda o un ente secondo la normativa più vecchia, è agevolato ad esempio dagli oneri della copertura assicurativa che sono invece a carico dell’Università.
Chi sta facendo una battaglia culturale contro gli stage gratuiti e in particolare contro la situazione degli stage curriculari è il deputato Massimo Ungaro, primo firmatario di una proposta di legge nazionale – quindi non soggetta alla discrezionalità regionale – finalizzata a riempire il vuoto normativo. Tra le novità della legge, la volontà di stabilire un’indennità minima anche per gli stage curriculari, un limite preciso di tempo per la durata, divieto di turni festivi o notturni per gli stagisti, divieto di sostituire lavoratori in malattia o che stanno scioperando, l’obbligo di inserimento di quote massime rispetto al numero dipendenti tenendo conto anche degli stage curricolari, copertura assicurativa per il tragitto casa-lavoro, obbligo di comunicazione obbligatoria, inserimento di sanzioni amministrative in caso di mancata corresponsione dell’indennità. “Il problema degli stage gratuiti,” ci racconta Ungaro, “esiste anche vicino a noi, in Inghilterra, ed è infatti con le politiche pensate per i più giovani come lo stop agli stage non retribuiti che un politico come Corbyn, un uomo sostanzialmente grande, riesce ad avere molto successo tra i giovani.”
Forse è il caso di ragionare su cosa significhi davvero che la politica si occupi dei giovani. Per ora si sente parlare più di bersagli facili e distorti per risolvere la questione dell’occupazione giovanile, come il voler alimentare una guerra dove spesso viene fatto passare il messaggio – per cui non c’è mai stato un riscontro reale o statistico – che per ogni pensionato anticipato si liberi automaticamente un posto per un lavoratore occupato in più.