Nel Paradiso, Dante chiama Verona, dove si rifugerà in esilio, “ll primo tuo refugio e ‘l primo ostello”. Oggi la città scaligera accoglie solo turisti ed è diventata il laboratorio sociale in cui fioriscono politiche di destra, ideologie neofasciste, cattolicesimo tradizionalista e cultura da stadio.
“Mi viene da ridere. Pensi che nella nostra coalizione abbiamo bandito tutto ciò che ha a che fare con l’estrema destra, a cominciare dai simboli. Ci sono milioni di persone che ci hanno votato. Può anche darsi che qualcuno sia un criminale.” Con queste parole l’allora sindaco di Verona Flavio Tosi aveva commentato l’omicidio del ventinovenne Nicola Tommasoli, picchiato a sangue da un gruppo di fascisti. “Non fa storia, capita una volta su un milione,” si era perfino sentito di aggiungere.
L’esperienza politica di Flavio Tosi nasce in realtà proprio in seno alla destra radicale – tanto che esponenti stessi di Forza Nuova ne confermano la vicinanza a movimenti estremisti. Se ne discosterà, almeno apparentemente, solo più avanti, quando deciderà di candidarsi a governatore del Veneto contro il leghista Luca Zaia. Forza Nuova non la prenderà bene, tanto da celebrare in suo onore un funerale simbolico.
Tosi è consigliere comunale a Verona dal 1994, e già ad subito i giornali si accorgono di lui per la mozione in cui chiede di creare entrate separate sui bus per gli italiani e gli extracomunitari. L’estrema destra apprezza i toni del nuovo consigliere, e i rapporti si intensificano. È Tosi a prenotare la sala per la conferenza stampa con la quale Roberto Bussinello e Alberto Lomastro annunceranno l’addio a Fiamma Tricolore e l’ingresso in Forza Nuova. Tosi accoglie Bussinello sotto la sua ala ed è costretto a prenderne le distanze solo nel 2013 quando quest’ultimo, alla morte dell’ex-capitano delle SS Erik Priebke, gli dedica un post in cui scrive: “Capitano non è importante chi ti fa il funerale e dove sarai sepolto, tu vivrai per sempre nel cuore di chi sogna e di chi lotta. Il nostro onore si chiama fedeltà.” In quel momento la Lega, che sta preparando a campagna elettorale per le europee, ha bisogno di darsi una ripulita e le uscite di Bussinello sono inopportune.
Durante i primi anni di attività politica di Tosi, le politiche della sua Lega nord e di Forza Nuova si muovono in sinergia, con i primi a mostrare il volto “istituzionale” e i secondi a fare il lavoro sporco. A volte le due cose coincidono: Tosi si beccherà una condanna in cassazione-bis per incitamento all’odio razziale, proprio a causa di una campagna anti-sinti che portò avanti nel 2001.
Il connubio tra Lega nord e Forza Nuova si rinforza nel 2006 quando il forzanovista Alberto Lomastro si iscrive alla Lega nord, andando a ricoprire un ruolo chiave nell’intera struttura. Dopo le elezioni del 2007 Tosi adotta l’arma del legalitarismo e si fa conoscere come il prototipo del sindaco-sceriffo: emana una serie di ordinanze “anti-bivacco” che vietano di mangiare in alcune zone del centro storico, suonare strumenti musicali dopo le 22, elargire cibo ai senzatetto, sdraiarsi sulle panchine – adattate per l’occasione grazie all’aggiunta di braccioli in ferro che impediscano fisicamente di coricarsi.
Sono tutte norme contenute nel regolamento della polizia urbana che danno una nuova forma alla gestione della sicurezza cittadina. In questi anni il sindaco coordina inoltre lo sgombero e la successiva demolizione del centro sociale La Chimica e l’istituzione delle “Ronde per la Sicurezza” nel centro storico.
Anche se nelle elezioni del 2017 la lista civica Fare! – che aveva ricevuto l’appoggio di Tosi – è stata sconfitta, il nuovo sindaco di centrodestra Federico Sboarina sembra voler continuare le politiche del predecessore, o almeno evitare di opporsi al milieu neofascista che prospera in città. Lo scorso dicembre è stata inaugurata la sede di CasaPound, nuovo radicamento dell’estrema destra in città.
A Verona il fascismo non ha intenzione di nascondersi: dopo la promozione dell’Hellas in serie A nel luglio del 2017 gli ultrà della squadra hanno inneggiato pubblicamente a Hitler. La Curva sud celebra la propria appartenenza politica: non è raro, andando allo stadio, scorgere svastiche e croci celtiche sui corpi degli aficionados dell’Hellas, così come leggere scritte razziste sugli striscioni che pendono al Bentegodi. L’ossessione della curva sfocia nel ridicolo, tanto da arrivare a comporre una svastica sotto forma di parcheggio.
Dal folclore si passa alle limitazioni della libertà di tutti quelli che si oppongono al neofascismo, e i movimenti Lgbtq+ sono nel mirino. Nel maggio del 2018 viene annullato un convegno sui migranti Lgbtq+ all’Università degli studi di Verona. Per quanto il rettore Nicola Sartor indichi nelle “troppe strumentalizzazioni” la causa del rinvio, è un fatto che non solo CasaPound e Forza Nuova abbiano protestato contro l’iniziativa, ma anche gli ultrà abbiano minacciato incursioni e azioni dimostrative. Evidentemente, licei e università devono essere il palcoscenico esclusivo di Blocco Studentesco, che non manca di affermare i propri ideali nazionalisti con proclami e striscioni. Al contrario di quanto avvenuto per la conferenza Lgbtq+, non ci sono stati problemi nemmeno a presentare nelle aule universitarie il romanzo di Domenico Di Tullio Nessun dolore, cronaca idealizzata della militanza in CasaPound, una sorta di parabola alla Moccia con l’olio di ricino al posto dei lucchetti.
L’alleanza tra tradizionalisti ed estrema destra non è certo una novità degli ultimi tempi, come dimostrano i numerosi volantini intimidatori inviati nel 2001 da varie sigle neofasciste a diverse associazioni Lgbtq+ del territorio in occasione della manifestazione, prevista per il 9 giugno, “La cittadinanza va scritta”. Una lunga cronologia di eventi cittadini mostra come integralismo cattolico, estrema destra e amministrazione locale si trovino fianco a fianco in diverse occasioni. Ci sono stati i convegni omo-bi-transfobici, come quello del 21 settembre 2013 nel palazzo della Gran Guardia. Titolo “Teoria del gender: per l’uomo contro l’uomo”, con tanto di patrocinio di Comune e Provincia, saluti del sindaco Flavio Tosi, del presidente della Provincia Giovanni Miozzi e del vescovo monsignor Zenti. Fino anche ai numerosi sit-in del gruppo “Sentinelle in Piedi”, invitato, in almeno un’occasione, dal consigliere comunale Alberto Zelger.
Tra i volti dell’integralismo veronese legati al cattolicesimo spicca poi Don Floriano Abrahamowicz, che in data 19 ottobre 2013, celebra un Requiem per Erich Priebke, definendolo un “amico” e “peccatore sì, criminale di guerra no.” Nell’omelia Abrahamowicz afferma che “Le leggi orrende della guerra ancorate nel diritto internazionale non sono colpa del semplice soldato. Il Requiem per Priebke è un atto dovuto in quanto è morto da cattolico.”
In un simile brodo di coltura si è formato il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, che – ancor prima delle note uscite sui diritti omosessuali e la tutela della famiglia – aveva già presentato da europarlamentare alcune mozioni discutibili, tra cui “Sulla difesa dei cristiani nei Paesi a maggioranza musulmana”, “Sulla cristianofobia e la protezione culturale dei beni culturali cristiani in Europa”, “Sulla necessità di assistenza specifica per i rifugiati cristiani” e quella con i toni maggiormente complottisti “Sulla compromissione delle istituzioni europee con l’Islam radicale.”
Il caso di Verona rappresenta un esempio di come si possano saldare insieme varie istanze della galassia destrorsa, creando un cortocircuito fra il potere coercitivo delle istituzioni – volto a dare corpo a un’idea di città reazionaria tramite gli strumenti amministrativi – e il ribellismo violento delle formazioni neofasciste. A questo si aggiunge un contesto ideologico in cui sono misinterpretate e piegate al proprio volere culture specifiche come quella cattolica e da stadio. Verona è il frutto di questo mix, ma pensare che l’esperimento si fermerà qui è ingenuo, adesso che le stesse parole d’ordine che hanno ritmato l’ascesa al potere scaligero – contro i rom, gli stranieri, i mendicanti, i gay – risuonano in tutto il Paese.