E dire che si era andati lì convinti, pancia in dentro e petto in fuori. Settimane intere passate a ripeterci che adesso siamo fortissimi, che la “pacchia è finita”, che “le barche dietro di me non trasportano clandestini“, che oggi finalmente “ci ascoltano”. Sulla sua pagina Facebook, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte – o almeno la persona che ricopre la carica a suo nome – aveva scritto parole forti: “Compromessi al ribasso non li accetteremo… Se questa volta non dovessimo trovare disponibilità da parte degli altri Paesi europei, potremmo chiudere questo Consiglio senza approvare conclusioni condivise.” Il tutto accompagnato da una foto che era un mix tra Pellizza da Volpedo e l’ultimo Capitan America.
Alla fine bisogna ammettere che ci hanno ascoltato. Peccato che dopo averlo fatto si siano messi a ridere.
Dai social di Conte sembra essere andato tutto bene, e in un primo momento anche Matteo Salvini si era detto soddisfatto: “L’Italia torna protagonista, finalmente l’Europa è stata costretta ad accettare la discussione su una nostra proposta. Complimenti a Conte,” ha detto ai microfoni di Radio Capital il leader della Lega. La maggior parte dei quotidiani italiani oggi salutavano con entusiasmo “l’accordo raggiunto dai 28 Paesi europei” grazie anche alla fermezza italiana. L’euforia è durata poco, il tempo necessario a far diffondere i termini dell’intesa e a far pubblicare alle principali testate straniere qualche articolo che raccontava le gaffes del nostro premier.
Analizzando il testo dell’accordo sembra chiaro che le uniche concessioni alle richieste italiane siano state, da una parte, il riconoscimento della necessità di “un nuovo approccio sui salvataggi basati su azioni condivise dei partner Ue”; dall’altra, l’impegno dei governi a versare i 500 milioni di euro per riempire il Trust Fund Africa, necessario a proseguire i progetti europei nel Corno, Sahel e Maghreb. C’è da pensare che sia stata la soddisfazione per questa pirotecnica “vittoria” a far mollare il colpo su tutti gli altri fronti.
Nel summit, si è stabilito che “sul territorio dell’Ue chi viene salvato secondo il diritto internazionale debba essere preso in carico sulla base di uno sforzo condiviso, attraverso il trasferimento in centri controllati istituiti in alcuni Stati membri, solo su base volontaria.” Le conclusioni del vertice seguono il volere della cancelliera tedesca Angela Merkel, poiché si chiede agli Stati membri di “cooperare strettamente tra loro” per limitare i movimenti secondari.
L’obiettivo è includere l’Italia in una coalizione di Paesi dal cuore buono, comandata dal presidente francese Emmanuel Macron, dal premier spagnolo Pedro Sánchez e dal Primo Ministro greco Alexīs Tsipras. Quello che interessa la Germania è il respingimento dei rifugiati che si sono trasferiti nel Paese, o in altri stati Ue diversi da quello di primo arrivo (in genere Italia, Grecia e Spagna), perché, per Merkel, “non hanno il diritto di scegliere il loro Paese ospitante.” La dura verità è che l’Italia è costretta ad allestire i centri di identificazione, alla faccia del veto e dei compromessi inaccettabili. Infatti, tra i Paesi europei, potrà avere accesso alla redistribuzione dei richiedenti asilo solo chi ospiterà sul proprio territorio questi nuovi mega hotspot. Per di più, proprio in virtù della legge del buon cuore, l’Italia potrà inviare i rifugiati solo ai partner che li accetteranno “su base volontaria.” Naturalmente con scappellamento a destra.
I leader europei hanno chiesto alla Commissione di Juncker di capire se esista la possibilità di creare “piattaforme” Onu in Africa dove far sbarcare i migranti. Una richiesta effettivamente avanzata dal nostro Paese, e sostenuta anche dall’Austria e dai Paesi Visegrad. C’è un piccolo problema però: nessuno si è azzardato a specificare in quali Paesi verranno installate queste piattaforme. Si dovranno, come è ovvio, avviare negoziati con i Paesi africani, ma come, quando e con chi lo scopriremo solo nella prossima puntata – con buona pace di chi, come Salvini, già sognava gli hotspot in Libia.
Se abbiamo guadagnato una certezza dopo questo Consiglio è questa: non cambierà nulla. Volevamo l’apertura di tutti i porti europei ai barconi, la distribuzione obbligatoria di tutti i migranti – richiedenti asilo ed economici – e invece ci prendiamo una “base volontaria” che, forse un giorno, porterà alcuni paesi europei a farsi carico di un certo numero indefinito di rifugiati. Così sarà fino a quando non verrà riformato il trattato di Dublino, altro acerrimo nemico del governo Lega-M5S. Bene, come chiesto dai Gruppo di Visegrad, il Consiglio europeo ha stabilito che, sulla riforma del regolamento di Dublino, la decisione verrà presa per consenso (all’unanimità degli Stati membri), senza utilizzare la maggioranza qualificata prevista dal trattato. E vista la netta opposizione alla riforma di Austria, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia e Ungheria c’è da essere sicuri che la discussione su Dublino non si farà a breve.
Per finire, Conte ha anche dato il suo benestare al rinnovo senza condizioni delle sanzioni alla Russia. Anche su questo punto, l’Italia farà la voce grossa la prossima volta.
Probabilmente questa débâcle è anche frutto della chiara incapacità diplomatica della delegazione italiana – chi l’avrebbe mai detto, con Rocco Casalino a fare da spin doctor al presidente del Consiglio. Il Primo Ministro italiano, che non aveva mai ricoperto cariche pubbliche e che non gode esattamente di una fama mondiale, era al suo primo vertice del Consiglio europeo, e ha deciso di presentarsi in pompa magna, bloccando tutte le discussioni: prima era necessario risolvere la questione migranti. Una mossa che con la diplomazia ha poco a che fare, e che ha costretto il presidente del Consiglio Donald Tusk e quello della Commissione europea Jean-Claude Juncker a cancellare la conferenza stampa prevista su dazi Usa, innovazione, difesa militare comune e rapporti con la Nato.
Ma grazie alla stampa estera – e non gli ultimi arrivati, ma Politico e il Guardian – è trapelato un aneddoto che rende quasi lapalissiano dire che per Conte & co. sia stato un primo Consiglio da incubo.
Sembra, e nessuno ha ancora affermato il contrario, che nel mezzo della discussione, Conte, lamentandosi del metodo di lavoro dell’Unione, abbia tirato in ballo il proprio curriculum. Glissando per fortuna sulle sue gite a New York, pare che il presidente del Consiglio abbia esclamato “Io sono un professore di Legge”, facendo scoppiare le risate generali e dando il via a una catena di presentazioni: Conte ha così scoperto che il Primo Ministro svedese Stefan Löfven è stato anche un saldatore, e che il Primo Ministro bulgaro Boyko Borisov è un pompiere.
Ma chi si trova nella posizione più scomoda è Matteo Salvini. Già stamattina è stato costretto a dichiarare di non fidarsi del “vediamo che succede“. E dire che sembrava andare tutto per il verso giusto. Negli ultimi giorni si era assistito anche a un riavvicinamento fra Salvini e il giornalismo, quello che gli dà ragione, almeno. Il ministro dell’Interno aveva postato una sua foto con la copertina di Panorama dedicata al Salvini Sceriffo – e c’è anche la versione con nonna Armida. Non sono mancati il titolone di Libero e il “ravveduto” editorialista del Corriere della Sera Antonio Polito, con la sua dichiarazione “bisogna ammettere che sui migranti sta dando una scossa all’Europa.”