Il discorso programmatico della campagna elettorale per le presidenziali del 2020 negli Stati Uniti del senatore democratico Bernie Sanders ha un titolo esemplificativo: Come il socialismo democratico è l’unica via per sconfiggere l’oligarchia e l’autoritarismo. In Gran Bretagna, il leader dei laburisti Jeremy Corbyn ha intercettato l’onda del movimento ambientalista lanciando la Green Industrial Revolution, un programma radicale di contrasto al cambiamento da realizzare in una prospettiva di giustizia sociale.
In Germania, i Verdi e il partito di sinistra radicale Die Linke stanno sfidando il potente Spd con risultati sorprendenti, come quello delle ultime elezioni europee. Lo scorso 26 maggio i Grünen, i Verdi tedeschi, sono diventati il secondo partito del Paese e un recente sondaggio ha confermato che se si votasse oggi sarebbero addirittura il primo, con il 26,5% dei consensi. In Spagna l’alleanza tra il partito socialista di governo Psoe e il movimento Podemos, ha trionfato alle elezioni europee basandosi su cinque punti chiave: l’aumento dell’imposta patrimoniale, l’innalzamento del salario minimo a 900 euro, il taglio delle tasse universitarie e un programma di edilizia popolare, con investimenti pubblici corposi.
In Portogallo, il governo nato nel 2015 è chiamato in modo poco istituzionale geringonça, ossia accozzaglia, perché riunisce i socialisti del primo ministro António Costa, il Bloco de Esquerda e il Partito Comunista Portoghese. Questa coalizione conosce un crescente successo, mettendo in atto una politica poco ortodossa che è riuscita a realizzare tagli e risparmi e a contrastare efficacemente l’evasione fiscale. Costa è riuscito anche a ottenere risultati importanti sui temi dei diritti civili, introducendo l’adozione per le coppie gay e una normativa sul fine vita.
Il successo della sinistra europea non deve mortificare il già provato elettorato progressista italiano, ma stimolare una riflessione. La democrazia non è morta, come ha sentenziato il giornale di approfondimento americano Intelligencer, costola del New York Magazine, all’indomani delle elezioni italiane del 4 marzo 2018. I valori della sinistra non sono anacronistici, come è stato detto più volte, ma spesso però i suoi leader non sono all’altezza del compito che la storia sta affidando loro nel creare una valida alternativa al sovranismo di destra senza cedere a una versione di sinistra del populismo. Il magazine The New Yorker ha pubblicato a giugno un articolo intitolato Perché il socialismo è tornato dove, prendendo a esempio i cambiamenti socio-economici negli Stati Uniti e in Gran Bretagna dai primi anni duemila fino a oggi, sostiene che la recente rinascita della sinistra abbia avuto come motori propulsori tre fattori collegati tra loro: le disuguaglianze economiche, la ricattabilità della politica e la crisi della sua legittimità.
Quando il capitalismo, un sistema che promette a tutti di arricchirsi, si rivela nella sua brutalità e ingiustizia e i cittadini si accorgono che la ricchezza è concentrata nelle mani di poche migliaia di individui, il meccanismo si inceppa e la tensione sociale aumenta. Negli Stati Uniti il punto di rottura è stato il salvataggio di Wall Street tra il 2008 e il 2009 quando i contribuenti sono stati costretti a sostenere coloro che avevano scatenato la crisi finanziaria, mentre le famiglie venivano cacciate dalle loro case per non aver pagato la rata del mutuo. Anche in Italia i cittadini hanno partecipato con il loro denaro al salvataggio delle banche italiane, una vicenda oggetto di scandali e scarsa trasparenza come ha provato anche il lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta della precedente legislatura.
L’onda lunga di questo risentimento popolare ha portato agli attuali governi di Trump negli Stati Uniti e di Di Maio e Salvini in Italia. Ma la rabbia è un sentimento che può essere canalizzato verso il rancore e l’odio, spesso contro le minoranze, o può essere utilizzato per pretendere di cambiare le regole che avvantaggiano una stretta cerchia di persone a discapito del lavoro e dei sacrifici della maggioranza.
In un mondo dove il dossier sulle disuguaglianze globali di Oxfam ha dimostrato che ventisei super miliardari si spartiscono da soli un reddito pari a quello di 3 miliardi e 800 milioni di poveri, discutere degli effetti devastanti del capitalismo senza controllo non è un vezzo da accademici. Come afferma Bernie Sanders, questo significa cercare una soluzione alla povertà, alle diseguaglianze economiche e alla disperazione crescente che si annida tra i lavoratori. Nessuno a Washington o a Londra invoca la statalizzazione dei mezzi di produzione; la nuova sinistra chiede, a livello internazionale, il diritto a un lavoro che garantisca un’esistenza dignitosa, un sistema sanitario di qualità, l’accesso all’istruzione adeguata per tutti, alloggi a prezzi accessibili, il diritto a una pensione sicura e un sistema economico che tenga conto dei bisogni di un Pianeta malato. Altrimenti come disse Martin Luther King parlando degli Stati Uniti, il rischio è quello di vivere in “un Paese socialista per i ricchi e individualista per i poveri”.
La sinistra serve a costruire una coscienza di classe e a non far sentire sole le persone, rischiando di farle cadere nell’individualismo. La demagogia dei sovranisti rende i cittadini una massa indistinta di persone guidate dal rancore, mentre gli ideali della sinistra trasformano i cittadini in lavoratrici e lavoratori consapevoli dei loro diritti, dei loro doveri e del valore della collettività. Sono soprattutto i giovani ad aver bisogno di identificarsi in idee condivise. Tra le elezioni politiche del 4 marzo e le elezioni europee del 26 maggio, il voto espresso dai cittadini italiani tra i 18 e i 34 anni è cambiato, evidenziando una grande confusione e una totale assenza di entusiasmo per le scelte fatte, sintomo della mancanza di riferimenti politici. Alle elezioni politiche del 2018, secondo i dati Ipsos, Lega e M5S hanno raccolto la preferenza di più del 53% dei votanti sotto i 34 anni: il 35,3 % ha scelto Luigi Di Maio, mentre il 17,8% la Lega di Salvini. In occasione delle elezioni europee del 26 maggio i millennials sono passati dal preferire il M5S a Lega e Pd. Sembra che a guidare il voto non sia l’appartenenza politica, ma la ricerca di una forza che risolva i loro problemi, ma purtroppo nessuno sembra in grado di farlo.
In Italia si stanno aggravando anno dopo anno le diseguaglianze sociali: una recente ricerca del World Inequality Database sottolinea che i cinque milioni di italiani più ricchi hanno mediamente un reddito di 90mila euro annui contro i 15mila euro annui dei 25 milioni di italiani più poveri. La differenza economica ha ripercussioni anche sull’opportunità di accedere a un’istruzione di qualità e, di conseguenza, a lavori dignitosi. Nonostante si tratti di una vera emergenza sociale, risolvere la situazione non sembra essere una priorità per l’attuale classe politica.
Questo è uno dei motivi per cui i giovani di sinistra hanno ancora meno punti di riferimento dei coetanei di diverso orientamento politico: pretendono riforme efficaci del mercato del lavoro perché non lasci nessuno indietro, sono sensibili alle tematiche ambientali, sostengono i movimenti femministi e i diritti della comunità LGBTQ+, sono antifascisti ed europeisti, ma in Italia non c’è un progetto politico in grado di convincerli e accoglierli, se non micro partiti che falliscono nella comunicazione e negli intenti. Non tutti i giovani italiani sono progressisti, ovviamente, ma non dare loro un’adeguata rappresentanza è in parte la causa del disastro politico e sociale che stiamo vivendo. Si tratta di un patrimonio di idee, energie e sensibilità che si sta disperdendo per l’incompetenza dei politici e la paura di fare scelte radicali.
Ci troviamo di fronte a un’occasione di portata storica, una grande battaglia contro l’oligarchia e l’autoritarismo a cui la sinistra non può sottrarsi. Come detto da Sanders nel suo discorso: “Da un lato, c’è un gruppo di uomini incredibilmente benestanti e potenti che detengono e controllano una parte significativa dell’economia ed esercitano un’enorme influenza sulla politica. Dall’altra, in opposizione a questo gruppo di potere, c’è un movimento di lavoratori e giovani che combattono per la giustizia”. Nelle esperienze della sinistra all’estero non c’è una formula da imitare pedissequamente in Italia, ma una grande fonte di ispirazione: gli ideali della sinistra non sono morti. Sono morti coloro che dovrebbero difenderli.