Cercare l’occhio del ciclone: questa espressione viene usata comunemente per dire che a qualcuno piace trovarsi nei guai. Ma, almeno all’origine, significava ben altro, quasi l’esatto opposto. L’occhio del ciclone, infatti, è la regione centrale del ciclone dove la pioggia cessa, il vento è moderato e il sole brilla, un’area molto più tranquilla di quella dei suoi vicini investiti dalla tempesta. La mia vita con la sindrome di Tourette si può sintetizzare in questo modo: cerco costantemente di raggiungere un’area di pace relativa, dove posso “togliere la frusta” dal mio corpo e dalla mia mente, allentare le redini. Sapendo che per raggiungere quel posto di tranquillità devo per forza di cosa passare attraverso una vera e propria tempesta, ogni singola volta. Oggi ho quarantuno anni e posso contare le volte che ho raggiunto questa condizione sulle dita di una sola mano, eppure ogni volta questa cosa mi caricava abbastanza per andare avanti per altri 10 anni.
La sindrome di Tourette viene spesso collegata a tic e gesti o suoni fuori luogo. I tourettici sono persone a cui sfuggono azioni fuori contesto, senza che nessuno abbia chiesto loro di farle, più che altro ragazzi e ragazze giovani, “in preda a loro stessi”, fisicamente e mentalmente sani ma che tuttavia non sembrano avere controllo sul loro corpo, come se subissero gesti e suoni che qualcun altro li obbliga a fare. La sensazione che prevale è infatti di essere posseduto da qualcuno che prende il controllo dei tuoi muscoli. Tutto questo è vero, ed è anche vero che per la maggioranza di noi quei tic spariscono gradualmente col passare degli anni. Le persone che hanno scelto di starci vicino, nonostante i nostri corto-circuiti, a quel punto pensano che siamo guariti, ma se fosse davvero così probabilmente ora non sarei qui a scrivere.
Nel senso clinico la sindrome di Tourette è una malattia neuropsichiatrica (colpisce il cervello e il comportamento) caratterizzata dall’emissione, spesso combinata, di rumori e suoni involontari e incontrollati e da movimenti del volto e/o degli arti denominati tic. Di solito compare durante l’infanzia e può persistere in età adulta. In molti casi la sindrome di Tourette è a diffusione famigliare ed è spesso associata al disturbo ossessivo-compulsivo (OCD) o al disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). I tic possono essere vocali e/o fisici, possono anche essere semplici o complessi. I tic sonori semplici consistono in raschiamenti della gola, piccoli mugolii o comunque “suoni” provenienti dalla bocca, dal naso o dalla gola; quelli complessi sono rappresentati da ripetizione di parole o intere frasi. Per quanto riguarda i tic motori semplici comprendono, ad esempio, l’ammiccamento, lo scuotimento della testa, le alzate di spalle; quelli complessi invece si presentano attraverso movimenti più lenti che coinvolgono diversi gruppi muscolari, lo sono il toccare ripetutamente parti del proprio corpo, di quello altrui oppure oggetti, rannicchiarsi, ripetere gesti altrui, fino ad arrivare a gesti autolesionistici come morsi graffi, tagli e percosse. Nei casi più gravi i tic complessi, sia motori che vocali, possono essere decisamente imbarazzanti, in quanto evolvono in manifestazioni di coproprassia – il toccarsi o muoversi in maniera volgare e oscena – o coprolalia –la ripetizione di parole oscene o parolacce ingiustificate e totalmente fuori dal contesto.
Negli ultimi anni, grazie soprattutto agli sforzi dei medici, la divulgazione delle conoscenze e gli studi sempre più puntuali si è iniziato a parlare di “iceberg di Tourette”. I tic, secondo questa visione, sono soltanto la parte immediatamente visibile di una montagna sommersa. Deficit di attenzione e iperattività (ADHD), disturbi del comportamento, disturbo oppositivo provocatorio (DOP), disturbo ossessivo compulsivo (DOC), impulsività, incapacità di gestire rabbia e aggressività: sono tutti disturbi che si rivelano spesso ben più invalidanti dei tic e che comportano difficoltà di attenzione, concentrazione, disturbi del sonno, attacchi di collera e/o di panico, iperattività e determinano caratteristiche difficili da integrare nella norma sociale. Come non ci sono mai due iceberg uguali, poi, è impossibile trovare due tourettici uguali. Ognuno ha un suo schema diverso, ognuno riconosce e si identifica in alcune parti specifiche dell’iceberg. Tutti, però, sembriamo averne in comune una, ed è molto bella perché ci dà una quantità enorme di energia, ma che spesso, purtroppo, porta le persone intorno a noi allo sfinimento.
Questa varietà pressoché infinita di sintomi complica tutto, così come il fatto che la causa della malattia sia ancora sconosciuta. Si crede, tuttavia, che l’origine sia neurologica e associata al malfunzionamento di alcune aree del cervello, note come ”gangli della base”, responsabili del controllo dei movimenti del corpo da un’eccessiva presenza di dopamina. Si ritiene che una persona possa essere predisposta analizzando la famigliarità. Fu così nel mio caso, visto che ho un cugino con la Tourette e ho dubbi sul fatto che la avesse anche mio nonno, ascoltando i racconti del mio papà. Si pensa poi che anche certi traumi possano attivare la sindrome. Problemi durante il parto o la gravidanza, o traumi di qualsiasi genere nei primi anni di vita. In realtà sono speculazioni, in alcuni casi ottime speculazioni, ma tuttavia speculazioni. Da tourettico so bene che abbiamo ancora una lunga strada davanti prima di capire davvero come funziona il nostro cervello. Quindi, non si capisce da dove abbia origine questa sindrome e si sa che la guarigione, in realtà, è una finzione, con buona pace della medicina. La sindrome cambia durante la vita, si trasforma e si nasconde all’esterno una volta che i tic diminuiscono o spariscono completamente. Ma è sempre lì.
Ci sono terapie collaudate o sperimentali, che partono da farmaci nuovi, infinitamente più raffinati rispetto alla roba che io e tanti altri abbiamo dovuto buttare giù. Farmaci che, comunque, come ogni farmaco, hanno effetti collaterali. E dunque tutti noi accettiamo di prenderli sperando in bene, per poi arrivare finalmente a qualche pillola che funziona. Poi esiste la terapia cognitivo-comportamentale, che segue due percorsi principali. “L’inversione di abitudine” è la terapia che comporta il controllo della modalità e della frequenza della comparsa dei tic e individua eventuali sensazioni che li attivano, o li precedono. Lo stadio successivo consiste nel tentare di mettere in atto una strategia alternativa che passi maggiormente inosservata e non provochi disagio alla persona affetta da Tourette. Poi c’è “l’esposizione con prevenzione della risposta” (ERP), terapia che consiste nell’esporre gradatamente il malato al desiderio di mettere in atto determinati tic e di abituarlo a mantenere uno stato di controllo per tempi via via sempre maggiori. Il fine ultimo è che il malato impari a resistere il più a lungo possibile all’impulso dei tic. In teoria, abituarsi progressivamente alla sensazione legata all’urgenza di esprimere un tic, permette di controllarne il bisogno e di attenuare l’ansia collegata. Nei casi particolarmente gravi, ovvero di adulti che non rispondono alle cure, può essere raccomandato un intervento chirurgico specifico: la cosiddetta Stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, DBS), usata per il Parkinson e ora adottata anche per Tourette – ma questa strada si intraprende davvero solo quando tutto il resto fallisce, perché molto invasiva.
Da un lato sono stato molto fortunato ad aver avuto accesso al meglio del meglio dei medici in circolazione subito dopo la diagnosi, quando avevo nove anni, perché ero seguito e avevo dalla mia parte quel carro armato di mio padre, pediatra di formazione, che voleva capire, arrivare a un punto, trovare una soluzione. Sì, le pillole che davano a me, all’inizio degli anni ‘90, facevano schifo, ma era tutto ciò che c’era. I miei tic erano meno presenti ma gli effetti collaterali – disturbi del sonno, vomito, rabbia estrema – hanno fatto sì che dopo qualche anno io abbia deciso di non prenderle più. Tutto il resto era sperimentale. All’epoca, per darvi un’idea, si facevano anche scosse elettriche sul cranio per vedere se si poteva indurre un tic. Sospesi anche questo trattamento dopo qualche mese, dopo aver rotto il naso del medico che mi seguiva con il gomito “a causa di un tic simulato” – le mie scuse, professor Thiery, che credevi fosse un vero tic. Bastava vedere mio padre guardarmi negli occhi per capire tutto, solo che spesso molti medici non sanno davvero “guardare” i propri pazienti. Per quanto riguarda le mamme, invece, è un’altra storia. Occhio alle mamme perché loro si sentono sempre in colpa, pensano di aver fatto qualcosa di sbagliato durante la gravidanza, si sentono in colpa per il parto, per il cibo che ci hanno dato, per la scuola che ci hanno fatto frequentare, eccetera. Non si danno pace finché il loro bambino tourettico o la loro bambina tourettica sembrano farsi una vita tutta loro.
A 14 anni iniziò la mia ricerca dell’occhio del ciclone. La prima volta che l’ho sperimentato per bene era la prima volta che una ragazza si avvicinava a me, che sentivo il suo amore e mi aprivo verso di lei. E bam: quasi niente tic, niente paura o rabbia, camminavo sulle nuvole mentre scoprivo che avevamo lo stesso gusto in fatto di musica. Se prima quando le ragazze che mi piacevano mi prendevano in giro soffrivo, ora sentivo che con lei era tutto diverso. Anche lo sport mi faceva stare bene. L’endorfina che si produce quando i muscoli ti supplicano di smettere ma tu, come un bravo tourettico dai un altro colpo di frusta perché sai che dopo quando sarai a casa fisicamente sfinito non avrai tic, non avrai disturbi vari. Per qualche ora sei sereno, sei nell’occhio del tuo ciclone. Comunque, per sempre meno tempo rispetto al provare amore.
Io preferisco la vita con Tourette. Ci sarà anche una varietà infinita di sintomi, ma ci sono elementi che abbiamo in comune, aspetti che ci uniscono una volta che li abbiamo capiti, e al tempo stesso ci rendono davvero unici.
Sì, saremmo anche affamati di impulsi, di novità, di energia che accumuliamo e che spendiamo in quantità assurda. Sì, in un singolo giorno possiamo viaggiare tra depressione e felicità assoluta per almeno dieci volte. Sì, litighiamo spesso con i nostri cari, ma ci sentiamo davvero male quando li deludiamo. E sì, non sopportiamo le critiche perché chi di solito ce le fa non capisce quanti sforzi e quanta forza ci serva per essere “normali” ai loro occhi.
La parola “stabilità” mi fa ridere, l’ho sempre desiderata ma temo che una volta raggiunta completamente una parte di me possa morire. La vita con Tourette porta con sé aspetti che le persone che non ne soffrono non possono capire: l’arte di vivere una vita a pieno, di provare emozioni a un livello sconosciuto per gli altri. Una canzone, un gesto, una situazione o un posto specifico possono portarci in una sorta di trance. Quando tutti i tuoi muscoli si rilassano e ti senti come se un liquido tiepido attraversasse il tuo corpo sciogliendo ogni tensione. L’intensità di queste emozioni, dovute allo sport, alla musica o a qualsiasi altra cosa diventa allora il tuo mantra.
In realtà, quando per superare la tua sindrome sei costretto a conoscere te stesso a un livello così profondo, impari a usare tutto quello che hai dentro. E qualunque cosa o chiunque limiti il tuo essere verrà allontanato. Siamo esseri netti: se sei amico lo sei davvero. Se vi amiamo non esiste una via di mezzo al nostro attaccamento: o tutto o niente. La vita con Tourette è complicata, piena di ostacoli che non abbiamo meritato. Ma per vivere su questo livello e provare, anche solo per una volta, ciò che si prova all’interno del tuo occhio del ciclone devi per forza trovare il coraggio per attraversare prima la tempesta.
Fabrizio Barillari è parte del comitato direttivo di A.I.S.T. Onlus, promotrice della divulgazione della conoscenza della Sindrome di Tourette nel mondo.