Sabato 4 marzo Sergej Skripal viene trovato agonizzante su una panchina del centro commerciale The Maltings di Salisbury, piccola città nel Whiltshire, a sud-est di Londra. Con lui c’è la figlia Yulia, 33 anni, in condizioni altrettanto critiche. Vengono trasportati immediatamente all’ospedale. I paralleli con il caso che nel 2006 ha coinvolto l’ex agente dell’FSB, Aleksandr Litvinenko, avvelenato con il polonio, sorgono immediati. Come Litvinenko, Skripal era un ex agente russo, del GRU, l’organo di intelligence militare russo. Entrambi espatriati a Londra, entrambi collaboratori dell’MI6 – l’agenzia inglese di spionaggio per l’estero. Entrambi avvelenati. La conferma nel caso di Skripal è arrivata mercoledì, quando in una conferenza stampa Scotland Yard ha fatto sapere di aver aperto un’indagine per “tentato omicidio con agente nervino”. C’è chi parla di gas sarin, chi parla di VX, altro agente nervino utilizzato per uccidere il fratellastro di Kim Jong-Un l’anno scorso in Malesia. È ancora troppo presto per avere dettagli più specifici, così come è troppo presto per sapere con certezza se l’ex agente russo sopravviverà all’attacco.
Sergej Skripal, ex colonnello dell’esercito russo e funzionario del GRU, è stato accusato nell’agosto del 2006 di aver trasmesso all’MI6 le identità di numerosi agenti segreti russi che lavoravano sotto copertura in Europa. La sentenza: 13 anni di carcere. Nel 2010 arriva la grazia dell’allora Presidente Dmitry Medvedev e Skripal, insieme ad altri 3 detenuti russi accusati di spionaggio, può lasciare il Paese per essere scambiato con 10 agenti russi arrestati sul suolo statunitense. L’operazione avviene sulla pista d’atterraggio dell’aeroporto di Vienna. Da quel momento si trasferisce nel Regno Unito, dove trascorre una vita tranquilla. Almeno in apparenza. Nel 2012 infatti la moglie Lyudmila muore in un incidente stradale, nel 2016 il fratello Valeri è deceduto a seguito di una perdita di peso improvvisa e sospetta, l’anno dopo anche il figlio Aleksandr muore per uno scontro automobilistico. In tutti questi casi si è parlato di possibili interventi esterni. A Skripal rimane solo la figlia Yulia.
Il fatto che Skripal sia stato avvelenato è uno dei fattori chiave di tutta la vicenda. “Il veleno è considerato il mezzo di eliminazione ‘preferito’ dei servizi segreti russi,” spiega a The Vision Yuri Felshtinsky. Lo storico russo espatriato negli Stati Uniti è co-autore con Aleksandr Litvinenko di Blowing Up Russia, il libro che potrebbe aver costituito uno dei moventi per l’assassinio della spia russa nel 2006, e in cui si rivela il coinvolgimento del governo russo negli attacchi terroristici del 1999, per cui furono inizialmente accusati i separatisti ceceni e che giustificarono il secondo intervento russo in Cecenia nello stesso anno.
Felshtinsky spiega che l’eliminazione di avversari politici tramite veleno ha numerosi vantaggi per gli assassini: agendo a distanza di tempo, permette ai responsabili di allontanarsi dalla scena del crimine, ostacolando di conseguenza le indagini. Nel caso di Litvinenko, la somministrazione della sostanza radioattiva polonio-210 sarebbe avvenuta il primo novembre, ma l’agente si è presentato al Barnet General Hospital di Londra solo due giorni dopo. In questo modo gli agenti Andrej Lugovoj e Dmitry Kovtun, con cui Litvinenko aveva pranzato poche ore prima di sentirsi male e accusati poi dalla magistratura britannica di essere i responsabili dell’avvelenamento, hanno avuto tutto il tempo di tornare a Mosca, al riparo da richieste di estradizione. Solo dopo l’avvenuta morte di Litvinenko, il 23 novembre del 2006, è stato possibile identificare la sostanza radioattiva utilizzata.
Secondo Felshtinsky, sia la morte della moglie che del figlio di Skripal non sarebbero casuali. E non è l’unico a pensarlo: Scotland Yard infatti tratterà le due vicende come parte dell’indagine su Skripal, riporta il Times. Se così fosse, l’ex agente russo avrebbe subito la stessa sorte spettata a Lev Trotskij, i cui figli – Lev e Sergej – sarebbero stati fatti assassinare da Stalin tra il 1938 e il 1939. La morte del figlio Aleksandr, dovuta a un presunto incidente stradale mentre era in viaggio con la fidanzata da Mosca a San Pietroburgo, diventerebbe dunque un collegamento in più con la Russia. A questo punto torna a essere saliente un elemento: Skripal era l’unico delle quattro spie scambiate nel 2010 ad appartenere al GRU, e non all’FSB. “Forse – chi può saperlo – il GRU non era d’accordo con questo scambio,” spiega Felshtinsky.
Per capire se la Russia, o cittadini russi, siano implicati nella vicenda (nel primo caso la responsabilità cadrebbe su un governo straniero, nel secondo potrebbe trattarsi di interessi privati), bisogna osservare la risposta del Cremlino ai recenti fatti di Salisbury. “Nel caso di Litvinenko, gli indizi più importanti erano stati forniti dalla Russia stessa,” racconta Felshtinsky, “Conferenze stampa a cui ha partecipato lo stesso Lugovoj, il principale indiziato; versioni alternative della vicenda fatte circolare ad arte nella stampa internazionale, in cui si sosteneva un presunto coinvolgimento della stessa Gran Bretagna nell’avvelenamento. Poi Andrej Lugovoj è stato eletto membro della Duma, così da garantirgli l’immunità. Qualche anno dopo ha anche ricevuto una medaglia da Putin. Ha iniziato a gestire un’attività di grande successo, che l’ha fatto diventare miliardario. Tutta la vicenda è diventata, nel giro di poco, ridicola”.
Anche nel caso di Skripal qualcosa si sta muovendo già da qualche giorno. L’account Twitter dell’ambasciata russa di Londra ha pubblicato un post in cui si fa notare che Skripal, come Berezovsky, morto nel 2013, e Perepilichny, deceduto nel 2012, collaboravano con l’MI6. Lo stesso Andrej Lugovoj ha rilasciato una dichiarazione in cui parla di un “piano britannico per demonizzare Londra”. Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha definito quanto accaduto “pura propaganda, pura fomentazione di un’isteria collettiva”. “Sono già iniziate le operazioni di controllo dei danni,” spiega Felshtinsky, “Si tratta di affermazioni legittime, versioni alternative ma plausibili della storia. Per quanto poco credibili, hanno comunque l’effetto di lasciare un margine di manovra al Cremlino. Se qualche giornalista farà domande a Putin circa il caso Skripal durante una conferenza stampa, questo potrà sempre rispondergli ‘Ma non lo sai? Sembra sia stato l’MI6’ o ‘Dicono sia stato tutto un incidente’. Il punto è: ogni volta che il Cremlino inizia a muoversi, diffonde informazioni che indicano che, in un modo o nell’altro, ha avuto un qualche ruolo nella partita.”
Per quanto la Russia sia al momento in una posizione di potere tale da non doversi curare troppo dell’opinione della comunità internazionale, lo spettro delle sanzioni rimane. Il Magnitsky Act, norma introdotta negli USA nel 2012, prevede il congelamento dei patrimoni di tutti coloro accusati di corruzione o di violazione dei diritti umani. Qualora applicato quindi, sarebbe un duro colpo per Mosca. E il governo inglese ha già ventilato la possibile implementazione di una versione britannica della norma.
Se la Russia fosse implicata nella vicenda, bisognerebbe presupporre necessariamente la conoscenza della pianificazione dell’assassinio da parte del Presidente Putin, o una sua autorizazzione all’uccisione di Skripal? “A differenza del 2006, non credo che oggi Putin venga interpellato o previamente informato di episodi per così dire ‘minori’” ammette Felshtinsky. “Va considerato però il fatto che il GRU dipende dal Ministero della Difesa, diretto da Sergej Kužugetovič Šojgu, un uomo molto semplice e primitivo, che non ha alcuna esperienza militare. Fa parte della cerchia ristretta di Putin, che l’ha messo a capo del ministero. Trovo difficile credere che un membro del GRU possa assumere eventuali iniziative senza l’approvazione di Šojgu, così come non penso che quest’ultimo faccia nulla senza senza confrontarsi con il Presidente. Qualora vi fossero invece responsabilità dell’FSB, allora sarebbe possibile ipotizzare che si sia agito senza l’autorizzazione del Cremlino,” considera Felshtinsky.
A tutto questo, al momento, mancano i necessari riscontri. Le indagini sulla sostanza utilizzata per attaccare Skripal continuano, ma se andranno avanti come nel caso di Aleksandr Litvinenko bisognerà aspettare mesi, forse anni, prima di avere una conferma definitiva – gli aggiornamenti si susseguono incalzanti e Salisbury ormai è una città interamente transennata. Intanto, le possibili spiegazioni di quanto accaduto a Skripal si moltiplicano a ritmo esponenziale, mentre il Cremlino si sposta sempre più sulla difensiva e le relazioni con la Gran Bretagna, già tese, diventano sempre più ostili. Come se non bastasse, l’account Twitter dell’ambasciata russa a Londra in questi giorni si diverte a trollare senza alcuna pietà il pubblico inglese, con post al limite del surreale. Dovremo aspettare ancora molto per avere delle risposte certe, forse non le avremo mai. Secondo Felshtinsky una cosa è sicura: “L’assassinio di un rivale politico, che si tratti di Anna Politkovskaja nel 2006 o di Boris Nemtsov nel 2015, andrebbe letto come un avvertimento. È una delle regole fondamentali dei servizi segreti russi – FSB e GRU – che risale al KGB dell’era sovietica e al NKVD dell’era di Stalin.” Del resto, commentando il caso Skripal, lo stesso Putin ha detto: “Chi ci dà del veleno, finirà per avvelenarsi”.