La Finlandia ha dato una casa a tutti i senzatetto del Paese, noi aspettiamo li aiuti la Provvidenza - THE VISION

Entro il 2027 non ci saranno più persone costrette a vivere per strada in Finlandia. Nella capitale Helsinki il termine ultimo è ancora più vicino: 2025, questo l’obiettivo ambizioso del governo finlandese. Il progetto è nato grazie alla collaborazione con Y-Foundation, organizzazione non profit con sede a Helsinki, che dagli anni Ottanta aiuta una delle comunità più emarginate del Paese, le persone involontariamente senzatetto appunto, a trovare una casa dove vivere e a ripartire da zero. “Qui non ci sono persone senzatetto in strada,” ha spiegato Juha Kahila, attivista a capo degli affari internazionali di Y-Foundation. Citando gli ultimi dati del governo, Kahila afferma che ci sono circa 2200 persone senzatetto nella “Grande Helsinki”, la regione dove si trova la capitale, che conta una popolazione totale di 1,5 milioni di persone. In tutto il Paese, il numero totale di persone senzatetto, nel 2021, era pari a circa 3900, una popolazione più che dimezzata dal 2009 e con 393 persone in meno rispetto all’anno precedente. 

In generale, il numero di persone senzatetto in Finlandia è costantemente diminuito negli ultimi tre decenni, passando dagli oltre 16mila nel 1989 a meno di 4mila, ovvero lo 0,08% della popolazione. Si tratta di un numero molto basso, anche se paragonato con quello della Svezia e dei Paesi Bassi, dove la percentuale è rispettivamente dello 0,33% e dello 0,23%, soprattutto considerando che la Finlandia utilizza una definizione relativamente ampia di “persone senzatetto”, che include nel conteggio ufficiale anche coloro che vivono temporaneamente con amici e parenti. Questo risultato straordinario si basa su una strategia precisa e molto efficace: l’Housing First, un concetto nato a New York nei primi anni Novanta e ora perfezionato dai finlandesi. Lo scopo è chiaro: fornire alle persone senza fissa dimora un alloggio immediato, indipendente e permanente al posto di un alloggio temporaneo. Il sistema si basa su un’idea rivoluzionaria che rovescia il paradigma del “modello a scale”, ribattezzato “porta girevole” dai critici, secondo il quale un senzatetto deve prima trovare un lavoro per poter avere accesso a una casa. La politica dell’Housing First ribalta questa idea e, mossa dalla convinzione che avere un tetto sopra la testa sia un diritto fondamentale, fornisce in primo luogo un alloggio a chi non ce l’ha, senza precondizioni, mettendo le persone nella posizione di ricostruire la propria vita, passo dopo passo. In Finlandia il modello funziona grazie alla collaborazione fra Stato, Ong e servizi sociali. Da oltre trent’anni, infatti, la Y-Foundation acquista appartamenti disponibili sul mercato e li utilizza poi come rifugi o alloggi assistiti in affitto per le persone senzatetto. Per implementare al meglio il modello, in questi ultimi anni lo Stato, i comuni e le città hanno inoltre acquistato o sovvenzionato la costruzione di alloggi con prezzi abbordabili per le persone più svantaggiate. La Finlandia ha potuto applicare questo programma grazie all’esistenza di un efficiente sistema di welfare basato sull’erogazione di diverse prestazioni sociali, come il sussidio di disoccupazione, l’assistenza sociale e l’indennità di alloggio, che aiutano le persone a non finire per strada dopo aver perso il lavoro o dopo essersi gravemente ammalate. Grazie a questo sistema, dal 1987 al 2021, 12mila persone senzatetto hanno ricevuto una casa.

La seconda parte del progetto prevede servizi di supporto e di recupero e il reinserimento di persone senzatetto nella società. Nel corso degli anni la Y-Foundation è diventata il quarto più grande proprietario terriero del Paese, acquisendo proprietà in tutta la Finlandia con l’obiettivo specifico di ospitare le persone senzatetto. Inizialmente, la Fondazione ha utilizzato fondi pubblici e privati per acquisire le proprietà, ma negli ultimi anni, le risorse arrivano direttamente dagli inquilini ex senzatetto che pagano regolarmente l’affitto. Una cifra che supera i 100 milioni di euro all’anno e che rende il modello del tutto autosufficiente. Nel suo ultimo rendiconto finanziario, Y-Foundation infatti ha dichiarato di gestire ben 18mila proprietà che ospitano 26mila inquilini e che l’operazione viene gestita con profitto. In quanto non profit, inoltre, i fondi in eccedenza vengono reinvestiti nella Fondazione.

“Mantenere le persone senza casa, invece di fornirgliene una, è sempre più costoso per la società,” ha spiegato Juha Kaakinen, Ceo di Y-Foundation. Gli studi del Centro Finlandese per la Finanza e lo Sviluppo dell’Edilizia Abitativa (ARA) hanno confrontato i costi derivanti dai servizi che le persone senzatetto utilizzavano quando erano senza una casa (come assistenza sanitaria di emergenza, polizia, sistema giudiziario, eccetera) con quelli necessari alle stesse persone quando ottengono un alloggio fisso, arrivando alla conclusione che “quando un senzatetto ottiene una casa permanente, anche con il sostegno economico, il risparmio sui costi per la società è di almeno 15mila euro per persona all’anno”, come ha dichiarato Kaakinen. Questa soluzione ha permesso non solo di ridurre la popolazione di persone senzatetto per le strade, ma anche di abbattere il loro rischio di ammalarsi, di commettere crimini, di dover usufruire dei servizi di pronto soccorso, di disintossicazione e di assistenza psichiatrica. Uno studio realizzato a Calgary e un altro a Denver hanno dimostrato che per ogni dollaro speso per iniziative simili in queste regioni, i risparmi per la comunità si sono moltiplicati. Gli economisti dell’Ocse hanno definito il modello finlandese “un notevole successo”, citando la sua capacità di ridurre il numero delle persone senzatetto nonostante una crisi finanziaria globale, l’emergenza dei rifugiati in Europa, la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina.

Visto il successo riscosso dal modello finlandese, negli ultimi anni diversi think tank, politici e sindaci si sono recati in prima persona in Finlandia per studiare da vicino il programma. Fra questi c’è anche Andy Burnham, sindaco di Manchester, la cui amministrazione si è prefissata di eliminare il problema delle persone che dormono per strada nella regione, una delle più popolose della Gran Bretagna. “Quando ho deciso di porre fine al fenomeno delle persone senzatetto, la mia priorità assoluta, ho perso rapidamente il conto del numero di persone che mi ripetevano: ‘Devi andare in Finlandia’”,  ha scritto il sindaco sul suo blog nel 2019. Prendendo spunto proprio dal modello finlandese, negli anni successivi Manchester ha sviluppato una politica di successo di Housing First, con la quale ha aiutato più di 300 persone senzatetto a trovare un alloggio permanente. A giugno 2022, il programma ha stanziato altri 6,3 milioni di sterline (8,8 milioni di euro) di finanziamenti governativi, sufficienti a sostenere l’iniziativa per altri due anni.

Andy Burnham

Anche città come Liverpool e Austin hanno sviluppato nuovi modelli, sempre sulla base del principio Housing First, per far fronte al fenomeno delle persone senzatetto: hanno dato vita ad alleanze virtuose tra attori pubblici e privati, coinvolgendo team di esperti che lavorano sul campo con le persone senza fissa dimora, cercando soluzioni permanenti al problema. Attualmente nell’Ue le persone che vivono per strada sono 700mila, con un aumento del 70% negli ultimi dieci anni. Il Parlamento europeo, in una risoluzione del 2020, ha chiesto alla Commissione un’azione più forte di contrasto alla criminalizzazione di questi soggetti, attuata anche dall’Italia, e la risoluzione del fenomeno entro il 2030. Per riuscire nell’impresa, l’Assemblea ha raccomandato la creazione di un quadro comunitario di strategie nazionali, il quale prevede pari accesso ai servizi pubblici come l’istruzione, l’assistenza sanitaria e i servizi sociali, integrazione nel mercato del lavoro, formazione, assistenza finanziaria alle Ong, supporto delle autorità locali per la creazione di spazi sicuri, prevenzione degli sfratti, oltre a programmi di edilizia abitativa più accoglienti e accessibili, utilizzando le risorse comunitarie disponibili.

In Italia le persone senza tetto, senza fissa dimora o che vivono nei campi attrezzati e negli insediamenti tollerati o spontanei sono quadruplicate in dieci anni: nel 2011 erano 125mila e oggi superano il mezzo milione. Nel 2014, è stata realizzata un’indagine in 158 comuni sulla condizione delle persone che vivono in povertà estrema. Dall’indagine è emerso che, nei mesi di novembre e dicembre 2014, oltre 50mila persone senza fissa dimora hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna, il 2,43 per mille della popolazione iscritta presso i comuni considerati, un dato in aumento rispetto al 2011, quando era il 2,31 per mille (47mila e 648 persone). Un quadro progressivamente peggiorato nel corso degli anni a causa della crisi finanziaria, dell’inflazione e della pandemia, che hanno contribuito all’impoverimento di vari strati della popolazione, con una maggiore difficoltà nell’ottenere o nel mantenere un alloggio.

Anche il Parlamento europeo ha denunciato le pratiche di criminalizzazione che durante la pandemia sono state messe in atto in alcuni Stati, tra cui il nostro, e che sono state raccolte nel report “Quinta panoramica dell’esclusione abitativa in Europa 2020”, realizzato dalla Feantsa, network che riunisce le associazioni che si battono per la fine del fenomeno delle persone senzatetto. Nel testo si legge che “diversi stati europei, come Francia, Spagna e Italia, hanno introdotto moduli di autocertificazione per cui deve essere fornita la ragione per cui una persona ha lasciato la propria casa, con sanzioni applicabili laddove ciò sia ritenuto ingiustificato”. Sempre secondo le associazioni, però, “per definizione, le persone senza dimora non dovrebbero essere punite per il mancato rispetto delle misure di confinamento e a loro dovrebbero essere offerte alternative sicure”.

Il report analizza anche il fenomeno dei migranti senzatetto, che vengono doppiamente discriminati: in primis per l’ingresso irregolare nel Paese di arrivo, in secundis perché non hanno una casa e vivono per strada. Misure severe contro le persone senza fissa dimora sono state adottate negli ultimi anni anche in Ungheria e in Tennessee, dove per una questione di “decoro urbano” l’atto di dormire per strada o nei parchi è stato criminalizzato, portando all’incarcerazione di un gran numero di persone senzatetto. Come ha affermato l’Ad di Y-Foundation, in un intervento al TEDxBratislava nel 2015, le misure per rinchiudere le persone senzatetto “non sono molto efficaci. Costano molto e non sono neanche umane”.

Il successo dell’Housing First finlandese è dovuto alla somma di diversi fattori: una virtuosa collaborazione tra pubblico e privato, un sistema di welfare tra i più avanzati al mondo e un’azione politica lungimirante e coesa, capace di andare di là dei singoli schieramenti e posizioni; tutti elementi che hanno permesso al servizio di entrare in funzione e di essere mantenuto dal 2008 a oggi, con ottimi risultati. Un modello che dovremmo prendere anche noi come esempio, anziché continuare a criminalizzare ed emarginare chi per varie ragioni si è trovato ad appartenere a una categoria di invisibili. Far finta di niente o aspettare che le persone senzatetto riescano a cambiare da sole la propria condizione è un approccio assurdo, miope e ingenuo che non solo non risolve il problema ma addirittura lo aumenta, con il numero di persone senza fissa dimora che continua a crescere di anno in anno in una spirale di miseria e discriminazione sociale che sembra non avere fine.

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