La gogna nasce nel Medioevo come strumento di tortura. Consisteva in un collare in ferro stretto alla gola di un condannato che veniva esposto “alla berlina”, e cioè di fronte a un pubblico, spesso su un palco. Di antica origine barbarica, era una pena infamante complementare al carcere che veniva riservata ai truffatori, ai mezzani e ai falliti e aveva soprattutto lo scopo di rendere note le persone giudicate pericolose, e di offrire al popolo la libertà d’infierire sul condannato, coprendolo d’insulti, sputi e percosse. Uno dei primi a biasimare questa pratica in quanto fortemente lesiva della dignità personale fu l’italianissimo Cesare Beccaria, nel 1764, nel suo trattato “Dei delitti e delle pene“. La gogna fu poi abolita più o meno in tutti i Paesi in cui veniva utilizzata dopo la Rivoluzione francese. Nel 2019 però, questo strumento medievale è tornato di gran moda. E il merito è del tutto ascrivibile al vicepresidente del Consiglio, nonché ministro dell’Interno, oltre che líder máximo della Lega e Capitano, Matteo Salvini da Milano.
In questi giorni il ministro si trova in Sardegna per concludere il suo tour elettorale in vista delle imminenti elezioni. In uno dei suoi comizi si è imbattuto in un gruppo di ragazzi, che in maniera pacifica manifestava contro di lui intonando Bella Ciao. Una provocazione troppo grande per chi ritiene quella canzone un insulto, e così il ministro del’Interno – o il suo fido responsabile della comunicazione Luca Morisi – ha deciso per l’ennesima volta di mettere in moto una delle sue armi preferite: la gogna, appunto. A social unificati, ha pubblicato la foto dei pericolosi facinorosi: una ragazza e un ragazzo, lei sventola la bandiera della pace, lui con il viso in parte nascosto dal disegno di un uomo stilizzato su un foglio verde. Due armi davvero inquietanti.
I due sono evidentemente molto giovani, Salvini tuttavia non si è fatto scrupoli e ha aggiunto il solito copy beffeggiatorio: “La solita foltissima protesta incontrata stamattina in Sardegna, con pugno chiuso e ‘Bella Ciao’, perfetto duetto per il prossimo Sanremo! Un bacione anche a loro!“
Ovviamente Salvini non si è minimamente posto il dubbio che i ragazzi potessero essere dei minori. In qualità di giornalista iscritto al’Ordine dal 1999, dovrebbe sapere che quando si tratta di minori l’obbligo, sancito dalla Carta di Treviso, è quello di dare la priorità alla loro tutela. Ma per fortuna si è scoperto, solo in un secondo momento e a gogna già avviata, che i due ragazzi sono appena maggiorenni. In qualità di rappresentate dello Stato italiano, il ministro dovrebbe sapere inoltre che il diritto alla privacy è tutelato dalla legge e, soprattutto, che quello a manifestare liberamente è un diritto garantito dall’articolo 21 della nostra Costituzione, che sancisce che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Tuttavia si è già avuto modo di constatare come per Salvini le regole, o le leggi, siano interpretabili e relative.
Che infranga il silenzio elettorale o che trattenga per giorni su una nave della Guardia costiera 177 persone non importa, tanto c’è l’immunità. Anche questa volta i “bacioni” sono stati la parola d’ordine per scatenare i suoi ultras, che non si sono risparmiati. Scorrendo i commenti si riconosce l’intera fauna: chi sostiene che il ragazzo abbia un’espressione da “beota”, chi invece che la ragazza sembri “una tossica”. Insomma, il solito pot pourri di bigottismo e dabbenaggine. Proprio fra i commenti però, qualcuno ha fatto notare che il ragazzo sbeffeggiato dal ministro è affetto da autismo, particolare confermato anche dalla ragazza della foto. E la cosa più assurda è che il team guidato da Luca Morisi ha pensato bene di rimuovere il commento dal SMM di Salvini, che ha provveduto a bannare l’autore del messaggio – una pratica abituale nei confronti dei commenti a lui sgraditi, segnalata da molti. Questo particolare esemplifica perfettamente il comportamento inadeguato di chi avrebbe il compito di rappresentare lo Stato italiano.
La funzione dei post contra personam è quella di rafforzare, per contrasto, il senso di identità dei sostenitori della Lega, per tracciare in modo palese un solco fra “noi” e “loro”, traslando dal generale allo specifico il mantra di mussoliniana memoria, tanto caro a Salvini, “Molti nemici molto onore”. È fondamentale dare un volto a questi nemici – che è bene ricordare sono solo dei ragazzi del liceo – con post che diventano la moderna versione dei cartelli “wanted” del Far West. Loro, quelli che cantano Bella Ciao, diventano i nemici della patria perché traditori dell’interesse italico, quello che il ministro dice di aver fatto valere contro 177 migranti salvati in mare. Ecco che in questo modo si consolida l’identità del suo gruppo che diventa tribù, un esercito guidato da chi si fa chiamare, per l’appunto, Capitano. I post con le facce dei nemici – siano essi minori, cantanti, artisti, chef, francesi, tedeschi e così via – diventano i puntelli su cui convogliare un sentimento l’odio represso di un elettorato incattivito. Per questo Salvini non cancella mai questi post, anche se palesemente in contrasto con la legge. Come quando il 19 novembre 2018 aveva postato sulle sue pagine social la foto di tre studentesse minorenni ritratte in centro a Milano, con in didascalia, a “comunicato ministeriale”: “Poverette, ridono pure…”. Anche quella volta si era scatenata la solita valanga di minacce e insulti, a partire dalla pagina ufficiale del ministro dell’Interno, senza che questi, nemmeno i più violenti, venissero cancellati o moderati. E quel post è ancora lì, in bella vista, nonostante il 21 novembre sia stata depositata un’interrogazione parlamentare – alla quale nessuno ha mai risposto, tanto che risulta ad oggi ancora “In corso”. D’altronde, quando sei così preso dal farti regalare ricotta, melanzane e finocchi in giro per l’Italia, il tempo per sedersi in Parlamento a fare il tuo lavoro è poco.
L’acredine di Salvini nei confronti dei più giovani è davvero singolare per un ministro che parla “da papà” e che sembra così interessato a dare di sé l’immagine del buon pater familias, come quando posta una foto che lo ritrae al parco mentre gioca sul trenino con sua figlia, ovviamente con indosso l’immancabile giubbotto della Polizia, quello che sembra un quadretto che ha il sapore di uno spot pro Tav, con tanto di esclamazione “Bello il treno!”. Ecco, sono convinto che nessun figlio dovrebbe essere mai esposto a strumentalizzazioni per fini politici da parte dei genitori e che nessun genitore dovrebbe mai esporre degli adolescenti, dei giovani liceali, agli insulti e alle minacce del proprio esercito di sostenitori.
È un comportamento semplicemente riprovevole. Salvini parlerà anche da papà, ma è ormai chiaro la sua scarsa considerazione nei confronti dei figli altrui. E lo dimostra non solo con i suoi post denigratori, ma anche con risposte come quella di ieri data alla madre del ragazzo di origine senegalese cui era stata rivolta la scritta “Ammazza al Negar”, uccidi il “negro”. “La signora rispetti la richiesta di sicurezza e legalità che arriva dagli italiani,” ha detto Salvini. Sarebbe utile che il ministro spiegasse in che modo ritiene normale che questa ipotetica richiesta di legalità si traduca poi nell’incitamento all’omicidio di un ragazzo la cui unica colpa è di essere straniero.
Nel suo libello intitolato “Inno alla Gogna”, Daniel Defoe, autore di Robinson Crusoe e anche lui passato dalla gogna, definisce questa pratica una “geroglifica macchina di Stato, diabolico congegno, incomprensibile a chi è onesto. Emblema non di giustizia ma del suo contrario. Ignominioso e incivile strumento di tortura, cassa di risonanza e amplificazione della malizia umana che ha solo sete di vendetta e gode del dolore altrui”. Parole che spiegano perfettamente perché questo strumento medievale sia così amato da chi oggi alla politica preferisce la mera propaganda.