Inflazione, lavoro, pensioni, fonti rinnovabili, nucleare, bollette, flat tax, immigrazione, sicurezza, diritti civili, siccità. I temi al centro della campagna elettorale, che accendono il dibattito pubblico e mediatico in questi giorni, sono tanti. Tra questi c’è però una grande assente, che dovrebbe essere invece fra le priorità – al pari delle altre – della nostra classe politica: la salute mentale e la sua tutela. Complici la pandemia, la crisi economica, sociale e climatica che stiamo attraversando e talvolta l’abuso dei social network, i casi di disturbi mentali, soprattutto fra i più giovani, continuano a essere in aumento, di fronte all’indifferenza o all’incapacità di intervento delle istituzioni. Ne è un esempio il post pubblicato su LinkedIn – poi rimosso – da un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri in merito alla morte del tredicenne di Gragnano, per il quale sono indagati per istigazione al suicidio due maggiorenni e quattro minorenni: “Un ragazzino si suicida e psicoterapeuti sproloquiano in tv sul fatto che le parole sono armi e che c’entra il bullismo. Senza pensare che se allevi conigli non puoi pretendere leoni”, avrebbe scritto il carabiniere. Parole sconcertanti, che denotano la totale mancanza di conoscenza della materia in questione e i soliti vecchi – ma ancora forti – pregiudizi sul tema dei disturbi mentali.
In Europa, 9 milioni di adolescenti tra i 10 e i 19 anni convivono con un disturbo legato alla salute mentale – ansia e depressione in oltre la metà dei casi – mentre il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani: in media, tre ragazzi al giorno si tolgono la vita. È quanto è stato riscontrato dall’ultimo rapporto UNICEF “La condizione dell’infanzia nel mondo 2021 – Nella mia mente”. Nel nostro Paese, secondo gli ultimi dati rilasciati dall’organizzazione di volontariato Telefono Amico Italia, nel 2021 le richieste d’aiuto sono cresciute del 55% rispetto al 2020 e quasi quadruplicate rispetto al 2019. A preoccupare, in particolare, il fatto che il 28% del totale delle richieste sia arrivato da under 26. Dati confermati anche dal rapporto Istat del 2021, nel quale si legge che i giovani fra i 14 e i 19 anni, lamentano peggiori condizioni di malessere psicologico: in 220mila – circa il 10% del totale – hanno affermato di essere insoddisfatti della propria vita, così come delle loro relazioni interpersonali, familiari e della propria salute. Un dato preoccupante, che mostra come un numero importante di giovani si trovi in una situazione di difficoltà emotiva, confermata dalla presenza – attorno al 10% – di forme depressive o ansiose.
Nonostante questi dati drammatici, i programmi presentati dai partiti in occasione delle prossime elezioni rispecchiano per la maggior parte la sottovalutazione del problema, soprattutto a destra. Il tema della salute mentale, infatti, è presente in questa campagna elettorale, ma giusto come accenno con proposte vaghe o irrealizzabili, anche se con importanti differenze. La coalizione di centrodestra – tranne la Lega che accenna a un Piano sperimentale quadriennale per la salute mentale e individua nei disturbi mentali severi e complessi il target principale di questo piano – non ne fa cenno. I Cinque Stelle propongono di introdurre la figura dello psicologo di base e di aumentare il numero di psicologi e pedagogisti nelle scuole. La coalizione di centrosinistra è quella che dedica più spazio al tema, puntando su un piano straordinario per la salute mentale e sullo sviluppo di Centri di salute mentale fortemente radicati sul territorio, sull’istituzione di uno psicologo per le cure primarie, su voucher aziendali per la prevenzione e la cura dello stress da lavoro e fra le altre cose anche sull’istituzione di una guardia psichiatrica h24. Infine, il Terzo Polo accenna solo alla figura dello psicologo di base. Nella maggior parte dei casi, però, non viene spiegato con quali fondi verrebbero finanziate queste misure. Solo nel programma del PD e in quello del Terzo Polo si parla di una generica ottimizzazione dei fondi ordinari, a quelli Ue della programmazione 2021-2027 e al PNRR. È bene evidenziare come queste misure occupino un’importanza irrisoria all’interno dei capitoli sulla sanità. Per esempio, non si fa mai cenno al sottofinanziamento pubblico della salute mentale, alla carenza di dati epidemiologici sulla salute mentale degli adolescenti, o al fatto che la spesa per questa voce negli ultimi anni è andata diminuendo, arrivando nel 2019 sotto alla soglia del 3% (2,98%) del Fondo Sanitario Nazionale (FSN), con una forte contrazione anche nelle Regioni e nelle Pubbliche Amministrazioni, che negli anni precedenti avevano garantito fondi maggiori. La situazione è ancora più grave se consideriamo che, mentre la Lancet Commission sulla Salute Mentale Globale e lo Sviluppo Sostenibile sostiene che i Paesi ad alto reddito, come il nostro, dovrebbero destinare almeno il 10% del bilancio sanitario totale alla salute mentale, noi non raggiungiamo nemmeno i livelli minimi di finanziamento previsti per i Paesi a basso-medio reddito (5%). Questo, nonostante l’impegno a “destinare almeno il 5% dei fondi sanitari regionali per le attività di promozione e tutela della Salute Mentale” fosse stato approvato all’unanimità dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni nel lontano 2001. Purtroppo, neanche nella Missione Salute del PNRR sono state indicate risorse specifiche da destinare alla salute mentale, confermando ancora una volta l’incapacità politica di comprendere l’importanza del problema.
Un’emergenza, quella dei disturbi mentali, che negli ultimi anni è stata aggravata non solo dalla pandemia, ma anche da altre contingenze come la crisi climatica. Non a caso, negli ultimi anni si parla sempre più spesso di eco-ansia. Uno studio realizzato dall’Italian Institute for Planetary Health (IIPH) dimostra, infatti, come le ondate di calore estremo, gli incendi e la crisi idrica dovuta alla siccità, oltre a ingenti danni economici e ambientali, producano effetti drammatici sul benessere salute mentale delle persone. I disturbi correlati includono ansia, depressione, disturbo post-traumatico, suicidio, abuso di sostanze e problemi del sonno. La salute mentale può essere colpita in maniera diretta, tramite esposizione a eventi metereologici estremi o a temperature elevate per un tempo prolungato, o indiretta, se l’effetto deriva dall’impatto delle variazioni climatiche sui sistemi economici, sociali e alimentari, e della perdita di mezzi di sussistenza. Un esempio di effetto indiretto è l’aumento dei suicidi, riscontrato in particolare tra gli agricoltori, correlato all’impatto economico della siccità. Le categorie sociali più colpite dagli effetti del cambiamento climatico sono le comunità agricole, gli operatori di primo soccorso e le donne. Queste ultime più vulnerabili proprio per una questione economica.
A questi fattori, si somma l’abuso delle piattaforme social e i fenomeni negativi a esse correlati, come l’hate speech, il cyberbullismo, le fake news, la fomo, modelli di bellezza irraggiungibili, assuefazione, tic e insonnia, che minano profondamente la salute mentale dei più giovani. A conferma degli effetti negativi che i social possono avere sul benessere degli adolescenti, il report The Mental State of the World di Sapien Lab del 2021, condotto in 34 nazioni, mostra come la crescita dell’uso di smartphone e social media e l’aumento dell’isolamento siano legati a un calo della salute mentale collettiva, soprattutto nei giovani adulti di età compresa tra 18 e 24 anni. Il ridursi o addirittura venire meno dell’interazione diretta tra persone sta influenzando lo sviluppo cognitivo e comportamentale dei ragazzi.
Per tentare di arginare la crisi, il governo ha varato la misura emergenziale del “bonus psicologo”, lanciata il 25 luglio scorso e disponibile fino al 24 ottobre 2022, che si è però dimostrata insufficiente. In soli due giorni, infatti, le richieste arrivate all’Inps sono state 113.343, ben oltre il limite finanziabile di 10 milioni di euro stabilito dalla norma, che corrisponde a massimo 50mila domande, se si considera l’importo minimo del voucher pari a 200 euro. In questo modo, meno della metà delle domande potrà essere accolta. A dimostrazione di quanto il problema venga sottovalutato da parte delle Istituzioni.
Quello di cui avremmo bisogno per far fronte a questa emergenza non sono quindi delle toppe, ma un intervento di finanziamento straordinario, capace di riportare almeno allo standard minimo del 5% la spesa pubblica per la salute mentale. Per iniziare si potrebbe prendere esempio da tutte quelle associazioni del terzo settore che da anni fanno sensibilizzazione e lavorano sul campo, provando a sopperire alle mancanze del servizio pubblico nazionale e creando una rete di sostegno ampia e capillare. Queste rappresentano spesso il primo approdo sicuro per tutte quelle persone che soffrono di disturbi mentali, ancora vittime di troppi pregiudizi e lasciate sole dallo Stato, incapace di dare la giusta importanza a un tema troppo spesso taciuto o sottovalutato, che evidentemente non può più essere ignorato.