La legge Nordio servirà anche a snellire la burocrazia, ma sembra più uno scudo per molti reati - THE VISION

C’è uno sketch di Corrado Guzzanti del 2001, realizzato per il programma L’ottavo nano, in cui viene associato il centrodestra al menefreghismo e al desiderio di infrangere tutte le regole. La casa delle libertà di Guzzanti prende il nome dalla coalizione guidata da Silvio Berlusconi in quegli anni e raccoglie sketch esilaranti in cui la gente piscia su un divano o rutta durante una cena, per poi concludersi con una musica gioiosa e la frase “Facciamo un po’ come cazzo ci pare”. Credo che questa sia la principale eredità del berlusconismo assimilata dal governo Meloni, e leggendo il ddl Nordio per la riforma della Giustizia sembra che la parodia guzzantiana sia ancora tremendamente attuale. 

Apricena, in provincia di Foggia, è il primo comune italiano a intitolare una via a Silvio Berlusconi. Per svariate ragioni può sembrare grottesco, ma mai come il fatto che il governo gli abbia dedicato addirittura la riforma della Giustizia, che non a caso sembra scritta dall’ex leader di Forza Italia. Se fosse ancora vivo, lui ci taccerebbe di essere dei poveri comunisti, e già a destra – ma anche dalle parti del Terzo Polo – c’è chi sta tentando di ridurre tutto a un’improbabile faida tra garantisti e giustizialisti. In realtà il ddl Nordio non rientra nella sfera del garantismo, ma in quella delle proposte tragicomiche. Per capirlo c’è soltanto una cosa da fare: leggerlo. 

Carlo Nordio

Il ddl prevede diverse novità, e la principale riguarda la cancellazione del reato di abuso di ufficio, previsto dall’articolo 323 del codice penale, che recita: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio […] intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni”. Per il governo e per chi è favorevole a eliminare l’abuso d’ufficio, la motivazione è lo squilibrio tra iscrizioni nel registro degli indagati e condanne. Nel 2022, su 3.938 fascicoli aperti per abuso d’ufficio ne sono stati archiviati 3.536. Invece di snellire la burocrazia o apportare delle modifiche per evitare intasamenti giudiziari e confusioni di ogni sorta, il governo elimina il problema alla radice mettendo la croce su un reato. Un po’ come se si dicesse: visto che soltanto una percentuale irrisoria di individui durante i controlli della Narcotici viene beccata con delle dosi di eroina nel bagagliaio, eliminiamo il reato di spaccio d’eroina.

A scagliarsi contro questa proposta sono stati i partiti di centrosinistra, il Movimento Cinque Stelle e l’Anm (Associazione Nazionale Magistrati). C’è una narrazione mediatica che pone i sindaci di sinistra dalla parte del ministro Nordio, ma è una distorsione forzata della realtà, considerando che Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha spiegato bene certe posizioni: “Noi non abbiamo mai chiesto di eliminare questo reato, ma solo che sia individuato un perimetro preciso, perché non si può essere indagati per qualunque cosa accada in un Comune come se esistesse il reato di ruolo”. Il magistrato Raffaele Cantone ha lanciato un appello su La Repubblica per non cancellare l’abuso d’ufficio, in quanto “eliminarlo indebolirebbe il già difficile contrasto alla corruzione, si rischierebbe di privare la magistratura di uno strumento di deterrenza contro gli illeciti”.

Antonio Decaro

Anche su altri punti del ddl si è creato un putiferio. Sarà negato infatti l’appello del PM per le sentenze di assoluzione riguardanti reati di “contenuta gravità”. Secondo Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm, si profilano dei principi di anticostituzionalità e non a caso qualcosa di simile è stato tentato in passato con la legge Pecorella, che appunto è stata bocciata dalla Corte costituzionale. Anche per il traffico di influenze, ovvero quando nella Pubblica Amministrazione vengono sfruttate conoscenze influenti per ottenere dei favori, talvolta in seguito al pagamento di una somma di denaro, come scritto nell’articolo 346 bis del codice penale, Nordio vuole applicare delle modifiche, limitandolo a “condotte particolarmente gravi”. Secondo la discrezione di chi non è dato sapersi. Come se poi un favorino fosse tollerato e un favore più grande no; quasi un incentivo a fare i furbetti, sì, ma con parsimonia.

Giuseppe Santalucia

Un altro argomento sul tavolo sono le limitazioni alla pubblicazione delle intercettazioni da parte della stampa. Per il ministro Nordio, l’interesse pubblico alla loro pubblicazione sembrerebbe doversi limitare ai reati di mafia, terrorismo e reati satelliti. Dunque se un politico venisse beccato al telefono a parlare di una tangente, visto che non rientra nelle due categorie, cadrebbe il diritto d’informazione e i giornalisti non potrebbero rendere partecipi i cittadini delle malefatte in atto da parte di un loro rappresentante leggendone le parole nero su bianco. Anche in questo caso, opporsi a una proposta del genere non vuol dire essere un giustizialista di ferro. Io, per esempio, nel mio piccolo, non lo sono. Solo che il governo reagisce alle critiche usando lo stratagemma del vittimismo perenne, dunque chi si oppone è un clone di Marco Travaglio o un manettaro doc. Ovviamente non è così. Essere garantisti, come spiega la Treccani, significa “tutelare i diritti e le libertà fondamentali degli individui da qualsiasi abuso o arbitrio da parte di chi esercita il potere”. Occultare le intercettazioni dei politici o abolire l’abuso d’ufficio non è una lotta alla “barbarie” o un inno al garantismo, ma un lasciapassare per varie forme di angherie, corruzioni o insabbiamenti, nonché uno strumento di compressione dell’attenzione e della stigmatizzazione da parte della società civile di condotte illecite di profondo disvalore sociale.

Nello scacchiere politico, non è un caso che Matteo Renzi e Carlo Calenda abbiano abbracciato le proposte del governo. Consci del vuoto tra i moderati di centrodestra dopo la morte di Berlusconi, si aggrappano a temi vicini alla visione politica di Forza Italia per poter ampliare il proprio bacino elettorale. È pur sempre una strategia politica e sono liberi di attuarla, nessuno glielo vieta, ma è importante riconoscere il motivo di certe mosse. Cercano dunque di realizzare quella rivoluzione liberale che Berlusconi non è mai riuscito a portare a buon fine – né con le riforme né con un’ideologia che poi conduceva solo a se stesso – opponendosi alle proteste del centrosinistra. Anche loro si appellano al garantismo, ma è una dicotomia sterile in quanto fallace. Le proposte di Nordio, infatti, ricalcano lo stampo meloniano e salviniano del “liberi tutti”. Non a caso lo stesso Nordio segue la scia dell’impunità di massa che il governo sembra voler favorire. La destra è infatti avvezza ai condoni (fiscali, edilizi e di qualsiasi altro genere), strizza l’occhio agli evasori e addirittura Giorgia Meloni ha associato le tasse al pizzo di Stato.

Matteo Renzi
Carlo Calenda

Per Meloni l’evasione va cercata “dove sta davvero, e non tartassando il piccolo commerciante”. Quello che Meloni ignora o finge di ignorare, è che se negli ultimi dieci anni abbiamo avuto circa 100 miliardi di evasione l’anno è soprattutto per l’accumulo dei “piccoli evasori”. Certo, fa più notizia ed è più spregevole il grande imprenditore che evade milioni di euro, ma le regioni con il più alto tasso di evasione sono le più povere d’Italia, ovvero quelle del Sud. L’evasione parte dal sommerso, dallo scontrino non rilasciato, da una mentalità che la destra favorisce concedendo al cittadino di farla franca, dipingendolo come una vittima così come fa con se stessa. E Nordio si è adeguato a questo malcostume, dichiarando ieri che nemmeno un imprenditore onesto può pagare tutte le tasse previste in Italia. Dunque chi lo fa, con tanti sacrifici, in sostanza, è uno stupido perché non ha atteso il solito condono. Suona quasi come un’istigazione a prendersi gioco dello Stato ed è lo specchio fedele del berlusconismo e del governo in carica.

Giorgia Meloni

Riepilogando, Berlusconi se n’è andato lasciando le proprie creature al governo, ottenendo una giornata di lutto nazionale e una riforma della giustizia a sua immagine e somiglianza. I tentacoli del berlusconismo sono dunque ancora in movimento e i suoi eredi politici stanno portando avanti la sua opera. Non che ci si debba stupire considerando che abbiamo al governo sostanzialmente la stessa coalizione del 2008, quella che ha portato il Paese a un passo dal default. Suona però grottesco che nel 2023 si possa partorire una riforma così sfacciatamente sbilanciata, uno scudo perfetto per chi vuole commettere qualche peccatuccio giudiziario. Tanto avrà l’impunità e i cittadini perderanno anche il diritto di essere informati. Questa è l’Italia della destra, nient’altro che questo. D’altronde hanno vinto le elezioni, è quello che la popolazione desidera, e non possiamo far altro che assistere al continuo picconamento della Cosa pubblica.

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