Maradona ha commesso errori, come Gandhi, Wojtyla, Kennedy. La morale dei “buoni esempi” è ipocrita. - THE VISION

La morte di Maradona, oltre all’immediata canonizzazione di un vero e proprio santo laico, ha portato con sé anche il coro, non inaspettato, di critiche sull’uomo e personaggio mediatico Diego Armando. “In campo il miglior calciatore della storia, fuori no”, ha twittato il giornalista de La Stampa Gianni Riotta. E così anche l’opinionista sportivo Giampiero Mughini, che ospite a Stasera Italia ha affermato che Maradona “era un essere sfatto per le sue abitudini e ora lo facciamo diventare un santo, ma no. Un grande atleta sì, ma molto drammatico e contraddittorio”. Il problema starebbe nel fatto che Maradona non è stato un buon esempio, ma anzi un pessimo uomo da emulare: Maradona “l’evasore fiscale”, Maradona “il drogato”, Maradona “che picchia le donne”, e così via.

La morale dei personaggi famosi che ci piacciono e che ammiriamo per i loro meriti è un problema che chiunque con un minimo di coscienza prima o poi si ritrova ad affrontare. Io sono femminista e sono un’amante e una studiosa di Hemingway, un uomo che pensava che le donne si meritassero gli schiaffi, che tradì e offese molte volte le sue quattro mogli, che aveva problemi ad accettare le persone gay. Questi fattori, che riconosco come parte della sua identità, non mi impediscono comunque di considerarlo il più grande autore della storia. Anzi, è proprio la sua problematicità a renderlo, per me, un oggetto di studio sempre nuovo e interessante, nonché utile a capire i meccanismi della misoginia e dell’omofobia. Questo perché la purezza morale, oltre che impossibile da raggiungere, non è mai interessante. Riconosco che Hemingway e Maradona siano due personaggi diversi per importanza e popolarità – anche se vi assicuro che nei fan club più accaniti del premio Nobel il livello di venerazione è più o meno quello della Mano de Dios. Ma siccome entrambi hanno fatto cose nella vita che sono decisamente discutibili, alcune condannabili, vale la pena chiedersi che cosa cerchiamo in una celebrità, in un campione, in uno scrittore o in un regista: che siano bravi a fare il loro lavoro, accettando anche i problemi – talvolta enormi – che si trascinano dietro, o che siano degli esempi?

Gli esempi sono una parte fondamentale della nostra cultura. Nel Medioevo, erano un vero e proprio genere letterario, gli Exempla appunto, diffuso soprattutto dai predicatori cristiani. Di solito avevano intento moralistico e riguardavano le biografie dei santi, spesso romanzate e travisate per illustrare o provare un certo precetto religioso. Ma secondo quello che sostiene Kant nella Critica del giudizio, l’esempio non serve solo ad argomentare un punto, ma anche ad accedere a una conoscenza superiore: un giudizio da individuale diventa universale e così si eleva anche a norma che deve essere accettata da tutti. Negli ultimi anni, complice anche la cultura meritocratica e motivazionale secondo cui tutti possono accedere a determinati ruoli sociali se ci credono abbastanza, il mercato degli esempi è diventato sempre più sviluppato: libri sui personaggi famosi, webinar e seminari su storie vincenti da emulare e persino ciò che l’attivista disabile Stella Young chiamavaInspiration porn”, cioè le storie di persone con disabilità di successo che servono per rafforzare positivamente l’idea che “se ce l’ha fatta uno così, posso farcela anche io che sono normale”.

È chiaro che anche le celebrità siano, volenti o nolenti, invischiate in questo meccanismo emulativo. Secondo molti, la loro vita dovrebbe essere votata non solo a fare bene quello che fanno, ma anche a farsi vedere sempre dalla parte della virtù, cioè a dare il buon esempio. Ma non possiamo pretendere che una persona famosa si assuma per forza questo onere, che oltre a essere irrealistico è anche sbagliato, senza contare che la morale cambia nel tempo e non può essere stabilita una volta per tutte. L’immaginario della musica rock degli anni Settanta ci ha lasciato delle storie di autodistruzione che non sono certo d’esempio per nessuno: Jim Morrison, oltre a essere alcolizzato, era anche violento con le sue compagne. Eppure, mi sento di dire con certezza che nessun alcolizzato al mondo abbia cominciato a bere e a picchiare la sua fidanzata perché voleva emulare il comportamento del frontman dei Doors. Tra l’altro, nell’epoca in cui viveva Morrison il “lato oscuro” degli artisti non veniva tenuto nascosto, ma commercialmente sfruttato nella creazione di un mito che – la storia lo ha dimostrato – si è rivelato la fortuna di quell’ambiente musicale. Anche solo un decennio prima, gli artisti avevano comunque comportamenti esecrabili, ma nessuno lo veniva a sapere: questo li renderebbe meno esemplari?

Jim Morrison

Il problema allora sta nel fatto che queste figure, a maggior ragione quando si parla di un calciatore, non nascono e non esistono per un fine educativo o pedagogico. Assumersi la responsabilità di educare qualcuno non è per niente semplice e, in un mondo ideale, non è certamente compito dei famosi o dei potenti. Questi personaggi possono ispirare, certo, possono diventare un modello aspirazionale nella misura in cui migliaia, milioni di bambini napoletani appassionati di calcio avranno sognato di diventare come Maradona. E dobbiamo accettare e capire che questo non riguarda solo Maradona calciatore: Maradona è stato il riscatto di un Meridione da sempre subalterno al Nord, la rinascita di una Napoli sfiancata dal terremoto, il combattente degli ultimi, ma anche Maradona donnaiolo, Maradona sfacciato, Maradona ricco, Maradona sregolato. Le persone sono piene di contraddizioni, anche le migliori.

Kennedy firmò uno dei più importanti testi di legge sulla parità di genere negli Stati Uniti, l’Equal Pay Act, ma aveva anche un assistente che ogni sera gli trovava una donna diversa da portarsi a letto. Gandhi ha liberato l’India dall’oppressione coloniale ed è stato il grande teorico della nonviolenza, ma era razzista verso i neri e a settant’anni dormiva con adolescenti nude per mettere alla prova la sua astinenza. Martin Luther King era il campione dei diritti civili ma soprattutto un uomo di fede, eppure tradì la moglie Coretta in più occasioni. Sarebbe ipocrita sminuire l’importanza storica di queste figure o i loro traguardi solo per gli errori che hanno commesso. Anzi, dovremmo avere la maturità di considerarli come parte integrante delle loro storie non di eroi senza macchia e senza paura, ma di esseri umani come noi. Il ragionamento vale al contrario, Hitler amava moltissimo gli animali ed era vegetariano, questo lo riabilita ai nostri occhi?

John F. Kennedy e la moglie Jacqueline
Martin Luther King
Mahatma Gandhi

Non esistono né buoni né cattivi esempi in termini assoluti. Il giudizio che possiamo formulare su qualcuno, che sia a un giorno dalla sua morte o a distanza di molti anni, dovrebbe prendere in considerazione anche gli aspetti che non ci piacciono sulla base di un’unica e semplice premessa: nessuno è perfetto. Anzi, è solo criticando anche tutti gli aspetti più difficili che possiamo riuscire a capire non solo una persona, ma anche il contesto sociale e storico in cui agisce. Maradona sarebbe stato Maradona se fosse nato in un’altra epoca, da un’altra parte del mondo, con un’altra condizione economica? Queste domande sono infinitamente più interessanti del solito “Perché nessuno pensa ai bambini”. Anche perché, se proprio vogliamo pensarci ai bambini, negare il fatto che le persone possono comportarsi male, possono essere brave in certe cose e meno in altre, mi sembra la cosa meno educativa che si possa fare.

Stabilire a priori cosa significano il bene e il male e applicare queste due categorie sulle persone è un’azione molto pericolosa. Spinoza ce ne ha messo in guardia: la morale riduce gli esseri umani a una serie di regole e di divieti, annichilisce la loro potenza e la loro capacità di rapportarsi criticamente con la realtà. Se di Hemingway avessi negato gli aspetti problematici o, ancora peggio, se mi fossi rifiutata di considerarlo un grande autore a causa di essi, non avrei capito niente della sua figura. Così vale per Maradona, che non è stato solo un calciatore, ma anche un’icona popolare.

Non è un caso che le vite dei santi, nella maggior parte dei casi totalmente inventate, fossero usate né per intrattenere né per educare, ma per indottrinare. Le biografie esemplari e senza peccati di sorta lasciamole a loro.

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