Joe Biden ha scelto Rachel Levine, pediatra transgender, come sottosegretaria alla Sanità. Si tratta di una nomina storica, dal momento che è la prima volta che una persona trans ricopre una carica all’interno del governo federale degli Stati Uniti. Levine, che era già segretaria alla Sanità della Pennsylvania e ha avuto un ruolo fondamentale nella gestione della pandemia, si aggiunge così a un esecutivo che, come ha calcolato la Cnn, rappresenta in maniera pressoché totale i gruppi sociali ed etnici del Paese. Levine è originaria del Massachusetts e ha 64 anni. Laureata ad Harvard e alla Tulane University School of Medicine, si è specializzata in Pediatria – materia che insegna al Penn State College of Medicine – e per qualche anno è stata consulente per le questioni sanitarie della Pennsylvania, mentre nel 2018 è diventata segretaria alla Sanità.
Come ha raccontato al Washington Post, Levine temeva che la sua identità di genere potesse ostacolare la sua carriera politica, ma questo non l’ha fermata nel dare una decisa impronta sociale al suo lavoro. Il principale interesse di Levine, nei suoi anni da segretaria della Sanità, è stato combattere l’epidemia di oppiacei che ha visto proprio la Pennsylvania come uno degli Stati più colpiti, tanto che è stata dichiarata emergenza nazionale per 12 anni di fila. Negli ultimi tempi, complice una deregolamentazione di questi farmaci che normalmente vengono prescritti per alleviare dolori particolarmente persistenti, sempre più persone ne sono diventate dipendenti. Dal 1999 al 2017, le morti per overdose da oppiacei sono addirittura quintuplicate negli Stati Uniti, passando da 8mila a più di 47mila l’anno. Con una delibera, Levine ha stabilito che ogni pubblico ufficiale della Pennsylvania debba portare sempre con sé il naloxone, un farmaco che è in grado di fermare l’overdose da oppiacei, e ne ha liberalizzato la vendita nelle farmacie. Le sue proposte stanno funzionando: dalle 5.396 morti legate agli oppiacei registrate nel 2017 si è passati alle 3.954 del 2020.
Rachel Levine si è anche battuta per la liberalizzazione della marijuana in medicina, ampliando il numero di condizioni mediche per cui può essere prescritta anche ai disturbi d’ansia e alla sindrome di Tourette. Ma uno dei più importanti campi d’azione della pediatra è la salute mentale degli adolescenti, con particolare riguardo alla comunità LGBTQ+. All’ospedale pediatrico della Penn State University ha infatti fondato un programma per combattere i disturbi alimentari nei più giovani e si è fatta promotrice di numerosi progetti per educare i medici alle problematiche e ai bisogni delle persone trans.
È chiaro che la nomina di Levine non sia solo legata alle sue competenze, ma sia anche il simbolo di un cambio di rotta. La gestione della sanità nell’amministrazione Trump è stata un completo disastro, specialmente per quanto riguarda il Covid. Il “fenomenale” healthcare plan di Trump, che avrebbe dovuto rimpiazzare l’Obamacare e abbassare i prezzi dei farmaci del 90%, pare non sia mai stato nemmeno stilato, nonostante l’ex presidente twittasse a cadenza regolare che la legge stava per essere approvata. Allo scoppiare della pandemia, Trump ha mantenuto per mesi una linea negazionista, sia minimizzando la pericolosità del virus, sia accusando la Cina di averlo creato in laboratorio. Non è stato imposto nessun lockdown generalizzato e la responsabilità della gestione della crisi sanitaria è ricaduta interamente sui governi nazionali, con risultati disastrosi in termini di contagi e di morti. Non si può certo dire che la sanità con Trump fosse “people oriented”: durante la pandemia, la sua priorità è sempre stata quella di proiettare l’immagine falsata di un Paese in cui va tutto bene, specialmente sul piano economico. Rachel Levine, che è stata il volto dell’emergenza sanitaria in Pennsylvania, ha adottato la linea della prudenza, imponendo il lockdown e altre restrizioni che hanno sollevato le critiche dei Repubblicani che invece spingevano per la linea di Trump.
Ma al di là del coronavirus, Levine rappresenta la scelta migliore che Biden potesse fare anche per la sua identità di genere. I diritti delle persone trans non sono mai stati così sotto attacco negli Stati Uniti che non durante la presidenza di Trump: secondo il National Center for Transgender Equality, in quattro anni, l’ex presidente ha firmato 72 atti discriminatori. Il giorno della sua inaugurazione, dal sito della Casa Bianca è sparito ogni riferimento alla comunità LGBTQ+. Una delle sue prime azioni da presidente è stata stracciare il “Titolo IX”, una legge dell’era Obama che proteggeva gli studenti dalle discriminazioni. Questo Titolo era importante sia per prevenire e gestire i numerosi casi di stupro registrati nei college americani, sia per tutelare le persone trans nel caso in cui il personale scolastico vietasse loro di usare i bagni secondo il genere d’elezione. Ad agosto, la segretaria dell’Istruzione Betsy Devos ha firmato un nuovo “Titolo IX” che ha destato particolare preoccupazione perché invece di proteggere le vittime, sembra tutelare chi viene accusato, permettendo, ad esempio, agli avvocati della persona accusata di interrogare chi ha sporto denuncia durante la fase delle indagini, cosa che prima era vietata nei casi di violenza sessuale nelle scuole e nelle università.
Il caso più eclatante dell’avversione dell’amministrazione Trump verso la comunità transgender è stata però la definizione che il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti d’America ha dato di “sesso” sui propri documenti, eliminando la distinzione tra quest’ultimo e il genere. Secondo questa definizione introdotta nel 2018 proprio nel “Titolo IX”, “Sesso identifica lo stato di una persona come maschio o femmina, basandosi su tratti biologici immutabili, identificabili dalla nascita o prima di essa. Il sesso indicato sul certificato di nascita di una persona, come originariamente emesso, deve costituire la prova definitiva del sesso di una persona, salvo la confutazione di una prova genetica affidabile”. Questa definizione esclude quindi dalla protezione alle discriminazioni tutte le persone che si identificano in un sesso diverso da quello assegnato alla nascita.
Tra le altre azioni intraprese da Trump in questa direzione, c’è anche il bando delle persone trans dalla leva militare (che Biden dovrebbe reintrodurre a breve, secondo quanto dichiarato dall’ufficio stampa del presidente), l’obbligo di dividere detenute e detenuti in base al genere assegnato alla nascita e non a quello di elezione, e persino la possibilità ai medici di rifiutarsi di curare le persone trans sulla base delle proprie convinzioni religiose. Lo scorso anno, infatti, la nuova definizione di “sesso” è stata adottata anche per quanto riguarda le procedure mediche. Nella pratica, spiega il Guardian, questa nuova policy “permette al personale medico e alle compagnie assicurative che ricevono fondi statali di rifiutare di praticare o coprire trattamenti relativi alla transizione”.
La nomina di una figura come Rachel Levine è il chiaro segnale che questi quattro anni di ostilità sono terminati. Non si tratta solo di un simbolo o dell’ennesimo caso di “rainbow washing”: Levine avrà un ruolo cruciale nell’annullare i provvedimenti di Trump che hanno progressivamente escluso le persone trans dal sistema sanitario e lo farà con la consapevolezza di una persona che ha vissuto personalmente la discriminazione. Proprio per quanto riguarda l’annosa questione dei bagni, una foto di Levine fu usata per fare campagna transfobica dal deputato repubblicano Allen West, che la pubblicò su Twitter con la didascalia: “Domanda: sei in un bagno pubblico ed entra questa persona. Che cosa faresti?”.
Le scelte dell’amministrazione Trump in merito all’identità di genere, come sempre succede in questi casi, sono più ideologiche che scientifiche. Anche Nature, la più prestigiosa rivista del settore, l’ha dichiarato senza mezzi termini: la nuova definizione di genere non ha basi scientifiche e “i tentativi politici di incasellare le persone non hanno nulla a che vedere con la scienza”. Purtroppo, però, le loro conseguenze sono molto concrete: i casi di persone a cui sono stati negati trattamenti sanitari sulla base della loro identità di genere sono sempre più frequenti. Non sarà un compito facile ripristinare le leggi di Obama e cancellare i numerosi provvedimenti di Trump che hanno reso sempre più difficile la vita delle persone trans negli Stati Uniti, ma Biden sembra aver già trovato la persona giusta per farlo.
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