Mentre nel Paese cresce la consapevolezza dell’importanza della salute mentale, la politica stenta a prendere misure coraggiose per rendere accessibili le cure psicologiche. L’ultima prova è arrivata con la recente approvazione della legge di bilancio da parte del Parlamento. In origine, nella finanziaria era presente una misura da 50 milioni di euro che avrebbe introdotto un bonus indirizzato a supportare economicamente i cittadini per accedere alle visite psicologiche, che nel nostro Paese sono nella maggior parte dei casi in mano al settore privato e quindi appannaggio delle classi più abbienti.
La misura avrebbe fornito due bonus: uno iniziale da 150 euro, indipendente dall’ISEE, e un altro più consistente proporzionato alle disponibilità economiche dei cittadini. Il testo prevedeva una dotazione di 1.600 euro all’anno per chi ha un ISEE inferiore ai 15mila euro, fino a 800 euro per gli ISEE tra i 15mila e i 50mila euro, e 400 euro per gli ISEE tra i 50mila e 90mila euro. L’emendamento, inizialmente presentato dalla senatrice Caterina Biti del Partito Democratico, aveva ricevuto il supporto di tutte le forze politiche, ma nonostante la trasversalità della proposta, nella versione definitiva della legge di bilancio approvata dal Parlamento, la misura è sparita. Il ministro della Salute Roberto Speranza, che si è detto favorevole, ha spiegato in questi termini la situazione: “Il finanziamento sarebbe dovuto arrivare dal fondo del Parlamento: quello che è successo è che una parte di quei fondi non è stata messa a disposizione e quindi a quel punto non c’è stata più possibilità di destinare alcun sostegno per problemi di copertura”.
Eppure in Italia c’è urgente bisogno di adottare politiche per fronteggiare l’emergenza legata alla salute mentale. Secondo uno studio pubblicato su The Lancet, durante la pandemia i casi di depressione a livello mondiale sono aumentati del 27,6% e i casi di ansia del 25,6%. Un aumento che, come spesso accade, va ad ampliare le disuguaglianze già esistenti. Ad essere più colpite sono state innanzitutto le donne e poi i giovani, confermando un trend presente in quasi tutti i Paesi del mondo. L’Italia non fa accezione. Anzi, forse la situazione è addirittura peggiore. Secondo David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi (Cnop) le richieste d’aiuto sono aumentate del 40% rispetto all’inizio della pandemia. I dati raccolti dall’Istituto Piepoli per il Cnop in un rapporto dell’ottobre 2021 parlano anche di un aumento significativo dei pazienti in terapia. E, ancora una volta, le fasce più colpite sono quelle più giovani: +31% fra i minori di 18 anni e +36% tra i 18-24 anni, poi a scendere + 25% per i 25-34, +12% per i 35-44 e +4% per i 45-54.
Un problema ulteriormente aggravato dal fatto che il nostro sistema di assistenza psicologica è enormemente sproporzionato tra pubblico e privato. Come evidenzia David Lazzari “su dieci persone che cercano un aiuto psicologico, otto lo trovano nel privato e solo due nel pubblico”. Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha a disposizione appena 5mila psicologi assunti, ovvero uno ogni 12mila abitanti. Considerando il totale di 117.762 psicologi iscritti all’albo al 2020, significa che appena il 4,3% degli psicologi nel nostro Paese lavora nel servizio pubblico. A questo si aggiungono i costi delle visite, che per molti risultano insostenibili. Secondo il tariffario dell’Ordine degli psicologi dell’Emilia-Romagna, per esempio, il costo di una seduta di consulenza e/o sostegno psicologico individuale oscilla tra i 35 e i 115 euro, mentre la psicoterapia individuale varia dai 40 ai 140 euro. Tutto ciò contribuisce a rendere la salute mentale un privilegio, accessibile solo da coloro che possono permettersi di spendere centinaia di euro al mese per un percorso di terapia.
Durante il 2021 il governo ha provato a occuparsene, ma le misure adottate non sono sufficienti rispetto alla gravità della situazione. Con la conversione in legge del decreto legge del 25 maggio 2021, nel luglio del 2021 il Parlamento ha introdotto “un fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per l’anno 2021 destinato a promuovere, nel limite di spesa autorizzato, il benessere e la persona, favorendo l’accesso ai servizi psicologici delle fasce più deboli della popolazione, con priorità per i pazienti affetti da patologie oncologiche, nonché per il supporto psicologico dei bambini e degli adolescenti in età scolare”. Come sottolinea il sito Pagella Politica, però, non si tratta di un vero e proprio bonus psicologico ma di alcuni fondi (alquanto limitati) gestiti dalle regioni per potenziare i propri servizi. A questo si aggiungono 20 milioni per rafforzare i servizi psicologici nelle scuole e 8 milioni per rafforzare le strutture di neuropsichiatria infantile. È evidente come, di fronte alla gravità del problema, queste misure non siano sufficienti. L’ha ammesso anche il ministro della salute che, al question time alla Camera dei Deputati del 12 gennaio, ha dichiarato che “Il benessere mentale è rilevante quanto quello fisico” e che “Non c’è alcun dubbio che dobbiamo investire di più e con tutti gli strumenti a disposizione”.
Nel sostanziale immobilismo della politica nazionale sono arrivate alcune iniziative dal basso. È stata lanciata una petizione su change.org per reintrodurre il bonus psicologo, superando le 250mila firme. Nel testo della petizione viene spiegato come “nel 2021, dati dell’Istituto Piepoli, il 27,5% dei pazienti che avevano intenzione di iniziare un percorso di salute mentale non ha potuto farlo per ragioni economiche. Mentre il 21% è stato costretto a interromperlo”. Anche la regione Lazio si è mossa in questo senso. “Destiniamo 2,5 milioni di euro per garantire l’accesso alle cure per la salute mentale e la prevenzione del disagio psichico introducendo un bonus psicologico del valore di 2,5 milioni”, spiega il presidente della regione Nicola Zingaretti su Facebook “attraverso voucher da utilizzare presso strutture pubbliche del Lazio, coinvolgendo la rete degli psicologi e degli psichiatri”. Una misura simile, anche se più in piccolo, è stata adottata nel Municipio 9 di Milano, dove la giunta ha deciso stanziare un fondo sulla falsa riga del bonus psicologico non-varato dal governo per i giovani tra i 10 e i 25 anni, comprendendo una platea di circa 26mila cittadini.
Si tratta di iniziative senza dubbio lodevoli, ma che rischiano di non esseri sufficienti. Non basta infatti dare più risorse ai cittadini con poca disponibilità economica per recarsi da un professionista privato, perché quello psicologo dovrebbe essere garantito gratuitamente a tutti i cittadini, coerentemente con quanto dice la nostra costituzione all’art.32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. E non c’è dubbio che la “salute” di cui parla la Costituzione sia anche la salute mentale, come stabilito dalla giurisprudenza e dal diritto internazionale, a cui il nostro ordinamento si conforma in base all’articolo 10 della Carta costituzionale. Il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali recita infatti: “Gli Stati parte del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo a godere delle migliori condizioni di salute fisica e mentale che sia in grado di conseguire”. Come spiega lo Special Rapporteur delle Nazioni Unite Dainius Puras in un report sul tema: “Gli Stati parte hanno l’obbligo di rispettare, proteggere e realizzare il diritto alla salute mentale nelle leggi, regolamenti, politiche, misure di bilancio, programmi e altre iniziative nazionali”.
I bonus sono misure utili in tempi di emergenza, come quello che stiamo vivendo, e rimane un fatto grave che nella legge di bilancio sia stato tagliato il fondo da 50 milioni, ma tutto ciò non deve farci dimenticare che il vero obiettivo di una politica seria e lungimirante, che ha davvero a cuore il bene dei propri cittadini, deve essere garantire la salute mentale come diritto universale e inalienabile. Finché tra i decision makers la salute mentale sarà considerata un privilegio o un vezzo e chi si reca da uno psicologo sarà stigmatizzato, difficilmente le cose potranno cambiare. Negli ultimi anni le statistiche in questo senso sono migliorate: sempre più persone e soprattutto sempre più giovani sono consapevoli dell’importanza della salute mentale, come testimonia anche la crescente attenzione sul tema. Secondo un sondaggio di Ipsos, in Italia l’81% degli intervistati ritiene che salute mentale e salute fisica abbiano la stessa importanza e il 19% ritiene che sia il problema più grave a livello di salute pubblica dopo il Covid e il cancro. La società lo ha già capito. Ora tocca alla politica.