La complessità dei problemi che affliggono la nostra epoca a volte ci sembra insormontabile, come se ci trovassimo di fronte a una porzione ingrandita di un quadro espressionista, in cui magari riusciamo a distinguere ogni singola pennellata ma non la figura d’insieme, questo perché sono problemi che anche quando molto specifici sorgono da basi ramificate molto ampie, che si intrecciano dando vita a uno scenario estremamente stratificato. L’innegabile difficoltà di discernimento, e quindi di azione, che sorge da questo intrico globalizzato però non dev’essere una scusa per ritirarsi di fronte ai tanti temi – e soprattutto alle tante disparità e ingiustizie – da affrontare per dar forma a un sistema più equo. Basti pensare al divario – tuttora ampio – tra l’occupazione maschile e femminile, che riverbera negativamente in diversi ambiti, sia personali che sociali.
Nel nostro Paese il divario tra uomini e donne sul fronte dell’occupazione è ancora molto alto, come conferma la classifica 2023 del World Economic Forum sul gender gap. L’Italia scivola infatti dal 63esimo al 79esimo posto su 146 Paesi monitorati. Se si guarda all’Europa, il ritardo italiano nell’ambito della riduzione del gender gap è ancor più evidente. Il nostro Paese, infatti, non solo si posiziona 25esimo su 35 Paesi europei per occupazione femminile, ma ha anche il dato più basso in UE, con solo un 51,2% di donne che lavorano regolarmente. Questo rende l’indipendenza economica un miraggio per un’italiana su due tra i 15 e i 64 anni e di questo passo la parità sarà raggiunta solo nel 2155. Eppure, come sottolinea la nuova campagna lanciata da TIM per sensibilizzare rispetto al tema del gender gap: la parità non può aspettare, men che meno 132 anni.
Le donne, infatti, si trovano a vivere quotidianamente in una rete di difficoltà e ostacoli, di varia natura e non sempre espliciti e chiari da riconoscere e definire, talmente fitta e difficile da mappare che le rallenta, le intrappola, le disorienta e in definitiva non le fa ma arrivare alla via d’uscita. Un vero e proprio labirinto i cui muri sono composti da pregiudizi culturali, mancanza di risorse, stereotipi introiettati, pressioni sociali, violenze e abusi, sia fisici che psicologici. Insomma, è arrivato il momento di riconoscere, come società, che per le donne è tutto più difficile, e queste difficoltà pesano molto più di quanto crediamo sulla loro esistenza, perché anche nel caso fortunato in cui si riescano a driblare lasciano comunque un segno profondo.
Mancano ancora troppi anni per raggiungere la parità, e per capire la gravità di questo dato dovremmo tradurre ogni giorno di questo periodo in un sogno infranto, in una sfida fallita ai blocchi di partenza senza nemmeno aver avuto l’occasione di giocarsi la propria partita, in un’identità negata. Per questo dobbiamo agire, ora, abbattendo queste barriere insieme, da entrambi i lati di una presunta barricata che peraltro non ha alcuna ragion d’essere. Ogni bambina, ragazza e donna deve avere l’occasione di realizzare i propri progetti, di realizzare i propri sogni, al pari di bambini, ragazzi e uomini, con le stesse possibilità e senza distinzioni di genere. È di questo ha bisogno il nostro Paese per continuare a crescere, non solo da un punto di vista economico, indubbiamente importante, ma anche sociale e culturale.
È fondamentale un cambiamento di paradigma che superi stereotipi datati e si sviluppi in parallelo sia dal punto di vista istituzionale, formativo ma anche – e forse soprattutto – aziendale. TIM si è già mossa in questa direzione con una serie di azioni concrete, come Women Plus, l’app che supporta le donne nella ricerca del lavoro e nei percorsi di carriera. Questa soluzione – che ha avuto il patrocinio della Commissione Europea – nasce dall’esperienza di Mulheres Positivas, il progetto che TIM ha sostenuto in Brasile ideato e realizzato dall’imprenditrice impegnata sul fronte dei diritti femminili Fabi Saad, e mette a disposizione in un unico sistema numerose posizioni lavorative aperte, grazie a strumenti di matching tra le varie competenze e i posti di lavoro disponibili, ma anche mentoring, formazione e talk.
È importantissimo infatti che le donne abbiano la possibilità di lavorare e vengano pagate come i loro colleghi maschi, avendo inoltre pari opportunità di carriera. Questo è un altro punto debole dell’Italia, in cui il lavoro delle donne – soprattutto se madri – nella maggior parte dei casi viene considerato un hobby, un vezzo, o un vizio, un privilegio per tenersi occupate e magari aver qualcosa di cui parlare alle cene; non qualcosa “di serio” e soprattutto non un’entrata su cui la famiglia può fare affidamento, così – anche e soprattutto a causa del gender pay gap – il lavoro femminile viene istantaneamente svalutato su vari livelli.
Chi pensa che questo sia esclusivamente un problema femminile si sbaglia, dato che ha un impatto sull’intera società, impoverendo tutti. Secondo l’Eige (European Institute for Gender Equality) esiste per esempio un collegamento tra il divario retributivo di genere e la povertà infantile, oltre che un costo per l’economia dovuto proprio al sottoutilizzo delle competenze delle donne. Le donne sono la risorsa più sottovalutata e inutilizzata dell’economia italiana (e non solo), perché sono ostacolate in ogni modo nel mondo del lavoro, a partire dalle violenze psicologiche e sessuali, passando appunto per il divario salariale, il demansionamento in caso di gravidanza, e infine il soffitto di cristallo, quello sbarramento infrangibile e invisibile che tuttora impedisce loro si arrivare a occupare cariche di rilievo e posizioni da leader. A questo proposito, TIM contrasta il gender gap anche al proprio interno, con progetti che agiscono sulla cultura, l’organizzazione e i processi aziendali. Nel 2022 sono stati rinnovati i CDA delle società del Gruppo portando a oltre il 40% la partecipazione delle donne, (con una crescita di 20 punti in un anno); è stato azzerato il pay gap a livello manageriale e avviato un piano che porterà a far crescere le donne in azienda come ruolo e visibilità. Il gender pay gap, infatti, oltre ad aumentare con l’età, in Italia cresce anche col progredire della carriera. Uno studio ha rilevato che a inizio carriera una donna guadagna in media 5mila euro in meno rispetto a un uomo, mentre si arriva a una media di 14mila euro annui in meno verso la fine del percorso lavorativo: sommando il reddito accumulato si arriva a più di 300mila euro di differenza al raggiungimento della pensione.
Veniamo cresciuti con l’idea che il cambiamento e il miglioramento siano esclusivamente legati alla nostra forza di volontà individuale e alle nostre capacità, come se quest’ultime non fossero strettamente legate all’ambiente in cui siamo cresciuti, alla nostra eredità biologica e alle possibilità socio-economiche che abbiamo avuto, non fossero quindi la somma di un’enorme varietà di fattori che tutto sono fuorché dipendenti da noi, dalla nostra perseveranza e dal nostro impegno. È qui che affonda le sue radici l’ideologia capitalista, che colpevolizza le vittime del sistema, quelle che non ce l’hanno fatta, la maggior parte della popolazione, comparandola a quei pochissimi che in proporzione invece ci sono riusciti. Questo è un inganno, lo stesso che peraltro ci impedisce di cambiare, cosa possibile solo se portata avanti collettivamente. Ci fanno credere che se siamo – o diventeremo – abbastanza brave, intelligenti, performanti riusciremo a trovare la strada per uscire dal labirinto, e ci riusciremo in fretta. Non è così, perché il labirinto è come la tela del ragno, probabilmente una delle trappole più sofisticate realizzate dall’essere umano. Non bisogna trovare singolarmente la soluzione del labirinto per scappare, non meritano di scappare solo le più astute, per salvarsi – come persone e come società – bisogna distruggerlo, insieme, e bisogna farlo a partire da oggi, con qualsiasi strumento a nostra disposizione, non c’è più tempo da perdere.
Questo articolo è realizzato da THE VISION in collaborazione con TIM, da tempo impegnata in attività volte a superare gli stereotipi, offrire opportunità alle donne e contrastare la violenza di genere, in occasione della campagna “La parità non può aspettare”. Mancano ancora troppi anni, infatti, per raggiungere la parità: per questo dobbiamo agire, ora, abbattendo i muri che alimentano le disuguaglianze e facendo in modo che ogni donna possa inseguire i propri sogni e progetti senza distinzioni di genere. Per crescere, anche al nostro Paese, servono il talento, la passione, il coraggio e l’impegno di tutti e tutte.