Durante la pandemia i salotti televisivi ospitavano prevalentemente virologi, diventati in questi due anni figure mediatiche rilevanti e onnipresenti. Tra loro c’era chi esponeva le proprie tesi con moderazione, affidandosi ai dati scientifici, mentre altri hanno ceduto alla spettacolarizzazione del loro ruolo, tra “virus del Covid clinicamente morto” e paragoni azzardati con il raffreddore. Con la guerra in Ucraina, i talk show hanno messo in soffitta i virologi per ospitare gli esperti di geopolitica. Anche in questo caso possiamo notare la presenza di commentatori che offrono letture tecniche e oggettive dei dati e della situazione alternata ad alcune voci che portano avanti una narrazione più ambigua e, alcune volte, palesamente orientata. Tra queste, spicca quella di Alessandro Orsini.
Direttore e fondatore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale della Luiss, così come di una testata online a esso collegata, il professor Orsini è balzato agli onori della cronaca per alcune dichiarazioni considerate filoputiniane. Lui si è sempre smarcato da questa etichetta, considerandosi un libero pensatore che non subisce condizionamenti. Già prima dell’invasione in Ucraina promuoveva sulla sua testata diverse azioni del governo russo, come nel caso del vaccino Sputnik, al quale ha dedicato diversi articoli con titoli e toni altisonanti. La popolarità fuori dal mondo accademico e istituzionale gli è però arrivata quando, dopo alcuni interventi controversi alla trasmissione Carta Bianca di Bianca Berlinguer, la Rai ha deciso di interrompere il contratto che regolava le sue apparizioni televisive.
Orsini nei suoi discorsi non ha mai lodato il Presidente russo Vladimir Putin, ma ha sempre giocato sulle parole ambigue, sull’opacità spesso implicita di alcuni concetti. Visto sul web come il simbolo della libertà contro la censura, Orsini ha continuato a presenziare su altre reti, soprattutto a Piazza Pulita su La7. E le sue tesi non sono cambiate: la guerra è sbagliata, ma di fatto è colpa della Nato, dell’Unione europea e di qualsiasi istituzione occidentale, senza mai entrare nell’ottica della differenza tra aggredito e aggressore, come se il primo fosse costretto, se non invitato, ad arrendersi. Nella puntata precedente allo strappo con la Rai, Orsini dichiarò: “Se davvero Putin, in un condizione disperata in cui rischia di perdere la guerra in Ucraina, dovesse usare la bomba atomica, l’Europa sarebbe moralmente corresponsabile”. Berlinguer, stupita, gli chiese giustamente: “Quindi bisogna far vincere la guerra a Putin per evitare il rischio legato alla bomba atomica?”. Lui, con tutta la calma del mondo, rispose: “Se si pone il discorso in quest’ottica, dico facciamo vincere la guerra a Putin”.
Orsini poi è tornato a Carta Bianca, chiarendo che avrebbe partecipato volentieri anche a titolo gratuito per cercare di frenare la polemica sui compensi. Nel mentre, prima di tornare da Berlinguer, aveva presenziato al convegno della Commissione DuPre, organizzato da Freccero, Mattei, Agamben e Cacciari (quest’ultimo in disaccordo con le posizioni di Freccero sull’Ucraina) e che durante la pandemia rilanciava informazioni antiscientifiche, mentre adesso parla di scene da fiction girate dagli ucraini come prova dei massacri di civili. Orsini sembra essersi integrato in questa realtà che ostenta una narrazione fuori dal coro, con un intervento in cui ha dichiarato: “Io sono un guerriero, forgiato nello scontro e nella lotta. Non ho paura dei poteri forti che potrebbero colpirmi”. Così, una volta tornato in Rai, ha continuato sulla sua linea anti Occidente con frasi come “Un bambino anche in dittatura può essere felice”, criticata dai vertici Rai e da diversi esponenti politici. Lui ha provato a mettere una toppa, spiegando che intendeva dire: “Meglio un bambino sotto una dittatura che sotto le bombe”. Resta comunque un concetto che stride con i crismi della democrazia, e soprattutto non ha messo in primo piano l’unico fatto evidente: i bambini ucraini sono sotto le bombe di Putin.
In seguito a questa nuova popolarità, Orsini è stato assunto anche dal Fatto Quotidiano, per cui ha scritto pochi giorni fa il suo “Manifesto per la pace”. Leggendolo sembra più un “Manifesto per la resa”, considerando che vengono citate tutte le pretese dei ministri russi esternate in questi mesi. Data per buona l’estraneità di Orsini alla galassia del Cremlino è giusto analizzare i punti del suo Manifesto per capire quanto siano avulsi dalla realtà.
Il primo recita: “L’Italia dovrebbe rompere momentaneamente con l’Unione europea e riconoscere gli errori dell’Occidente”. L’Italia, la stessa che è tra i Paesi fondatori della comunità europea e non si capisce per quale motivo dovrebbe “rompere” con essa, soprattutto se “momentaneamente!”. Questa non è altro che la strategia di Putin, ovvero la disgregazione dell’Unione europea dall’interno, considerando il suo appoggio alla galassia dei partiti populisti e sovranisti europei, tra cui Lega e M5S in Italia e il Rassemblement National francese di Marine Le Pen, fresca di arrivo al ballottaggio alle recenti elezioni francesi. Dovrebbe accadere invece il contrario, cioè il compattarsi dell’Europa sotto un’unica visione, Italia compresa, contro chi vuole farla crollare.
Il secondo punto è ancora più deciso: “L’Italia dovrebbe dichiararsi disposta a riconoscere Donbass e Crimea”. Anche qui sembrerebbe una velina del governo di Mosca. Sul tema delle repubbliche separatiste di Lugansk e Donetsk e dell’annessione della Crimea nel 2014 da parte russa dovranno interessarsi i negoziatori ucraini e russi con l’intermediazione della comunità internazionale. Al limite si deve arrivare a un referendum, possibilmente reale, non come quello in Crimea con i militari russi ai seggi.
Nel terzo punto Orsini si concentra sull’invio delle armi in Ucraina, per poi divagare: “L’Italia dovrebbe risparmiare soldi non inviando armi all’Ucraina e utilizzarli per costruire (con la collaborazione del Vaticano) due grandi ospedali per curare i mutilati ucraini”. Non c’è oggettivamente un nesso tra le due cose, e si fa fatica a comprendere l’inserimento del Vaticano in questa vicenda. Se gli ucraini stanno resistendo da circa un mese e mezzo, è anche grazie alle armi ricevute dall’Occidente e dalla Nato. Aiutare un popolo aggredito non vuole dire essere dei guerrafondai, ma attenersi ai principi contenuti nella Costituzione italiana e in quella fondativa delle Nazioni Unite.
Il quarto punto sembra più un esercizio di benaltrismo e distrazione storica che ci si sarebbe potuti aspettare da commentatori con meno titoli accademici ed esperienza di Orsini: : “Draghi dovrebbe annunciare che dopo la fine della guerra si impegnerà a fare ciò che fecero Kennedy e Krusciov dopo la crisi di Cuba del ’62, cioè aumentare la fiducia reciproca. Ciò andrà fatto con una nuova istituzione che si chiamerà ‘Consiglio russo europeo per la difesa della pace’. Dunque per Orsini dovrà essere Draghi a impegnarsi per ottenere la fiducia del governo russo, ma “dopo la guerra” sia chiaro, quindi anche in caso di sottomissione e conquista dell’Ucraina.
L’ultimo punto è la degna conclusione di un “Manifesto” che accusa in modo evidente l’infatuazione per Vladimir Putin: “Il governo Draghi dovrebbe annunciare una Ue sempre meno armata e amica della Russia, promettendo che mai Ucraina e Georgia entreranno nella Nato”. L’autodeterminazione dei popoli sembra non rientri nel vocabolario di Orsini, questo l’abbiamo capito. Quindi l’identità georgiana o ucraina dovrebbe essere decisa a tavolino, perché i loro cittadini non hanno voce in capitolo. Se persino la democratica Finlandia sta considerando l’idea di entrare nella Nato con un referendum che si terrà nei prossimi mesi, forse l’Alleanza atlantica non è la quintessenza dell’imperialismo, ma un meccanismo di difesa che molti Paesi trovano fondamentale per non diventare la nuova Ucraina o essere assorbiti di fatto come la Bielorussia.
Orsini non va censurato o silenziato, anche perché l’aura della vittima lo renderebbe ancora più appetibile per i filoputiniani italiani e gli conferirebbe un ruolo quasi messianico nella narrazione che vorrebbe avversare il “pensiero unico dominante”. Certo, sentire sulla televisione pubblica discorsi sui bambini felici in dittatura o sull’Ucraina può indignare, così come i continui tentativi di Orsini di far vedere il conflitto in corso da un’altra prospettiva, come se a uccidere migliaia di ucraini e a distruggere le loro città siano stati i Paesi occidentali e non gli ordini del ministero della Difesa e del governo di Mosca.
Per fortuna, viviamo in una democrazia, per quanto imperfetta e criticabile: Orsini in Italia, e in Europa, a differenza che in Russia, ha la libertà di pubblicare su un giornale il suo “Manifesto”. E noi abbiamo la libertà, o forse il dovere, di considerarlo un invito inaccettabile a piegarci alla propaganda di Putin.