L’obesità grava sulla sanità 15 mld all’anno. Questa è la vera tassa delle merendine.
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Il governo Conte bis sta valutando l’introduzione di una tassa sulle merendine e sulle bibite gassate. Il primo ad aver lanciato questa proposta è stato Lorenzo Fioramonti, neo ministro dell’Istruzione, in un’intervista rilasciata il 2 settembre scorso al Corriere della Sera: “Vorrei delle tasse di scopo, per esempio sulle bibite gassate e sulle merendine […] L’idea è: ho un sistema di alimentazione sbagliato? Metto una piccola tassa e con questa finanzio attività utili, la scuola e stili di vita sani”. L’ipotesi è stata accolta positivamente dal Presidente del Consiglio, che alla festa di Fratelli d’Italia ad Atreju del 21 settembre l’ha definita praticabile. Già il giorno successivo, appena atterrato a New York per i lavori dell’Assemblea generale dell’Onu, Conte ha ritrattato però la sua posizione, precisando che “È prematuro dire se decideremo di sì”. Con molta probabilità, la marcia indietro è arrivata anche a causa dello stop di Di Maio e la pioggia di critiche degli alleati e dell’opposizione.

Salvini ha pubblicato un post dove il premier è ritratto con una merendina gigante tra le mani e la didascalia: “Nascondete subito crostate, flauti, cornetti e bonbon: arriva la tassa sulle merendine”. Al leader della Lega hanno fatto eco la deputata di Forza Italia Mariastella Gelmini – “Tra un po’ ci faranno pagare anche l’aria!”, ha scritto su Facebook – e Matteo Renzi, che si è detto ironicamente preoccupato per essere d’accordo con Di Maio. Anche il Codacons ha contestato la sugar tax, definendola da “fanta-fisco” e punitiva nei confronti dei consumatori.

Abbandonando il facile sarcasmo che una proposta del genere può generare, bisogna chiedersi se è davvero tanto assurdo prevedere delle tasse di scopo per le bibite gassate e gli snack ad alto contributo di zuccheri. Leggendo alcuni dati, la risposta non può che essere un secco e deciso “no”. Il rapporto del 2019 redatto dall’Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation, in collaborazione con l’Istat, dimostra infatti che un italiano adulto su due è obeso o sovrappeso. La situazione è poco meno grave tra i più giovani, dove l’obesità è un problema per uno ogni quattro. Tradotto in percentuali, il 46% degli adulti e il 24% dei minorenni italiani ha problemi, talvolta gravi, con il proprio peso. Ancora più allarmante è la stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), che inserisce l’Italia tra i Paesi ad alto rischio di obesità infantile, subito dietro Spagna e Malta.

Sempre l’Oms, tramite uno studio del 2017 pubblicato su The Lancet, ha fatto sapere che il numero dei bambini obesi nel mondo nel corso degli ultimi quarant’anni è passato da 11 a 123 milioni, decuplicandosi. Soffrire di problemi di peso già nei primi anni di vita aumenta in maniera esponenziale le probabilità di obesità, morte prematura e disabilità nell’età adulta. Inoltre l’obesità, in età avanzata, è spesso legata a patologie gravi come quelle cardiovascolari, diabete e alcuni tipi di tumore, in particolare dello stomaco, del fegato, del pancreas, delle ovaie e della tiroide. Oltre al danno alla salute dei singoli individui, dovrebbe preoccupare anche quello per i conti pubblici: come fanno notare gli esperti, la cura dell’obesità e delle malattie correlate rappresenta un’emorragia di denaro  per le casse dello Stato, con una spesa sanitaria che si aggirerebbe tra i 6,5 e i 15 miliardi di euro all’anno.

Basterebbero queste cifre per mettere a tacere le polemiche strumentali di Salvini e del resto delle opposizioni e dare il via a una riflessione produttiva sulla proposta di Fioramonti, ma esistono altri due spunti interessanti. Il primo riguarda uno studio scientifico britannico, riportato a inizio settembre dal Guardian, che dimostra come una tassa del 20% su snack, biscotti, torte e dolci avrebbe un “enorme impatto” sui livelli di obesità, con una riduzione di oltre il 10% della popolazione con problemi di peso. Il secondo sono gli esempi dei Paesi che hanno già deciso di introdurre una tassa specifica sulle bevande gassate ad alto contenuto di zuccheri. L’Italia, infatti, non sarebbe il primo Paese ad adottare una misura contro il junk food. La campagna lanciata nel 2009 dall’allora Presidente degli Stati Uniti Barack Obama e da sua moglie Michelle per promuovere il consumo di cibo più sano nelle mense scolastiche inizia a dare i primi frutti negli Stati Uniti, dove in nessuno dei 51 Stati il tasso di obesità scende sotto il 23%. A Berkeley, in California, l’introduzione della soda tax ha ridotto il consumo delle bevande zuccherate del 52% in tre anni. In Messico, invece, la tassa introdotta nel 2014 sembra molto efficace per la fascia di consumatori con reddito medio o basso, che è poi quella più soggetta all’obesità per via della necessità di consumare alimenti più economici e grassi, e quindi più pericolosi per la salute. Ma anche la Francia, la Gran Bretagna e l’Ungheria tassano il cibo spazzatura e quello ad alto contenuto di zucchero.

La scelta dei governi di questi Paesi si adegua alle idee sull’alimentazione di Ludwig Feuerbach, raccolte nel 1862 nel libro L’uomo è ciò che mangia. Il filosofo bavarese, polemizzando contro il dualismo di anima e corpo, sostenne che se si hanno veramente a cuore le condizioni spirituali di un popolo, è necessario migliorarne quelle materiali, partendo dall’alimentazione: “La teoria degli alimenti è di grande importanza etica e politica. I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello, in materia di pensieri e di sentimenti. L’alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento. Se volete far migliorare il popolo […] dategli un’alimentazione migliore. L’uomo è ciò che mangia”. L’idea sviluppata da Feuerbach più di centocinquanta anni fa non è tanto distante da quanto hanno dimostrato decenni di studi scientifici: oltre che dannosa per il nostro organismo, l’assunzione spropositata di cibo spazzatura può addirittura modificare le funzioni cerebrali, rallentando l’operosità del cervello e portando a una condizione costante di stanchezza e pigrizia mentale.

Oltre alla battaglia per spingere gli italiani verso scelte alimentari più sane, non si spiegano le reazioni isteriche nei confronti della proposta di un ministro dell’Istruzione per aumentare i fondi a sua disposizione. Questa manovra fiscale (tenendo conto anche della tassa proposta sui voli aerei) permetterebbe di recuperare circa un miliardo e mezzo di euro solo nel 2020, da destinare alla ricerca e alla formazione. In un Paese in pieno allarme per i tassi di analfabetismo funzionale e dove quattro studenti su dieci dimostrano di avere scarse competenze in italiano, matematica e inglese, una tassa che riesca a ottenere in un colpo solo nuovi fondi per l’istruzione e a promuovere uno stile di vita e consumo più sano dovrebbe suscitare reazioni più costruttive. Invece, i partiti sovranisti hanno preferito inseguire gli interessi delle multinazionali.

La tassa porterà un aumento del prezzo pari a quattro o cinque centesimi ed è pensata per scoraggiare i padri o le madri, che sempre più spesso, per mancanza di tempo o perché non consapevoli del danno per la salute, danno da mangiare ai figli cornetti preconfezionati e bevande zuccherate. Al tempo stesso, può finalmente costringere le industrie a produrre alimenti di maggiore qualità e con meno additivi. Chi ha creato sulla proposta di Fioramonti l’ennesimo battibecco elettorale può anche fingere di ignorare il problema dell’obesità infantile in Italia e nel resto del mondo, ma prima o poi dovrà spiegare agli elettori che gli interessi delle grandi aziende alimentari vengono prima della loro salute.

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