I miei genitori abitano in un condominio di dieci appartamenti e per queste vacanze di Natale rischia di rimanere vuoto. Di quelle dieci abitazioni, otto sono abitate da famiglie i cui figli sono andati a studiare e a lavorare fuori regione. Per tutto l’anno il palazzo è popolato dai nostri genitori ormai anziani e da una sola giovane coppia, ma in occasione delle feste natalizie il palazzo torna a riempirsi e per le scale del condominio è un via vai di ragazze e ragazzi e, da qualche anno, anche di passeggini. Quest’anno, per la prima volta, il condominio dove abitano i miei genitori, però, rimarrà vuoto perché molte di quelle ragazze e di quei ragazzi ormai cresciuti non torneranno a casa per Natale.
Il condominio dove abita la mia famiglia non sarà il solo a restare deserto a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia: decine di migliaia di persone decideranno di non spostarsi sia perché impossibilitate dalle norme volute dal Governo, sia perché incontrare amici e parenti, specie se anziani, potrebbe essere rischioso. Questo stato di cose avrà dei contraccolpi sul piano psicologico di tutte le persone coinvolte, specie per chi nel frattempo non ha costruito una rete di relazioni, come le persone single o chi si è trasferito da poco in un’altra città o in un altro Paese, o sulle persone anziane rimaste sole. Le conseguenze sulla salute mentale delle persone che stanno avendo queste restrizioni le stiamo già vedendo, e probabilmente diventeranno più pesanti col passare del tempo. Intanto già a partire da queste festività, per molti sarà lampante ciò che i dati ci dicono da almeno un decennio: il Sud si sta svuotando, il nostro Paese è sempre più anziano e molte persone sono costrette a trasferirsi lontane da casa per avere una vita migliore.
Dal 2005, la Fondazione Migrantes fotografa la mobilità in uscita del nostro Paese attraverso uno studio annuale intitolato “Rapporto Italiani nel Mondo” (RIM). Secondo l’ultimo RIM, dal 2006, gli italiani iscritti all’Anagrafe dei Residenti all’Estero (AIRE) sono 5,5 milioni, e “al 1° gennaio 2020 […] si registrano quasi 198mila iscrizioni in più rispetto all’anno precedente (variazione 3,6%)”, inoltre, gli iscritti all’AIRE sono aumentati del “7,3% nell’ultimo triennio”. Un fenomeno che non riguarda solo persone in possesso della laurea ma anche molti diplomati e cittadini e cittadine del centro-Nord: “per quanto riguarda i luoghi delle partenze dall’Italia”, si legge nel RIM, “negli ultimi quindici anni gli aumenti più consistenti hanno caratterizzato il Nord, Nord-Ovest in particolare e, in parte, il Centro”.
Ogni anno il rapporto SVIMEZ fotografa invece i numeri dell’emigrazione interna: solo nel 2018 “il flusso di emigrati dal Sud verso il Centro-Nord ha raggiunto nel 2018 circa 118mila unità, 7 mila in più dell’anno precedente” e il pendolarismo fuori regione è più intenso che nel resto del Paese. A questo si aggiungono i numeri della crisi demografica: secondo il rapporto Istat pubblicato a luglio 2020, il 2019 ha fatto registrare “il record negativo di nascite dall’Unità d’Italia […] gli iscritti in anagrafe per nascita sono appena 420.170, con una diminuzione di oltre 19mila unità sul 2018 (-4,5%)”. Questi numeri rischiano di peggiorare a causa delle incertezze economiche legate alla pandemia perché solo nel mese di aprile 2020, il numero di occupati è diminuito di 274mila unità, con buona pace di chi ammiccava al fatto che con il lockdown si sarebbero fatti più figli.
Un altro numero preoccupante riguarda il rapporto tra occupati e pensionati: la CGIA di Mestre riferisce che in base ai loro dati “coloro che avevano un impiego lavorativo sono scesi a 22,77 milioni di unità mentre gli assegni pensionistici erogati sono superiori”. Una situazione aggravata da Quota 100, misura voluta dal primo Governo Conte, che consentiva di andare in pensione a chiunque avesse compiuto almeno 62 anni di età e versato almeno 38 anni di contributi. Nelle intenzioni dei legislatori, Quota 100 avrebbe dovuto sbloccare il turn over; nei fatti le pensioni erogate in più sono state circa 220mila alla vigilia di una crisi sanitaria ed economica senza precedenti – durante il suo intervento al Festival di Trento, Giuseppe Conte ha annunciato che Quota 100 non verrà rinnovata. I numeri ci parlano di un’Italia anziana da cui i giovani, specie al Sud, preferiscono allontanarsi. Queste persone poi fanno figli altrove mentre chi è rimasto sembra preferire non farli; nel frattempo il numero di anziani in pensione sale e la classe politica ha tutto l’interesse a rimodulare il welfare secondo le loro esigenze, incurante delle conseguenze che queste scelte avranno nel lungo periodo sulla società nella sua interezza.
Difficile prevedere quante delle persone che se ne sono andate sceglieranno di passare le festività natalizie nelle loro città d’origine. Ma anche se molte di queste prenderanno questa decisione, probabilmente saranno tanti i condomini a rimanere deserti e saranno tante le famiglie a passare il Natale lontani dai propri cari. Se fino a questo momento sono stati i numeri e gli studi a restituirci l’immagine di un’Italia sempre più anziana, quest’anno saranno le tavole apparecchiate per due, le chiamate su Zoom tra nonni e nipoti lontani, i single, i vedovi o le persone in isolamento o in quarantena fiduciaria, a raccontarci un Paese in cui chi ambisce a realizzarsi molto spesso deve allontanarsi da dove è cresciuto.
In questi anni, la classe dirigente ha dimostrato la totale incapacità di attuare politiche a favore delle giovani generazioni, limitandosi a qualche sporadico bonus o a campagne imbarazzanti come il Fertility Day voluto dall’allora ministra della Salute Beatrice Lorenzin. Non c’è da stupirsi: i luoghi decisionali sono composti principalmente da uomini bianchi e anziani che hanno tutto il loro interesse a scoraggiare qualsiasi tentativo di ricambio.
Qualche giorno fa, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha tenuto un discorso che ha avuto grande risonanza in tutta Europa. Rivolgendosi al Parlamento sulle misure di contrasto all’epidemia durante le festività, Merkel si è espressa in termini accorati decisamente inusuali per lei: “Mi dispiace dal profondo del cuore,” ha detto Merkel, “ma se il prezzo che dobbiamo pagare è avere 590 morti al giorno, allora non è accettabile. E se gli scienziati ci stanno praticamente implorando di ridurre i contatti una settimana prima di poter rivedere i nonni e le persone anziane a Natale, allora forse dobbiamo valutare bene se non sia il caso di anticipare l’inizio delle vacanze scolastiche al 16 invece che al 19 dicembre”. E ancora: “Cosa diremo in futuro, guardandoci indietro, se non saremo stati in grado di trovare una soluzione rispetto a tre giorni mentre è in corso un evento epocale?”.
Sembra di riascoltare la frase di un brano delle Luci della centrale elettrica: “Cosa racconteremo ai figli che non avremo di questi cazzo di anni zero?”. In dieci anni, Vasco Brondi e le Luci hanno dato voce a una fetta di quella generazione della provincia italiana, quella di chi rimane e di chi parte, guardandosi indietro, con un misto di rabbia e nostalgia, che a quanto pare non siamo ancora riusciti a risolvere. Impossibile sapere cosa diremo, a giorni, però, sarà possibile ascoltare il silenzio di certi appartamenti vuoti in condomini deserti la notte di Natale.