Il 6 gennaio 2021, tra le immagini che trasmettevano in diretta in mezzo mondo una scena surreale come l’assalto al Campidoglio di Washington, un personaggio spiccava particolarmente all’occhio. Con un abbigliamento da scalcinato guerriero vichingo, Jake Angeli ha colpito l’immaginario collettivo. C’era chi l’aveva trovato simpatico e chi lo giudicava soltanto un buffone innocuo. Di certo, divenne per i giorni a venire un vero trend-setter, tanto che varie riviste hanno indicato dove trovare i capi di abbigliamento che indossava. Tutti volevano sapere, tutti volevano cogliere le sfumature, i simbolismi, tutti volevano capire di più. Che cosa era stato a convincere tutte quelle persone a riunirsi e prendere d’assalto la sede del Congresso e del Senato degli Stati Uniti? Erano stati solo i velenosi discorsi di alcuni politici? Forse come spiegazione non basta.
Nel passato e nel presente sono state le cosiddette grandi narrazioni – più di ogni altro mezzo – a convincere le persone della necessità di combattere “contro il sistema” per una causa, affascinando con il feticcio di una spiegazione che ha portato anche alle azioni più estreme: attentati, assalti, devastazioni. Per questo uno dei mezzi a cui prestare più attenzione dovrebbe essere proprio la cultura, un terreno su cui ci si continua a giocare molto, con conseguenze che si ripercuotono anche nei modi più inaspettati. Le narrazioni legittimano, spiegano ciò a cui non si ha accesso. E così fanno anche i simbolismi.
Poco tempo dopo la non-rielezione di Trump, la data del 6 gennaio 2021 suonava come l’ora “x”, l’appuntamento per antonomasia. Qualche giorno prima nei trend di Twitter era apparso anche l’hashtag #CrossTheRubicon, passare il Rubicone, con un richiamo al momento in cui Giulio Cesare ha deciso di attraversare il confine simbolico e fisico delle norme che regolavano la politica della Roma repubblicana. A un certo punto, come ha ricostruito un rapporto della Ong Advance Democracy, su TheDonald, uno dei maggiori forum della galassia dell’estrema destra americana, si è scesi proprio nel dettaglio, discutendo appassionatamente di quale fosse il modo migliore per costruire una forca per i membri del Congresso “ostili” a Trump – e quindi che legno recuperare, quale tipo di corda usare e che tecnica utilizzare per fare il nodo. Gli utenti hanno fatto pure i calcoli: i materiali sarebbero venuti a costare intorno ai 200 dollari. Alla fine, una forca è apparsa per davvero fuori dal Campidoglio. Uno dei simboli più memorabili e inquietanti della giornata, insieme alle grida di alcuni manifestanti che chiedevano di “impiccarli tutti”. Il 6 gennaio 2021 era per tutti loro “il giorno del cappio”.
Uno slogan che rimanda al romanzo del 1978 The Turner Diaries, in cui un gruppo rivoluzionario clandestino di sedicenti “patrioti” noti come l’Organizzazione attacca il Campidoglio degli Stati Uniti, mentre un’autobomba al quartier generale dell’Fbi uccide centinaia di persone. In “The Day of the Rope”, (letteralmente Il giorno del cappio) gli adepti dell’Organizzazione impiccano pubblicamente politici, giornalisti e altri “traditori”. Il loro obiettivo è ovviamente rovesciare un governo federale che credono sia coinvolto in una vasta cospirazione elitaria. Osservando le immagini dell’assalto a Capitol Hill non si poteva non pensare a questo testo, tanto che L’Fbi ha definito i Turner Diaries come “la bibbia della destra razzista”.
Il romanzo è stato scritto da William Luther Pierce, capo del gruppo neonazista National Alliance, sotto lo pseudonimo di Andrew Macdonald, ed è in assoluto uno dei libri più letti e citati da gruppi di estrema destra come The Order e l’Aryan Republican Army, oltre ad aver ispirato diversi crimini d’odio e terrorismo negli Stati Uniti per più di quarant’anni. L’attentato di Oklahoma City del 1995, che uccise 168 persone, presentava sorprendenti somiglianze con gli eventi del libro.
Ma nell’orbita del complottismo internazionale e di QAnon non gravitano solo i libri, ma anche il cinema, i videogiochi, i blog e i sub-Reddit. Matrix, delle sorelle Wachowski, – almeno nella sua lettura distorta – è un film fondamentale, non solo per la storia del cinema mondiale, per la sua portata nella cultura di massa, nei riferimenti che ancora vi si trovano anche ad anni di distanza, ma soprattutto per l’importanza che riveste nella letteratura e negli ambienti complottisti. È il racconto di Neo, interpretato da Keanu Reeves, un hacker con una doppia vita, un “prescelto” che convive con la vaga ma esasperante sensazione che il mondo abbia qualcosa che non va. È come se in un certo senso fosse un “risvegliato”, uno che si rifiuta di guardare al mondo seguendo “la dittatura delle logiche del mainstream”.
Anche una delle scene più celebri, con la scelta del protagonista tra la pillola rossa e la pillola blu, è ormai un cult. Nella pellicola, la “pillola blu” riporta il protagonista alla sua vita di prima, mentre quella rossa può farlo invece “risvegliare”, mostrandogli una realtà differente, distopica, in cui l’umanità è inconsapevolmente sottomessa dalle macchine. Con il passare del tempo l’idea della “pillola rossa” si è fatta molto più sinistra. Come spiegato dal giornalista ed esperto di alt-right e teorie complottiste David Neiwert, “la ‘pillola rossa’ indica un processo di radicalizzazione, mentre ‘redpillare’ (dall’inglese to red pill) qualcuno significa farlo vivere in una realtà alternativa”. Come era scontato, presto anche il mondo cospirazionista si è appropriato della “pillola rossa”. Su YouTube – prima che la piattaforma lo rimuovesse – era molto attivo l’account James Red Pills America, che prometteva ai tanti seguaci di “istruirli sulla realtà” di un “mondo prefabbricato, controllato da un pugno di potenti come i banchieri ebrei, i Rothschild e George Soros”.
Matrix non è l’unico film riletto in chiave complottista. “La prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club” è una delle frasi più citate di Fight Club, film degli anni Novanta basato sull’omonimo romanzo di Chuck Palahniuk, diretto da David Fincher e interpretato da Brad Pitt, Edward Norton e Helena Bonham Carter. Si tratta sicuramente di una pellicola che ha portato sul grande schermo tematiche controverse come violenza fisica, un senso prorompente (e a tratti esagerato) di mascolinità, politica e trasgressione. Ma i meccanismi che l’hanno reso un cult e ne hanno spostato la portata su un livello molto superiore al semplice cinema sono altri. Palahniuk prima e Fincher poi, con la loro filosofia anticapitalista, hanno persuaso gli spettatori ad abbracciare quelle che sarebbero le sue tematiche portanti, ovvero la decadenza del mondo occidentale e la liberazione dalle catene della vita moderna. Fight Club non è una semplice storia contro l’asservimento alle logiche consumistiche, ma una critica poco approfondita e populista sul capitalismo occidentale, fino ad arrivare alla conseguenza naturale di una ribellione anti-sistema, con l’idea di formare un gruppo terroristico di matrice anarco-fascista per liberare l’uomo moderno dalla “gabbia in cui lo costringe il sistema”.
Uno degli aspetti più impressionanti di QAnon e del complottismo internazionale riguarda la sua natura narrativa. Il fenomeno stesso potrebbe essere in effetti descritto nei termini di un’iper-narrazione: una galassia costantemente in divenire, magmatica e capace di inglobare sotto la sua cornice, o incasellare nella sua struttura, tutte le narrazioni di complotto preesistenti, provenienti dai più disparati prodotti culturali. Una grande macchina narrativa che legittima tutto, che spiega informazioni a cui non si avrebbe altrimenti accesso. In un eterno ritorno dell’uguale in cui nella mente di chi crede, o come si chiamano tra di loro “i risvegliati”, esiste una e una sola convinzione: la realtà non è mai ciò che appare. Una realtà in cui le coincidenze non esistono. Per cui fatti totalmente separati tra di loro vengono accostati con il risultato di creare sillogismi aristotelici assurdi e anche paradossali per chi li osserva dall’esterno con occhio critico, ma enormemente convincenti e auto-confermativi per chi a quel mondo sente di appartenere.