Cercate su YouTube la parola “mukbang” e verrete sommersi da migliaia di video dal contenuto tanto semplice quanto spiazzante: ragazzi e soprattutto ragazze che mangiano, filmati estremamente dettagliati di pasti spesso esagerati consumati davanti alla telecamera, chiacchierando del più e del meno. Sono una delle ossessioni più recenti del web. Il mukbang è nato in Corea del Sud all’inizio del 2010 e da lì deriva il termine, fusione di “muok-da”, “mangiare”, e “bang song”, “trasmettere”. In poco tempo il fenomeno ha raggiunto una popolarità incredibile, fruttando ai protagonisti guadagni notevoli. La mukbanger coreana più famosa è la graziosa e minuta Park Seo-Yeon, in arte The Diva, che guadagna più di 9mila dollari al mese filmandosi ogni sera mentre divora quantità di cibo spropositate. Il suo canale YouTube ha più di 145mila iscritti e i suoi video arrivano a superare il milione di visualizzazioni.
Lo schema del mukbang è relativamente semplice: il protagonista consuma il suo pasto in tranquillità, intrattenendosi con il pubblico parlando di argomenti vari e spesso, ma non necessariamente, collegati al cibo. Il menù varia in base al gusto del mukbanger: pietanze elaborate e costose, ma anche cibo spazzatura (hamburger e pollo fritto sono molto popolari). Il pubblico interagisce nei commenti e spesso richiede che vengano mangiate pietanze specifiche. In alcune piattaforme di streaming (in Corea la più famosa è Afreeca TV) è anche possibile partecipare allo spettacolo in diretta e pagare il protagonista per determinate azioni come un boccone particolarmente grande o un’aggiunta di peperoncino. Anche il suono ha un ruolo fondamentale: sentire il rumore del cibo che viene masticato e ingerito stimola ulteriormente la sensazione di piacere, rievocando in modo più nitido l’atto del mangiare.
Nel corso degli anni il fenomeno si è espanso in America ed Europa. In Italia ha iniziato a prendere piede circa tre anni fa e tra gli YouTuber che si dedicano a questo tipo di video troviamo, ad esempio, Chiara D’Alessandro, Carlita Dolce, e Chiara Paradisi. Rispetto ai video coreani, la versione occidentale del mukbang non si differenzia di molto: mantiene lo stesso schema con alcune variabili dal punto di vista della scelta del cibo.
Vista l’enorme popolarità di questo fenomeno, una cosa è certa: moltissime persone amano guardare gli altri mangiare. Le immagini di cibo o di persone che mangiano (specialmente se si tratta di ragazze giovani e belle come in molti di questi casi) stimolano sensazioni positive che molti esperti associano al piacere sessuale. Tuttavia, al di là del piacere istintivo che questi video possono provocare, diversi studiosi tra cui sociologi, dietologi e medici, si sono interrogati per scoprirne le motivazioni. Prendendo in considerazione il contesto coreano alcune ricerche hanno collegato il fenomeno del mukbang al crescente numero di persone che vivono da sole. Come osserva lo scrittore e giornalista Jeff Young, la solitudine dei coreani potrebbe portarli a guardare i video mukbang mentre stanno mangiando per rievocare la sensazione di condividere il pasto con qualcuno. Nel mondo occidentale, però, sembrano prevalere altri aspetti: diverse persone, ad esempio, ammettono di utilizzare i video per regolare il loro rapporto con il cibo. Linda, mukbanger coreana, spiega come molti tra i suoi follower usino i suoi video per stimolare l’appetito se faticano a mangiare o, al contrario, per simulare un senso di sazietà e soddisfazione quando sono a dieta o non possono mangiare determinati cibi a causa di allergie e intolleranze. Questa stretta connessione tra mukbang e disordini alimentari preoccupa medici e psicologi al punto che in Corea il governo si è chiesto se fosse necessario fornire delle linee guida o addirittura porre delle limitazioni al fenomeno per paura che possa facilitare l’insorgenza di disturbi alimentari o favorire l’obesità.
Il mukbang incarna dunque molti aspetti del rapporto schizofrenico che la società ha con il cibo, dove ormai ben lontano dal rappresentare una semplice necessità vitale, è diventato un catalizzatore di significati sociali, culturali, economici ed emotivi. Il fenomeno del mukbang sembra racchiudere, tra le varie chiavi di lettura possibili, anche una forte connotazione di genere. Questo aspetto emerge, non solo dall’elevata percentuale di donne che si dedicano a questa pratica, ma soprattutto da come i video riconfigurino il rapporto tra donne e cibo. Una donna che si ingozza davanti a una telecamera si scontra con le tradizionali norme di genere. Il rapporto con il cibo è, infatti, a tutti gli effetti, socialmente condizionato dal genere: ingerire enormi quantità di cibo non è una pratica considerata femminile. Per gli uomini la faccenda è diversa: ingozzarsi non ha mai reso un uomo meno uomo. Anzi, mangiare tanto è spesso stato associato alla forza, alla potenza, alla virilità: basti pensare, ad esempio, alle gare di abbuffate che, dalla loro diffusione a metà del XIX secolo, hanno sempre visto un’enorme (seppur non esclusiva) partecipazione maschile.
Al giorno d’oggi siamo molto più abituati, rispetto al passato, a individuare e mettere in dubbio le norme di genere. Tuttavia, non possiamo ignorare che il rapporto tra donne e cibo abbia delle connotazioni specifiche, date da fattori storici, sociali e culturali che hanno ancora forti ripercussioni. Storicamente le donne sono coloro che preparano il cibo per gli altri: dal latte materno ai pranzi di Natale, sono le custodi del nutrimento. Eppure, quando le donne il cibo si trovano a mangiarlo, il discorso cambia.
Se si parla di cibo, si parla anche di corpo e dei canoni che lo regolano. La nostra epoca è ossessionata dal corpo e in particolare da quello femminile. Come spiegano Rossella Ghigi e Roberta Sassatelli in Corpo, genere e società, nell’ottica neoliberale il corpo è un progetto su cui investire tramite una serie di pratiche (dalle diete, alla palestra, agli interventi di chirurgia plastica) che lo rendano conforme a determinati criteri e contribuiscano a completare l’immagine del sé, fondamentale per la propria realizzazione. L’immagine che abbiamo del corpo tende quindi a conformarsi a determinati ideali collettivi: questo vale per uomini e donne e non bisogna dimenticare come la pressione degli standard di bellezza stia diventando, sempre più, anche un problema maschile.
Tuttavia, nella cultura occidentale, la donna è stata da sempre collegata alla corporeità e dunque agli impulsi e alla sregolatezza. Secondo l’autrice femminista Susan Bordo, questo è il motivo per cui, nell’ottica patriarcale, la donna va tenuta sotto controllo: il corpo femminile va regolato nelle sue pulsioni istintive, come la fame o il desiderio sessuale. La donna magra e conforme ai canoni estetici sociali è la donna che si sa trattenere, che antepone la ragione all’istinto e questo passa anche e soprattutto attraverso il controllo del cibo. Ecco quindi che il rapporto tra donne e cibo è spesso caratterizzato da una tensione tra desiderio di lasciarsi andare e senso di colpa nel non riuscire a controllarsi. Questo, nelle sue aberrazioni patologiche, favorisce i disturbi alimentari che, pur colpendo sempre più anche gli uomini, continuano a essere un fenomeno soprattutto femminile, dando origine a quella che la giornalista del Guardian Laurie Penny definisce “a generation of shrinking girls”, una “generazione di ragazze che si stanno restringendo”.
Come possiamo collocare, all’interno di questo quadro, video come quelli di The Diva, che ogni sera si mostra ai suoi fan mentre ingurgita cinque pacchi di noodles o trenta uova fritte? Questi video, lungi dal presentare un atteggiamento sano verso il piacere del cibo, in qualche modo sovvertono le regole, mostrando donne che soddisfano i loro più smodati desideri culinari. Le mukbanger appaiono sfogare senza freni la loro voglia di cibo e, di riflesso, sembrano soddisfare anche quella dei loro fan, diventando una sorta di “avatar dei desideri”. In questo senso il mukbang potrebbe essere interpretato come una forma di ribellione: un atto estremo che sfida decenni di diete e rinunce da parte del mondo femminile. Eppure, quando Lydie, mukbanger britannica, svela come bilanciare le abbuffate con una dieta a base di verdure o la coreana Gabie Kook racconta quanto esercizio fisico serva, dopo ogni video di mukbang, per rimanere in forma, o quando ancora Chiara Paradisi, con un passato da bulimica alle spalle, parla di come il mukbang la aiuti a migliorare il suo rapporto con il cibo, non possono che sorgere dubbi. Ulteriori perplessità, poi, sono date dal voyeurismo che questi video tendono a veicolare. Quando un uomo è disposto a pagare 50 dollari (o molto di più) per vedere una ragazza di bell’aspetto mangiare è, infatti, difficile non scorgere delle implicazioni sessuali. Queste sono senz’altro legate alla stretta relazione tra sesso e cibo, ma anche a una forma di oggettivazione di chi, nel consumare il pasto davanti alla telecamera, finisce per diventare “oggetto di consumo” da parte di chi guarda.
Forse, più che un atto sovversivo, questo fenomeno è piuttosto l’ennesima conseguenza delle logiche di controllo del corpo femminile. In un’emblematica manifestazione del cosiddetto “foodporn”, il mukbang è uno spettacolo che mette in scena la fantasia di poter dar sfogo ai propri desideri pur rimanendo allo stesso tempo fisicamente desiderabili. Tramite i video le ragazze possono sognare la fine del continuo controllo della fame e della forma fisica e gli uomini essere attratti – anche sessualmente – da donne ugualmente libere nei loro desideri e conformi alle “regole di femminilità”. Possiamo sederci e goderci l’intrattenimento, magari consumando anche noi la nostra cena e sentendoci meno soli, ma sarà difficile ignorare il fatto che anche nell’ambito di questo fenomeno, il corpo delle donne continua a dibattersi nella gabbia delle convenzioni socio-culturali che lo condizionano.