La pandemia, oltre a stravolgere le nostre vite, ha innescato un processo di rivalutazione di alcuni personaggi pubblici in base alle opinioni espresse negli ultimi due anni. Abituati a venerarli come idoli, più che a considerarli esseri umani, si è arrivati all’iconoclastia in seguito a una frase fuori luogo o a prese di posizione che consideriamo discutibili. Il caso più eclatante riguarda il filosofo Massimo Cacciari. Di fronte alle sue invettive televisive, la maggior parte dei commenti è andata infatti verso direzioni offensive, rivolte alla sua persona del tipo “L’età gli sta giocando brutti scherzi” e non al suo pensiero. In realtà Cacciari non ha perso un briciolo di lucidità, gli va semplicemente dato atto che essere un ottimo filosofo non ti rende un ottimo virologo.
Se storicamente parecchi uomini di scienza erano anche filosofi – da Pitagora a Galileo Galilei si potrebbe fare un elenco interminabile – oggi sembra essersi compiuta una scissione definitiva. La filosofia – così come la stessa scienza dura – si nutre dell’atto di dubitare ed è fondamentale che sia così, scavalcando qualsiasi dogma. Lo sbaglio di Cacciari non è quello di aver intrapreso il percorso del dubbio, ma di aver diffuso delle inesattezze in diretta televisiva (come peraltro tanti altri hanno fatto e continuano a fare), facendo purtroppo vacillare in questo modo la validità delle sue riflessioni riguardo il Covid.
Cacciari non è un No-Vax, si è anche vaccinato, ma appartiene a una categoria forse ancor più pericolosa in quanto insignita di una credibilità conquistata sul campo. Nell’immaginario collettivo, ormai, chi parla di dittatura sanitaria durante una pandemia appare come un complottista con posizioni antiscientifiche, anche perché spesso sfruttano questo termine – spesso senza capirlo né sapendo chi ha sviluppato la riflessione che ci ruota intorno – beceri terrapiattisti, che vaneggiano sui social nutrendosi e diffondendo notizie ricavate da siti inaffidabili e gruppi telegram di analfabeti funzionali guidati esclusivamente dal desiderio di conferma delle loro paure. In Italia, solitamente questi personaggi sono di destra, a volte hanno un passato grillino. Eppure c’è una percentuale di “insospettabili”, menti estremamente lucide e brillanti che – inspiegabilmente – hanno preso posizioni che sembrano non considerare le evidenze della Scienza.
Cacciari, infatti, è in buona compagnia. Insieme a Carlo Freccero e a illustri professori – come, tra gli altri, Giorgio Agamben e Ugo Mattei – ha dato vita a diversi convegni confluiti nella Commissione DuPre (“Dubbio e Precauzione”), dove sostanzialmente viene condannata “la campagna di disinformazione terroristica che fornisce dati falsi e criminalizza qualsiasi voce critica” e si dubita sull’efficacia del vaccino e sulle misure prese dall’Italia e dall’Unione Europea. Il problema sono i concetti che questi luminari sostengono.
Freccero avrebbe tutte le carte in regola per partecipare a un convegno sulla televisione degli anni Novanta, ma non sui vaccini. In questi mesi ha infatti dichiarato che il Covid non è altro che un complotto ordito da pochi miliardari, che i camion con le bare a Bergamo erano “tutte fesserie”, che ha paura del vaccino perché è “sperimentale” e che condivide totalmente il concetto di “green pass associato al nazismo e ai campi di concentramento”. C’è da dire che Cacciari non ha mai raggiunto questi livelli deliranti, eppure siede al suo stesso tavolo e fa parte della commissione che hanno creato insieme. Così anche il filosofo di fama internazionale Giorgio Agamben, che ha scritto un libro dal titolo sensazionalista L’invenzione di un’epidemia e che in Commissione Affari Costituzionali del Senato ha fatto un parallelismo tra il green pass e le misure intraprese da Hitler durante il nazismo. Non occorre perdere tempo per smentire certe uscite ingloriose, ma viene invece da chiedersi cosa ci faccia Cacciari in un contesto simile.
Forse Cacciari si è trovato nel posto sbagliato accompagnato da persone che sarebbero più compatibili sulla pagina Facebook di Gianluigi Paragone che in un convegno su una pandemia. Facciamo finta sia un peccato di ingenuità. Il problema è che anche concentrandosi sulle sue dichiarazioni personali viene fuori un quadro che poco ha a che fare con la Scienza. Cacciari, di recente si sta poi cimentando in una nuova disciplina: citare premi Nobel che non esistono. Per giustificare la sua infelice e falsa affermazione che “il vaccino curicchia”, il filosofo ha infatti tirato fuori due nomi, a suo dire premi Nobel, contro il famoso pensiero unico. Il primo, un certo Melòn, ha messo in difficoltà anche i migliori debunker. Alla fine si è arrivati a Robert W. Malone, scienziato con il dente avvelenato con la comunità scientifica, a suo dire “cancellato dalla Storia” dopo aver eseguito nel 1987 un esperimento che Nature definisce “epocale” per la storia intricata dei farmaci – e dei vaccini – a mRNA. Malone, infatti, mescolò filamenti di RNA messaggero con goccioline di grasso e ci immerse poi delle cellule. Scrisse poi l’11 gennaio del 1988 sul suo taccuino: “Se quelle cellule creassero proteine dall’mRNA trasmesso in esse, potremmo trattare l’RNA come un farmaco”. Malone ci aveva visto giusto, ma contrariamente a quanto affermato da Cacciari, però, non ha mai vinto alcun Nobel. E nemmeno un tale Kamper, o Camper, sempre citato da Cacciari.
Cacciari ha poi più volte definito “incostituzionale” il green pass, continuando a parlare di derive autoritarie e di paragoni con regimi distopici. Sviscera questi argomenti come se non fossimo nel mezzo di una pandemia che ha causato milioni di morti nel mondo, e soprattutto dimentica di dire che il green pass, nonostante alcune storture intrinseche, ha dato una spinta notevole alla vaccinazione, portando l’Italia ad avere percentuali altissime di vaccinati, tra le più alte al mondo, e mettendoci adesso in una situazione meno grave di altre nazioni che hanno invece adottato misure più morbide. Possiamo girarla in qualunque modo, ma direttamente o indirettamente il green pass ha salvato parecchie vite. E il vaccino, quello che secondo Cacciari “curicchia”, ne ha salvate dal Covid 500mila soltanto in Europa.
Un’altra caratteristica di Cacciari è che espone ormai certi pensieri con un continuo tono di lamento, che è diventato un suo tratto distintivo. Ovunque sia invitato, e viene il dubbio che lo chiamino anche o soprattutto per questo, tende a mostrare insofferenze verso chi conduce il programma, i telespettatori e i politici, ma il messaggio che lascia trasparire è sempre lo stesso: “Che cosa ci faccio in mezzo a questa gente?”. Questo è il Cacciari televisivo, perché poi quando tiene una lectio magistralis si trasforma: è pacato, per nulla burbero, nella dimensione accademica si trova a suo agio, mentre sotto i riflettori televisivi sembra afflitto da quella che ormai possiamo definire come una sorta di “sindrome di Sgarbi”.
Io continuerò a leggere i saggi di Cacciari e ad assistere alle sue conferenze, ma ormai mi viene spontaneo schivare i programmi in cui viene invitato per parlare di Covid. Questo è il meccanismo della tv e lui è caduto nella trappola di essere l’ospite scomodo, quello in grado di provocare una reazione, un momento à la Blob. Lo fa in buonafede, e no, non si è rincoglionito come purtroppo accade a tanti con il passare del tempo, ha solo ceduto alla discussione mass mediatica, senza rendersi conto che certe posizioni sono benzina per la destra più becera e per i No-Vax. Abbiamo ancora bisogno di un Cacciari in Italia, ma i suoi pensieri non devono essere strumentalizzati.