In un periodo segnato da guerre, tensioni politiche e sociali e dal ritorno del terrorismo internazionale, tentare di non inasprire l’odio sarebbe un obbligo morale. La miccia è già stata accesa – con l’Europa nuovamente vittima di attentati, come testimoniano gli episodi in Francia e in Belgio – e una classe politica coscienziosa dovrebbe evitare qualsiasi tipo di rischio, proteggendo i suoi cittadini. A livello di ordine pubblico, una piazza piena è già di per sé qualcosa di evitabile. Se quella piazza viene riempita “a difesa dell’Occidente e contro il fanatismo islamico”, è come mettersi un bersaglio in testa. Se, inoltre, a organizzare la manifestazione è un ministro del governo italiano, ovvero Matteo Salvini, ci si rende conto di come l’acume e il senso di responsabilità siano di casa altrove.
Salvini ha indetto una manifestazione a Milano per il 4 novembre, parlando di “un’occasione per ribadire l’importanza delle libertà e della democrazia, della lotta al terrorismo, all’antisemitismo e al fanatismo islamista”. Considerando lo scenario geopolitico attuale, è un modo ricamato per organizzare una manifestazione a sostegno del suo compare di ideologia Benjamin Netanyahu. A sorprendermi, però, è stato soprattutto il manifesto scelto per questo evento: faccione di Salvini da un lato, le parole “per la difesa” a caratteri cubitali al centro e poi il consueto elenco tanto caro al leader leghista. Per la difesa “dell’Occidente, dei diritti, della sicurezza, della pace, della libertà”. È stupefacente come tutte le parole scelte stonino con il pensiero di Salvini, apparendo più che inopportune proprio per l’esperienza politica del leader leghista. Analizzarle una ad una è forse il metodo migliore per comprendere l’ipocrisia di base.
Partiamo dalla difesa dell’Occidente. L’uomo che ha inferto in questi anni il colpo più grande all’Occidente è stato Vladimir Putin, con azioni che sono culminate con l’invasione dell’Ucraina. Non soltanto Salvini è sempre stato un estimatore del leader russo, al punto da chiedere ironicamente – e neanche troppo – di averlo in Italia al posto di Mattarella, ma ha firmato nel 2017 un accordo con il partito Russia Unita. Nel testo vengono elencati i reciproci scambi di informazioni, la cooperazione tra le parti, le “relazioni tra i deputati della Duma di Stato dell’Assemblea Federale della Federazione Russa e l’organo legislativo della Repubblica Italiana”. L’accordo non è mai stato revocato, nemmeno dopo l’invasione dell’Ucraina e nonostante le prese di posizione contro la Russia dello stesso governo di cui Salvini fa parte. È un controsenso quindi parlare di difesa dell’Occidente quando ci si allea con uno dei suoi principali antagonisti, colui che da più di un anno e mezzo sta devastando una nazione e la sua popolazione. Per lo stesso motivo sono ambigui i post sui social di Salvini in cui parla delle violenze contro le donne in Iran, quando l’asse Teheran-Mosca-Pechino è più che consolidato e ha interessi anche nel conflitto tra Israele e Palestina. Non credo proprio che in piazza a Milano Salvini sfoggerà nuovamente la sua maglietta con la faccia di Putin, ma non basta: sarebbe auspicabile rompere tutti i legami con chi l’Occidente lo sta picconando da tempo.
Sulla difesa dei diritti la situazione è ancora più paradossale. Leggere quella parola in questo contesto fa l’effetto di un invito all’integrazione in un volantino del Ku Klux Klan. Il governo Meloni, con la Lega in prima fila sugli argomenti in questione, sta facendo di tutto per smantellare i diritti in casa nostra, quindi non ha senso nemmeno sporgere il naso fuori dai nostri confini. Dalle donne relegate al ruolo di sforna-figli ostacolate anche quando devono abortire, per giungere all’oscurantismo e alla discriminazione ai danni della comunità LGBTQ+ e dei migranti, tutto viene da pensare tranne che l’attuale esecutivo sia sensibile ai diritti civili. Viene dunque da chiedersi a quali diritti si riferisca Salvini, considerando inoltre che a organizzare questa manifestazione non è un collettivo di minoranze o una forza d’opposizione politica, bensì chi il potere lo detiene.
Il terzo punto è la difesa della sicurezza. Come detto, radunare in piazza migliaia di persone – di fatto contro il fondamentalismo islamico – vuol dire creare un potenziale pericolo per l’ordine pubblico. Persino Fratelli d’Italia e Forza Italia, gli alleati di governo della Lega, hanno criticato l’idea di questa manifestazione. Guido Crosetto, ministro della Difesa, in occasione della Giornata delle Forze Armate aveva già deciso di ridimensionare notevolmente gli eventi istituzionali in pubblico, proprio per motivi di sicurezza, e ora si ritrova con un altro ministro che crea una manifestazione-crociata in grado di infiammare gli animi di più parti. In tutta Europa stanno cercando di limitare i grandi eventi, e non si capisce perché se a Parigi decidono di cancellare gli MTV European Music Awards in Italia un ministro si faccia promotore di una manifestazione divisiva. Perché anche questa volta il fine non sembra altro che propaganda: basta osservare i social di Salvini per capire come in queste settimane siano cambiati gli obiettivi. Visto il fallimento conclamato sugli sbarchi, Salvini parla meno di migranti spostandosi più sul versante religioso, prediligendo il repost di notizie legate al fondamentalismo islamico.
Proprio su questo tema, ha riciclato la figura di Oriana Fallaci, dichiarando di organizzare la manifestazione in suo nome. Non si tratta di un messaggio di poco conto, visto che il leghista non si riferisce di certo alla Fallaci delle sue opere legate all’emancipazione delle donne, ma ai libri e agli articoli post 11 settembre 2001, ovvero quelli intrisi di islamofobia. Gli ultimi anni della vita della grande giornalista, sono stati infatti caratterizzati da questa battaglia, cosa che la portò a scontrarsi apertamente anche con Tiziano Terzani, che invece le rimproverava la sua presa di posizione assolutista, discriminatoria e a tratti violenta, rimarcando come la stessa finisse con l’annientare la differenza tra fede e fondamentalismo. Dinamica che oggi trova la sua replica in queste iniziative. Il pensiero assolutista alimenta stereotipi e pregiudizi, favorendo associazioni forzate che fomentano l’odio sociale. Così tutti i musulmani diventano terroristi, con lo stesso apriorismo per cui tutti i siciliani sarebbero mafiosi.
Quarto punto: difesa della pace. Altra parola che Salvini dovrebbe pronunciare o scrivere con più prudenza. Da sempre, infatti, loda sui social Netanyahu, non di certo un candidato per il Nobel per la pace, e – come già detto – la sua infatuazione per Putin è stata ben documentata negli anni. Parlare di pace e contemporaneamente sostenere politici di estrema destra e dittatori dalle bombe facili è una forzatura logica, un modo per attribuire alla manifestazione un’accezione pacifica quando sottintende invece lanciare il guanto di sfida non al terrorismo in sé, ma a individui con diversi credi religiosi o ideologie politiche. È giusto che l’Occidente faccia scudo per evitare attentati o attacchi alla propria integrità, ma non è esacerbando l’intolleranza che otterremo risultati auspicati.
L’ultima parola impropria nel manifesto di Salvini, infine, è “libertà”. Stiamo parlando di un politico accusato di aver tenuto in ostaggio per giorni centinaia di persone in mare aperto, mostrandosi indifferente alla sofferenza umana per ottenere qualche consenso in più. Impedire a un individuo di muoversi è la privazione massima della libertà, e ad essa va aggiunta quella d’espressione. Salvini, l’uomo del “non si può più dire niente”, che manifesta dall’alto della sua poltrona da ministro, è lo stesso che ordinava alle forze dell’ordine di rimuovere gli striscioni contro il suo operato, zittendo ogni critica interferendo con le manifestazioni legittime. Tutte “in teoria” lo sono, persino quella di Salvini, ma qui stiamo parlando di un fattore di opportunità. Nessuno impedisce ai leghisti di radunarsi a Pontida o in qualsiasi altro luogo, ma in giorni ad alto rischio i motivi di ordine pubblico devono valere per tutti: non basta avere il distintivo da ministro-sceriffo per poter scavalcare la logica e il buonsenso.
All’incoerenza e all’ipocrisia di Salvini eravamo già abituati, certo. La scelta di questa manifestazione aggiunge però un nuovo elemento di acredine al suo atteggiamento. Se viene contestata ad Hamas la narrazione della “guerra santa”, non capisco perché si debba rispondere sullo stesso piano, ponendosi come nemici ufficiali a livello religioso e identitario. La lotta al terrorismo ha bisogno più di senno che di impulso tribale, di prudenza più che di provocazione. Non siamo in guerra contro l’Islam, né contro alcuna cultura diversa dalla nostra. Qualcuno lo spieghi al nostro ministro della Repubblica.