Aggiornamento del 7 Novembre 2019, ore 14:48
Dopo le minacce arrivate su internet a Liliana Segre, il prefetto Renato Saccone ha deciso di assegnarle la scorta: la senatrice a vita sarà accompagnata nei suoi spostamenti da due carabinieri.
Ci sono momenti nella Storia in cui tanti piccoli indizi fanno una prova, per poi arrivare ai gesti eclatanti che diventano una confessione. È appena successo in Italia, con l’ufficialità parlamentare. Al Senato bisognava votare una mozione per istituire una commissione straordinaria contro odio, violenza, razzismo e antisemitismo. In teoria una formalità da approvare a occhi chiusi, un’unanimità all’apparenza scontata a prescindere dall’ideatore della proposta; figuriamoci se il soggetto in questione è la senatrice a vita Liliana Segre, memoria della Storia. Eppure 98 senatori si sono astenuti, i rappresentanti di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Il momento è finalmente arrivato: la destra italiana ha deciso di non nascondersi più, mostrando la sua vera natura.
La mozione è passata grazie ai 151 voti favorevoli della maggioranza, ma l’ignominia rimane, amplificata anche dalla scelta della destra di restare seduta e non applaudire durante il tributo dell’aula a Liliana Segre. Non è stato però il punto più basso della vicenda, perché in seguito sono arrivate le giustificazioni all’azione deplorevole dei partiti in questione. Le parole di Salvini, Meloni e Berlusconi sono state il vero marchio dell’infamia, il punto finale di un lungo percorso fatto di legittimazione dell’odio, xenofobia e mezzi di propaganda capaci solo di incattivire una nazione. Per banalizzare il male.
La Commissione Segre, come riporta il testo, non ha alcuna bandiera politica ma “compiti di osservazione, studio e iniziativa per l’indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza nei confronti di persone o gruppi sociali sulla base di alcune caratteristiche quali l’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche e psichiche”. Liliana Segre riceve ogni giorno oltre 200 messaggi di insulti sui social incitanti all’odio razziale, e l’obiettivo di questa commissione è proprio evitare che chiunque possa scrivere in rete: “Hitler non hai fatto bene il tuo mestiere”.
75190 è il numero tatuato sul braccio di Segre da quando aveva 13 anni. Venne espulsa dalla scuola sotto il regime fascista in quanto ebrea, fu imprigionata e deportata ad Auschwitz. Il padre e i nonni vennero uccisi, lei fu tra i venticinque bambini sotto i 14 anni (su 776) a sopravvivere, diventando una testimone vivente dell’orrore. Adesso, a 89 anni, è costretta a sentire Giorgia Meloni, colei che è a capo di un partito che festeggia la ricorrenza della marcia su Roma, affermare che “La Commissione Segre è un tentativo della sinistra di ideare una censura politica”. Viviamo in tempi bui.
Meloni ha telefonato alla Senatrice a vita, dicendole di aver scelto di astenersi “in difesa della famiglia”. Viene da chiedersi dove sia il nesso, considerando il ruolo della commissione di sostegno ai perseguitati, agli emarginati, e non di certo una misura “contro” qualcosa, men che meno contro la famiglia. Ma forse la risposta migliore l’ha data proprio Segre, rispondendole: “Sono stata sposata per sessant’anni, difendo anche io la famiglia. Qualcuno mi dovrà spiegare cosa c’entri tutto questo con la commissione contro l’odio”.
Altro giro, altro delirio: Matteo Salvini ha definito la Commissione Segre una “commissione sovietica”. Secondo il leader della Lega è “giusto condannare una violenza che non tornerà, ma imbavagliare i popoli no”. Le contraddizioni nella frase di Salvini fanno rabbrividire. Intanto perché quella violenza non solo è già tornata, ma lui ne è – più o meno consapevolmente – il principale megafono, incentrando la sua politica sulla strategia della paura, sulla discriminazione e su una propaganda che ha l’unico risultato di aizzare il popolo contro le minoranze. Inoltre parlare di bavaglio è un espediente tanto logoro quanto meschino, perché la condanna del razzismo e dalla violenza non è mai una censura, ma un atto di giustizia.
Il problema principale è che l’istituzione di una Commissione contro l’odio intende combattere esattamente i mezzi su cui si è aggrappata la destra per aumentare i consensi, come ad esempio l’istigazione all’odio e le discriminazioni etniche, e loro stessi sono stati smascherati astenendosi al Senato. È stata una confessione, come se avessero ammesso il loro percorso politico, quello che prevede la normalizzazione dell’odio; abituare gli italiani alla paura dell’altro, del “diverso”, che sia un migrante, un omosessuale o un ebreo. È la Storia che si ripete ciclicamente, mutando la forma ma non la sostanza.
Il motivo per cui, erroneamente, la coalizione viene chiamata “centrodestra” e non “estrema destra” – nome più consono ai nazionalisti nostrani – è la presenza, sempre più superflua, di Forza Italia. La creatura di Berlusconi ha seguito Lega e Fratelli d’Italia nella scelta di astenersi, diventando complice di questa barbarie. Della mostruosità dell’astensione è consapevole Mara Carfagna, che ogni tanto ha qualche sussulto di orgoglio e si ribella ai diktat dei piani alti. Ha dichiarato infatti: “La mia Forza Italia, la mia casa, non si sarebbe mai astenuta in un voto sull’antisemitismo. Stiamo tradendo i nostri valori e cambiando pelle”. Anche qui il nodo è alla base: Forza Italia non è sua, ma di chi ha detto che “la mozione presentata in Senato è voluta dalla sinistra e istituisce un nuovo reato d’opinione”, Berlusconi. Continua dunque la sagra delle giustificazioni grottesche di quelle forze politiche che associano il razzismo e l’odio a “un’opinione”. Silenziare un razzista non è mettere un bavaglio, ma fare il proprio dovere.
Berlusconi ha poi proseguito dichiarando: “Chi conosce la storia recente dovrebbe sapere che il nostro governo è stato quello più vicino a Israele nella storia della Repubblica”. Questa frase è lo specchio dell’errore di fondo che si fa sull’antisemitismo, che non consiste nelle critiche alle politiche di Israele, ma in un’avversione atavica contro gli ebrei che sfocia in violenza. Si può dunque criticare Israele senza essere antisemiti, e quella di Berlusconi è soltanto una giustificazione di fronte al nuovo ruolo che il suo partito ricopre: stampella di Salvini e Meloni, per restare a galla.
Associare la Commissione Segre a una mossa politica è stato il vero autogol della destra, che ha finito per ammettere candidamente che i loro valori sono esattamente quelli che la commissione intende combattere, e in tal modo la loro presa di posizione crea un caso senza precedenti nella nostra storia repubblicana, con un’intera coalizione che si ramifica in una direzione marcatamente estremista. Non vi è infatti nessuna differenza tra Lega, FdI e CasaPound. I segnali c’erano tutti, mancava la conferma ufficiale, che è prontamente arrivata. Ed è un punto di non ritorno. È stato un processo lento, fatto di campagne social e migliaia di post contro i migranti, un martellamento studiato a tavolino che ha generato un sentimento di paura tramutato presto in intolleranza, concretizzato attraverso misure come i decreti sicurezza, con il linguaggio razzista di Salvini o con proposte aberranti. È il metodo più antico del mondo, nonché l’iter che precede la nascita di ogni totalitarismo.
Il fascismo non è stato che questo: legittimare l’odio e la violenza, far accettare agli italiani certi concetti e renderli ordinari. Adesso si sta ripercorrendo la stessa strada, facendo passare il messaggio di doversi difendere da entità nemiche. Quindi vessare le persone omosessuali per difendere la famiglia, lasciare in mare degli esseri umani per difendere i confini, insultare lo straniero per difendere la Patria. È facile trovare una giustificazione al male e renderlo un segmento della quotidianità; il popolo prima o poi si abitua, senza nemmeno accorgersene. Ma astenersi dalle leggi contro il razzismo è l’anticamera delle leggi razziali, è una proprietà commutativa che dovrebbe rappresentare un enorme campanello d’allarme. Invece i consensi dell’estrema destra continueranno ad aumentare, così come i messaggi sui social di chi afferma che, in fondo, Liliana Segre quei numeri tatuati sul braccio se li è meritati. E questa, mestamente, è la morte di una nazione.