Nel suo discorso di insediamento come neo segretario del Partito Democratico, Enrico Letta ha rilanciato il tema dello Ius Soli. L’argomento è stato inserito in un programma più ampio, ma le forze di destra di sono concentrate in modo ossessivo su quello, scatenando sui social un repertorio collaudato di falsità e mistificazioni che vanno a indebolire una riflessione necessaria e non più rimandabile per il nostro Paese. Matteo Salvini ha subito commentato che “Letta parte male”, per poi mettere in discussione la tenuta del governo Draghi.
Sullo stallo relativo allo Ius Soli entrambi gli schieramenti politici hanno le loro responsabilità. Il Pd ha avuto anni per fare andare in porto una legge come parte di diversi esecutivi, ma – usando le parole di Graziano Delrio – non hanno mai avuto il coraggio di portare avanti una battaglia giusta. La destra, in particolare Lega e Fratelli d’Italia, ha sempre confuso il dibattito pubblico e il suo elettorato con un’azione che ha raggiunto una delle sue vette nel recente intervento di Giorgia Meloni alla trasmissione Fuori dal coro, quando ha associato lo Ius Soli a una “cittadinanza automatica per gli immigrati”. Questo non è assolutamente vero.
Giuridicamente per Ius Soli si intende l’acquisizione della cittadinanza di un Paese se si è nati su quel territorio. In Italia vige invece lo Ius Sanguinis, che fa derivare la cittadinanza da quella dei genitori. Se i genitori non hanno la cittadinanza italiana, in base alla legge n.91 del 1992 “Lo straniero che sia nato in Italia può divenire cittadino italiano a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età”. In pratica chi è nato in Italia da genitori stranieri – che possibilmente vivono e lavorano qui da anni – è considerato un cittadino di serie B fino alla maggiore età, nonostante sia cresciuto in Italia frequentando le nostre scuole, parlando la nostra lingua e facendo parte attivamente della nostra comunità. Stiamo parlando di 800mila bambini e ragazzi che sono di fatto italiani, ma non vengono considerati tali dalla legge e dallo Stato in cui hanno sempre vissuto.
La propaganda della destra contro lo Ius Soli ha portato molti a non avere idea di cosa sia, mentre aizza altri a sostenere una battaglia anacronistica sulla purezza della razza italiana con reminiscenze sempre più insistenti di retaggio fascista. Chi ignora l’effettiva applicazione dello Ius Soli è spinto dalla propaganda di destra a pensare che sia il punto di arrivo della fittizia invasione dovuta agli sbarchi e ai porti aperti che continua a fare la fortuna elettorale di Salvini e Meloni. Chi invece non è guidato dalla paura o dalla mancata conoscenza sull’argomento, lo contrasta a livello ideologico e non ha nessuna intenzione di concedere i suoi stessi diritti – riservati giustamente a ogni cittadino italiano – a individui che fanno già parte di fatto del nostro tessuto sociale, a volte da decenni. Un sempre meno velato tentativo di conservare uno status quo che vuole l’Italia come un feudo del potere bianco che vede come una minaccia alla sua stessa esistenza l’incontro di nazionalità, religioni e culture diverse da quella europea, e spesso solo da quella italiana.
La frase che più volte in questi giorni è stata ripetuta da chi si oppone allo Ius Soli è che “Con tutti i problemi che abbiamo in Italia, la sinistra pensa allo Ius Soli?”. È l’artificio retorico ricorrente di chi ragiona per compartimenti stagni, come se la politica non potesse occuparsi di più tematiche contemporaneamente. Il Parlamento è un organismo organizzato con gruppi e commissioni che svolgono compiti diversi, e anche nel mezzo di una pandemia l’attenzione non è e non può essere rivolta esclusivamente a misure emergenziali. Inoltre, i diritti delle persone non possono continuare a essere considerati come bandierine da sfoggiare come medaglie al merito, dato che fuori dalla zuffa politica si parla del futuro e della dignità di centinaia di migliaia di persone, senza contare quelle che verranno in futuro. Chiedere al Pd di non parlare di Ius Soli per concentrarsi, per esempio, su giovani e lavoro è un esercizio di retorica. Intanto perché Letta ha toccato anche questi punti nel suo discorso programmatico, e poi perché gli 800mila ragazzi discriminati che per la legge non sono cittadini italiani, un giorno saranno lavoratori che pagheranno le tasse e contribuiranno al benessere e alla tenuta di un Paese che nella visione della destra deve continuare a trattarli come se fossero degli invisibili, quando non direttamente degli indesiderati.
Tra tutte le fake news su cui martellano i sovranisti, una delle più ricorrenti è che questa misura non esista quasi in nessuna parte del mondo. In realtà lo Ius Soli puro è legge nella quasi totalità del Nord, Centro e Sud America. Negli Stati Uniti è conosciuto come birthright citizenship ed è presente nella Costituzione dal 1868. Per legge, chi è nato negli Stati Uniti ha automaticamente diritto alla cittadinanza. L’unico Presidente che ha cercato di smontare questa normativa è stato Donald Trump, non a caso punto di riferimento e modello di gran parte delle destre xenofobe di tutta Europa.
La maggior parte degli Stati europei attua invece uno Ius Soli temperato, ovvero un diritto alla cittadinanza con qualche paletto in più. In alcune nazioni è molto semplice ottenerla: in Germania è automatica se i genitori risiedono da almeno otto anni nel Paese, in Spagna serve addirittura soltanto un anno di residenza, mentre Svezia e Grecia ne richiedono cinque; nel Regno Unito basta che uno dei due genitori abbia un permesso di soggiorno a tempo indeterminato. Anche l’Italia ha provato ad allinearsi agli altri Paesi europei con uno Ius Soli temperato, con un Ddl presentato nel 2015: passata la legge alla Camera, è stata poi bloccata in Senato.
Il testo prevedeva la cittadinanza per i figli nati in Italia da stranieri residenti da almeno cinque anni sul territorio nazionale, con l’aggiunta dello Ius Culturae, ovvero la cittadinanza per il minore straniero nato in Italia o entrato nel nostro Paese prima del compimento del dodicesimo anno di età, in seguito alla frequentazione di cinque anni di cicli scolastici del nostro sistema nazionale di istruzione. Dopo l’approvazione alla Camera nell’ottobre del 2015, il testo si è arenato in Senato subendo due anni di ritardi. La votazione fu calendarizzata soltanto il 24 dicembre del 2017, l’ultima data disponibile prima dello scioglimento delle Camere in vista delle elezioni del 2018. Tutto saltò perché mancò il numero legale per la votazione, a causa dell’assenza dei senatori della destra in blocco e soprattutto di quelli del M5S. Già astenuti durante il voto alla Camera, i rappresentanti grillini non votarono anche in Senato. Il risultato è che la legge scomparve da tutti i programmi dei successivi governi, e da allora centinaia di migliaia di italiani di fatto sono in attesa di sapere quale sia il loro status per la politica italiana.
L’opinione espressa da Letta è stata un atto dovuto per riproporre al centro del dibattito un tema che non si può più ignorare, dietro alla codarda e ipocrita scusa di comodo delle “altre priorità”. Lo Ius Soli non è una sfida alla destra o un espediente per rianimare l’anima progressista delle forze di sinistra, ma un passaggio fondamentale per non restare indietro sui diritti inalienabili dell’essere umano. Chi nasce, cresce e studia in Italia non può vivere in un limbo di discriminazione istituzionale e vedere il proprio futuro ostaggio del tornaconto elettorale di alcuni partiti. Bisogna portare avanti le battaglie giuste anche quando sono scomode o sono impopolari tra i propri stessi elettori. Il centrosinistra ha già fallito su questo in passato, ora ha l’occasione per riparare a un grave errore nella sua storia recente.