A fine aprile, la Camera della Florida ha approvato, a poche ore dalla decisione del Senato, il disegno di legge repubblicano che cancella il Reedy Creek Improvement District, sul quale Walt Disney riuscì a porre le fondamenta del suo impero. Il Reedy Creek Improvement District è il distretto di giurisdizione e di tassazione speciale che la Florida riconobbe per le terre acquistate da Walt Disney per il suo Walt Disney World Resort nel 1967. Comprende più di 10mila ettari e tocca le contee di Orange e Osceola. Con questo status, la Walt Disney Company poteva agire con la stessa autorità e responsabilità di un governo di contea, riscuotendo le tasse, fornendo servizi di emergenza e costruendo nuove strutture, senza l’approvazione di una commissione di pianificazione locale. Una vera e propria terra franca, concessa al gruppo dati gli enormi investimenti e ritorni economici di cui la Florida godeva potendo vantare il prestigio di ospitare il parco divertimenti di Orlando.
La decisione di porre fine a questo statuto è un duro colpo per la famosa azienda di intrattenimento, che vede così persa la sua autonomia sui parchi divertimento che gestiva senza intromissioni della Florida da più di cinquant’anni ed è una grande vittoria per il giovane governatore repubblicano Ron DeSantis, di origini italiane. DeSantis sta diventando uno dei personaggi più in vista della politica statunitense e c’è già chi parla di lui come candidato repubblicano per le elezioni presidenziali del 2024. Gran parte della sua visibilità l’ha ottenuta proprio attraverso questa battaglia legale ingaggiata contro la Walt Disney Company. Ma la motivazione che lo ha spinto non sembra essere di carattere fiscale, bensì una ripicca per “punire” l’opposizione che la Disney aveva mosso a un sua legge che limitava in classe la discussione sull’identità di genere e l’orientamento sessuale.
La “Parental Rights in Education law” (la legge “Diritti dei genitori nell’istruzione”) è comunque stata approvata dalla maggioranza repubblicana dello Stato il 9 marzo scorso e dopo qualche settimana il testo è stato firmato dal governatore. Quando questa legge entrerà ufficialmente in vigore – il primo luglio – gli insegnanti e gli educatori esterni non potranno più parlare di temi e nemmeno di persone LGBTQ+ a scuole elementari della Florida. La legge, soprannominata dagli oppositori “Don’t Say Gay”, dà la possibilità ai genitori di citare in giudizio una scuola se questa norma dovesse essere violata e venissero trattati questi argomenti, che per i politici repubblicani dovrebbero diventare – o restare – tabù. Durante la conferenza stampa, prima di firmare la legge, DeSantis ha detto che insegnare ai bambini che “possono essere quello che vogliono” è “inappropriato per i bambini” stessi e ha aggiunto: “È qualcosa di inadeguato ovunque, ma specialmente in Florida”.
La legge ha suscitato grandi proteste in tutto lo Stato fin dalla sua presentazione, con manifestazioni e sit-in di attivisti, ma anche da parte dei dipendenti Disney. Questa, infatti, è solo l’ultima delle diverse leggi che gli Stati Uniti hanno imparato a conoscere dopo l’era Trump e che mirano a discriminare apertamente le giovani persone LGBTQ+ fin dalla prima infanzia, nelle scuole, nei campi sportivi e negli studi medici. Leggi del genere sono l’esito dell’evoluzione del partito repubblicano, sempre più vicino ad ambienti reazionari cristiani che mal accettano le significative aperture dimostrate negli ultimi dieci anni dal partito democratico rispetto all’inclusività. Negli Stati Uniti, come era stato previsto all’alba delle ultime presidenziali, la polarizzazione politica si sta facendo sempre più forte, finendo per allontanare le due controparti che hanno iniziato a credere e vivere valori molto diversi fra loro all’interno dello stesso Stato. Se con Trump la politica statunitense ha sostenuto gli ambienti neo-razzisti, apertamente misogini e omofobi, il partito democratico ha tentato di reinventarsi proponendo esponenti politici sempre più rappresentativi di quelle battaglie, che i sostenitori di Trump cercavano ovviamente di colpire: è il caso di Alessandra Ocasio Cortez e di Pete Buttgieg. La strategia di Biden – subito dopo l’elezione del novembre 2020 di definirsi il presidente di tutti, eliminando le ostilità interne – non sembra aver avuto molto successo, e la polarizzazione negli Stati Uniti ormai è strabordata dai margini della politica, arrivando al confronto con la vita quotidiana e all’educazione dei bambini ai valori che ciascuna delle due parti ritiene più giusti.
I sostenitori della nuova legge della Florida affermano che sia compito dei genitori determinare quando, ma soprattutto in che modo, introdurre argomenti LGBTQ+ ai loro figli. Tra chi si è opposto fin da subito alla legge c’è stato invece il Trevor Project, organizzazione no-profit americana che dal 1988 si batte per la prevenzione del suicidio tra giovani persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e non-binarie. Secondo questa associazione, infatti, i tentativi di suicidio fra i giovani LGBTQ+ potrebbero aumentare di molto, dal momento che si troverebbero improvvisamente in un ambiente che non solo non è più in grado di tutelarli, ma che è anche costretto a non farlo, finendo quindi facilmente per isolarli e renderli invisibili. Per questo motivo si sono mobilitati in molti fra associazioni, genitori, insegnanti e celebrità, impegnandosi a dare un segnale e tentare di non far diventar questa proposta una norma dello Stato. Ron DeSantis, però, è andato dritto per la sua strada, anche quando la stessa Casa Bianca si è espressa sul tema, definendo la legge “crudele”.
Ron DeSantis è stato preso in contropiede solo quando a intervenire, dopo i primi tentennamenti, è stata la Disney, mobilitata dall’interno dai propri dipendenti. Nel momento in cui uno dei più grandi investitori dello Stato criticava una proposta di legge che portava il suo nome e congelava le donazioni alla sua campagna elettorale per il secondo mandato da governatore, DeSantis ha intrapreso la sua battaglia legale, definendo la Disney la “compagnia californiana che vuole governare il nostro Stato” oltre che di voler portare avanti un programma di ideologia “woke” – termine che definisce l’atteggiamento di chi è particolarmente attento e impegnato contro le ingiustizie sociali, di genere e di etnia. E sembra aver ottenuto la sua vittoria. Molti commentatori politici parlano infatti di un probabile boomerang per l’economia della Florida, dato che la Disney detiene circa un miliardo di bond pubblici, che ora dovranno essere coperti dall’amministrazione locale aumentando le tasse. La compagnia di cartoni animati, poi, in cambio del suo statuto speciale provvedeva a servizi pubblici, emergenze e manutenzione di strade per circa 164 milioni di dollari all’anno, che ora dovranno essere pagati dai residenti. Al momento, però, tutto questo non sembra preoccupare DeSantis.
La battaglia legale fra la Disney, le associazioni LGBTQ+ e lo Stato della Florida probabilmente procederà con una serie di ricorsi, ma il dato interessante è il quadro che emerge sull’educazione dei bambini, sempre più divisa tra democratici e repubblicani. Questa visione ottusa e morbosa di un’educazione che censura alcuni temi fondamentali per una crescita equilibrata è la stessa leva attraverso cui la destra e il centro italiano sono riusciti a bloccare la legge contro l’omotransfobia. Se si vuole puntare a una società più giusta e inclusiva, bisogna proprio partire dalle scuole, e i conservatori sembrano saperlo molto bene.