Perché in Italia non facciamo educazione sessuale?

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In Mean Girls, del 2004 diretto da Mark Waters e scritto da Tina Fay, le ragazze del liceo di North Shore usano il sesso come arma di ricatto e sopraffazione. Nel frattempo, l’educazione sessuale è affidata al coach della squadra di football, che predica l’astinenza e crea il panico sull’argomento. Anche se si tratta di un film, la situazione non è tanto diversa nel nostro Paese. L’Italia è infatti uno dei pochi Paesi nell’Unione Europea, insieme a Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania, in cui l’educazione sessuale non è obbligatoria nelle scuole. Eppure l’Agenzia di salute sessuale e riproduttiva delle Nazioni Unite riconosce l’educazione sessuale nel novero dei diritti umani e ha stilato delle linee guida per le scuole da rispettare, che includono – oltre alle nozioni di anatomia e fisiologia – anche educazione all’affettività, alle relazioni e alle differenze di genere. Questo vuoto normativo ha generato una situazione di anarchia e, soprattutto, ha messo i genitori nella posizione di opporsi ai corsi di educazione sessuale nelle scuole, che vengono in genere affidati ad associazioni esterne – che non è detto siano in grado di affrontare il tema nel modo corretto. In un liceo di Monopoli, ad esempio, il corso era stato affidato a un’associazione antiabortista, che aveva sconvolto gli studenti mostrando un documentario del Movimento per la vita del 1984 intitolato L’urlo silenzioso, che mostrava immagini reali di aborti tardivi. In buona parte dell’Europa si segue invece quella che è chiamata “educazione sessuale onnicomprensiva”, prevista dalle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità. L’Olanda, che applica questo metodo sin dagli anni Sessanta, ha raggiunto il più basso tasso in Europa di gravidanze nelle adolescenti.

Là dove non arriva la scuola, intanto, arriva la pornografia. Il 70% dei quattordicenni è già entrato in contatto con materiale pornografico online, spesso senza avere alcuna conoscenza in materia di sessualità. Secondo un’indagine dell’Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza, il 19% degli adolescenti ha rapporti sessuali prima dei 14 anni, anche se il 73% non conosce le principali malattie a trasmissione sessuale. Come uscire da questo impasse? La proposta di molti attivisti è di educare i ragazzi con strumenti alternativi. Internet, soprattutto, dove esistono moltissimi canali YouTube e pagine Instagram gestite da ragazzi che parlano di sesso ad altri adolescenti. Un’iniziativa simile è l’ambizioso progetto di Making(of)Love, un documentario nato da un’idea di Paolo Mottana, docente di filosofia dell’educazione presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca. Dietro Making(of)Love c’è la volontà di ribaltare gli stereotipi della sessualità, facendo educazione sessuale anche su quei temi che spesso vengono lasciati in disparte: la sessualità queer, il BDSM, il sesso anale, il feticismo. Questo perché è necessario, finalmente, parlare di sesso. Il progetto è supervisionato da Lucio Basadonne e Anna Pollio, ma la fase di creazione e scrittura è totalmente affidata a 8 ragazzi dai 18 ai 24 anni.

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