Una delle narrazioni più comuni che emergono quando si parla di neofascismo è che coloro che perpetuano una simile ideologia sono semplicemente degli ignoranti. Eppure vengono spesso invitati nei programmi tv come personaggi antagonisti per fare audience, spronandoli a esprimere la loro visione su questioni socio-politiche. A meno che non si condividano queste vere e proprie stupidaggini, siamo portati troppo spesso a bollare le visioni espresse da tali personaggi come prive di logica o dettate, per l’appunto, dal fatto di non conoscere abbastanza, in realtà si tratta di questioni ben precise che scaturiscono da un’ideologia studiata. Ridurre il neofascismo a questi episodi mediatici e bollare il tutto con “ignoranza” non porta ad analizzare un problema ben più grave, ossia il fatto che le medesime ideologie si possono trovare anche in quei luoghi in cui tale “ignoranza” non dovrebbe esistere, come scuole e Università. Bisognerebbe piuttosto considerare, e attuare, le leggi in vigore, perché il nazifascismo è un crimine e non un’opinione.
Recentemente, diverse testate giornalistiche hanno parlato di Emanuele Castrucci, il professore di Filosofia politica e del diritto dell’Università degli Studi di Siena a causa della segnalazione di diversi utenti di Twitter, che hanno sottolineato come i post pubblicati da Castrucci fossero evidentemente filonazisti, antisemiti e negazionisti. Il caso ha avuto poi una maggior risonanza mediatica per la risposta del Rettore dell’Università, Francesco Frati, che ha suscitato subito diverse polemiche. Infatti, Frati in un tweet aveva risposto dicendo che Castrucci scriveva a titolo personale e aggiungendo che l’Università di Siena si è da sempre dichiarata antifascista. Tuttavia questa risposta non ha soddisfatto molti utenti, i quali hanno sottolineato come, nonostante tale dichiarazione, il problema principale fosse la presenza di un professore nazifascista in un’università pubblica.
Caro @marcocongiu, il Prof. Castrucci scrive a titolo personale e se assume la responsabilità.
L’Università di Siena, come dimostrato in molteplici occasioni, è dichiaratamente anti-fascista e rifugge qualsiasi forma di revisionismo storico nei confronti del nazismo. https://t.co/1Aejt0CNPZ— Francesco Frati (@francescofrati) December 1, 2019
Nel momento in cui la questione è diventata virale, sul sito dell’Università è stato pubblicato un comunicato in cui il Senato accademico dichiarava la condanna unanime nei confronti di Castrucci, a cui seguiva la presentazione di una denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena. Tuttavia, ciò che fa ancora molto discutere è il fatto che in tutto questo tempo, nessuno abbia mai preso provvedimenti, dato che erano almeno tre anni che Castrucci pubblicava post nazifascisti e razzisti. Nel 2016, ad esempio, Castrucci scriveva, parlando degli attentatori in Germania e in Francia, che per rispondere a coloro che dicevano che gli italiani di seconda generazione non potevano essere mandati via, in quanto concittadini, bisognava dire “ciò che certifica è la razza”, paragonando quindi tutte le persone italiane di origine straniera a terroristi. Lo scorso anno contribuiva alla divulgazione di informazioni false sul Piano Kalergi e sulla sostituzione etnica. E ancora: a gennaio di quest’anno scriveva che uno dei difetti del fascismo fosse quello di essere stato troppo clemente verso i propri avversari. Infine, Castrucci è stato anche un editorialista di uno dei numeri de Il Primato Nazionale, testata giornalistica affiliata al gruppo neofascista Casapound. Qui è stato presentato come una firma di “caratura internazionale” per un numero della testata che si basava su complottismi relativi a “Soros burattinaio”.
Il caso Castrucci non è isolato. Prima di questo infatti, il professore di storia e filosofia, Matteo Simonetti, dell’Istituto Superiore Da Vinci, di Civitanova Marche, in provincia di Macerata, durante un dibattito sulla Resistenza a cui erano presenti alcuni delegati dell’Anpi, ha esordito sollevando dubbi sulla veridicità di ciò che viene riportato sui libri di storia e che per parlare di fascismo “serve contraddittorio”. Inoltre, Simonetti è uno dei maggiori sostenitori del Piano Kalergi: nel 2015 è stato collaboratore di Byoblu, noto sito – e canale You Tube che oggi conta 306mila iscritti – di Claudio Messora, che tratta di attualità, politica e migrazioni con toni complottisti. E lo scorso anno ha di nuovo parlato del Piano Kalergi sullo stesso canale. Inoltre, il preside dell’Istituto Superiore di Civitanova Marche ha risposto alle polemiche dicendo che il negazionismo è legittimo.
Generalmente, quando si parla del nazifascismo, si tende a dire che l’unico modo per combatterlo sono lo studio e la cultura. Tuttavia, l’esempio di questi due professori dimostra come non sia così e di come, al contrario, spesso un certo tipo di formazione non faccia altro che perpetuare ciò che si cerca di contrastare. Il fatto che la Shoah sia esistita, così come molti altri crimini e repressioni nazifasciste, è un fatto conclamato e provato. Al giorno d’oggi nessuno dovrebbe mettere in dubbio ciò che accadde in Italia e in Germania negli anni anni Trenta del Novecento. Eppure è evidente che il negazionismo continui a essere una costante, specie se viene alimentato da una cultura – quella nazifascista – che trova la sua forza sia nelle teorie revisioniste a cui hanno fatto affidamento questi professori, sia tra chi, come nel caso di Civitanova Marche, ritiene che serva un contraddittorio per parlare di fascismo, come se ne esistesse una versione “buona”.
Non è un caso che tra gli autori citati da Castrucci ci fosse Henry Ford con il suo libro The International Jew, uno dei testi complottisti più noti che parla di come gli ebrei abbiano presunti “piani finanziari” per conquistare il mondo. Il punto è che non ci si aspetterebbe che un docente universitario di filosofia, che quindi si presume che abbia avuto una formazione storica ricca e soprattutto convalidata, divulghi e dia adito a certe teorie. Né tali teorie possono essere definite come semplici opinioni personali. Si fosse trattato di un fondamentalista di un’altra religione, si sarebbe gridato all’estremismo e al terrorismo. In quel caso nessuno avrebbe giustificato dei post appellandosi alla “libertà di pensiero”. Però troppo spesso si punta il dito all’esterno rispetto a ciò che si ha in casa, senza rendersi conto che spesso si tratta di due facce della stessa medaglia.
Basti pensare all’operazione svolta a luglio dalla Digos di Torino che ha portato al sequestro di interi arsenali da guerra, in diverse città del Nord Italia, a dei gruppi neofascisti; o ancora al più recente caso di inchiesta su un gruppo di neofascisti che a Siena progettava di far saltare in aria una moschea – un’indagine che si è conclusa con dodici indagati tra cui due arrestati per detenzione illecita di esplosivo e ordigni bellici; infine all’operazione “Ombre Nere”, svolta dalla Digos di Enna, che ha portato a un’indagine su diciannove neonazisti che miravano a ricreare il Partito nazionalsocialista dei lavoratori con un’ulteriore aggravante per partecipazione ad associazione eversiva e istigazione a delinquere.
Il 4 ottobre di quest’anno, la Corte di Strasburgo ha stabilito che la negazione dell’Olocausto non è protetta dalla libertà d’espressione. La Corte lo ha stabilito in occasione del ricorso di Udo Pastors, ex capo del partito Npd contro la sua condanna in Germania. Pastors, nel 2010, durante un discorso al Parlamento del lander di Meclemburgo-Pomerania Anteriore, aveva infatti detto che “il cosiddetto Olocausto è utilizzato per ragioni politiche e commerciali”, aggiungendo che “dalla Seconda Guerra Mondiale i tedeschi sono stati esposti a un’infinita raffica di critiche e bugie propagandistiche”. In Italia, nonostante dal 2017 esista l’aggravante di negazionismo, che può comportare la reclusione dai due ai sei anni, ci ritroviamo con persone, in questo caso docenti, che non solo mettono in dubbio ciò che è accaduto, ma ne fanno un’apologia. L’Italia è stata la collaboratrice più importante nella deportazione di persone ebree nei campi di concentramento nazisti, ma non c’è mai stata una defascistizzazione tale da prevenire il negazionismo. L’aggravante è stata inclusa nella Legge Mancino, mentre in Paesi quali la Germania e l’Austria – nei quali è avvenuto anche un processo di denazificazione – il reato di negazionismo ha una valenza di ben altra portata. In Austria, ad esempio, il Verbotsgesetz 1947 non solo prevedeva la denazificazione ma, dal 1992, proibisce la negazione o la minimizzazione del Nazismo.
L’esistenza di leggi quali la Legge Scelba, che condanna l’apologia di fascismo e la riorganizzazione del partito fascista, o la Legge Mancino, che condanna gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista, e aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali, non hanno impedito che continui ad avvenire tuttora una normalizzazione di tali ideologie. Il tutto viene poi sostenuto e veicolato da una specie di pop culture mediatica che le rende, esposte in prima serata, quasi folkloristiche. Si pensi al programma “Dritto e Rovescio” e allo scontro grottesco avvenuto in diretta tra il fumettista Vauro Senesi e un neofascista chiamato “Brasile”, atto esclusivamente a creare audience. Ci si ostina a intervistare o invitare persone che ancora oggi credono e diffondono teorie antiscientifiche sull’idea di razza contribuendo a far sentire la loro voce solo per fare ascolti: sul programma Piazza Pulita, è andata in onda una puntata sull’odio razziale, sull’antisemitismo e sul caso dell’Università di Siena. In questa puntata un inviato del programma è andato a intervistare Paolo Sizzi, un uomo già condannato per istigazione all’odio razziale e che sui social, soprattutto su Twitter, pubblica post analoghi a quelli di Castrucci. C’è da chiedersi se sia davvero necessario dare visibilità a determinati soggetti: Arianna Ciccone, giornalista di Valigia Blu invitata in quella puntata, ha infatti sottolineato come andare alla ricerca di determinati personaggi sia deleterio – ci sono studi che lo dimostrano – e che il focus principale avrebbe dovuto essere il fatto che le cattedre universitarie, o scolastiche, possano essere affidate proprio a neofascisti.
La realtà è che fascismo e nazismo continuano a serpeggiare nei vari livelli della società: da Comuni che prendono iniziative ambigue, come quello di Schio, che boccia una mozione sulle pietre d’inciampo perché ritenute “divisive”, a dibattiti sul 25 aprile e di come venga vista ancora oggi come festa divisiva. E nonostante tutto vengono tollerati fino ad arrivare a insediarsi anche in scuole o Università.
Emanuele Castrucci non è il prodotto della semplice ignoranza. Non si tratta di una persona che “non ha studiato”, ma di una persona che ha una formazione inquadrata nell’ideologia nazifascista. E oggi, in Italia, anziché essere condannata senza troppi giri di parole, diviene oggetto di dibattito – che sia sui social network o sui programmi tv. Il nazifascismo non potrà mai essere un’opinione, rimarrà sempre un reato e come tale deve essere considerato. Bisogna ripartire proprio da quel mancante processo di defascistizzazione – insieme a un’applicazione effettiva delle leggi vigenti, con una maggior attenzione al reato di negazionismo – per contrastare queste visioni liberticide ed evitare che vi siano professori fascisti nel percorso di formazione degli studenti, dato che la scuola, lo studio e la cultura dovrebbero contribuire ad aprire le menti.