Il vero bersaglio del Signor Distruggere è il nostro senso di realtà

Ho scoperto tardi il Signor Distruggere e la sua crociata contro le cosiddette ‘mamme pancine’. Me ne ha parlato per la prima volta, qualche mese fa, un mio amico che si è trasferito negli Stati Uniti, dove insegna filosofia all’università. Stavamo chattando del più e del meno e, non mi ricordo come, è arrivato a dirmi: “Conosci il Signor Distruggere? No? Ma devi seguirlo assolutamente!” Secondo lui era un ottimo modo per rendersi conto del degrado imperante e dell’abisso di ignoranza che ci circonda. Ora che sono abbastanza in confidenza col fenomeno in realtà mi sento di dargli ragione, ma il degrado e l’ignoranza che Distruggere rivela, per quanto mi riguarda, non sono tanto quelli delle presunte autrici dei post diventati virali sui social.

Avrete sicuramente sentito parlare della pagina Facebook gestita dal 32enne salernitano Vincenzo Maisto, diventata famosa (al momento conta circa 760mila follower) per la quotidiana diffusione di materiale (anonimo) recuperato mediante le segnalazioni dei suoi seguaci, infiltrati in gruppi segreti dedicati alla maternità e al mutuo sostegno tra neomamme e aspiranti tali. Del Signor Distruggere di recente hanno parlato i principali media italiani: L’Espresso, Il Corriere della Serala Repubblica. Per commentare il fenomeno delle pancine sono stati interpellati psicologi, sociologi, antropologi. L’allattamento fino ai 7 anni, il rituale della medaglietta, il doccino per non restare incinta, i genitali femminili ribattezzati ‘fiorella’, l’onnipresente “no critike solo complimenti”, la borsa Livorno (ovvero Louis Vuitton), le ‘sofisticatine’ che hanno fatto il classico, le bambole reborn, i gioielli fatti col latte materno o con la placenta: nel calderone di segnalazioni immesse in rete da Distruggere le madri nel mirino del nuovo paladino web sono figure ormai mitiche. Scarsamente scolarizzate e piene di idiosincrasie e timori, queste mamme senza nome e senza volto hanno una rapporto più che travagliato col loro corpo – e con la sessualità – e si dedicano a strani passatempi, che fondono bricolage, terapie alternative ed esoterismo folk.

Inizialmente, lo ammetto, i post mi hanno fatto ridere. Ne ricordo un paio dedicati a momenti tragicomici di intimità tra moglie e marito, tutti all’insegna del pudore patologico delle donne e della loro sessuofobia. Ma dopo il terzo o quarto ho cominciato a stufarmi e a essere perfino infastidito dal tono con cui i messaggi delle pancine venivano dati in pasto ai lettori e dai commenti degli utenti. Anzi, peggio: mi sono sentito a disagio, parte di qualcosa di strano. Ho provato allora a scrivere sulla mia bacheca nel tentativo di trovare la solidarietà intellettuale dei miei contatti, ma davvero in pochi sembravano rendersi conto dell’implausibilità di quei post. La maggior parte delle persone in cui mi imbattevo erano sedotte, come ipnotizzate dall’operazione di Distruggere. Si sentivano dalla parte giusta. Perché? Possibile che solo io vedessi le ripetizioni, le scene troppo simili tra loro, gli errori grammaticali sempre uguali? Possibile che solo io notassi che quei post erano chiaramente scrittura creativa, pieni com’erano di pattern ricorrenti?

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Di recente però le cose sono cambiate. Hanno iniziato infatti a circolare anche opinioni e articoli critici sul Signor Distruggere, che mettono in dubbio l’autenticità dei post, come ad esempio questo articolo comparso recentemente su Medium. Vincenzo Maisto ha ribattuto dicendo chiaramente di non sapere se i post che condivide siano autentici o meno. E, senza remore, ora aggiunge che la cosa neppure gli interessa. Anzi, alcuni post e alcune foto sono per sua stessa ammissione dei fake (le immagini condivise dalle presunte pancine sono tra l’altro sempre prese da Google e mai originali, come nota l’articolo su Medium), ma per Maisto questo non è importante. Non è un giornalista, non è un antropologo, dice: lui intrattiene e basta. “Non essendo la mia un’inchiesta, non ho né il motivo, né l’interesse di decantare la sola verità”. E sempre nello stesso post: “I media nazionali dicono che gli screen delle mamme pancine sono autentici? Lo dicono loro, io non l’ho mai detto”. Peccato però che la sua pagina sia diventata famosa non come pagina umoristica: si tratta di una community il cui scopo – nella percezione di chi la costituisce e ne ha decretato il successo – è la denuncia dei minus habens e delle situazioni di degrado esistenti davvero, da qualche parte, là fuori. Proprio per questo il mio amico che insegna filosofia me l’aveva segnalata, e per questo sul Signor Distruggere sono stati scritti articoli e per questo Maisto ha iniziato a essere chiamato a esprimersi in tv e in radio. Se si fosse trattato di un blog di barzellette dubito che tutto questo sarebbe successo. Maisto qualche mese fa era ospite a Cartabianca, da Bianca Berlinguer, seduto accanto a Roberto Burioni, il medico diventato famoso su Facebook per la sua battaglia contro i no-vax. Ho provato imbarazzo per la conduttrice – che stimo – quando l’ho vista ridere di gusto leggendo alcuni dei post di Distruggere. L’ho trovato surreale e sconfortante. Il mese scorso, a Radio 105, Maisto ha dichiarato: “Anche se alla fine si tratta di una puttanata, cosa ce ne frega?”. Al che il conduttore Dario Spada ha subito cercato di non tradire la promessa di denuncia sociale: “Attenzione: sarà anche una puttanata, ma un fondo di verità c’è sempre”. Maisto non ha voluto turbarlo oltre: “Temo di sì”. Spada ha concluso quindi con un profetico: “Se fossero dei fake ci vuole una mente geniale solo per crearne così tanti…”.

Vincenzo Maisto, è vero, non è un giornalista, ma pare che la scrittura lo interessi e da molto tempo. È da parecchio che cerca di introdursi nel campo editoriale: col suo blog si è dedicato inizialmente al mondo del lavoro, raccontando nel 2011 le sue esperienze di lavoratore precario tramite una rubrica dal titolo “Il mio essere choosy”(qua un esempio) – ma, va detto, senza ottenere grandi risultati. La svolta è arrivata nell’ultimo anno, con le pancine. E francamente è suggestivo che abbia da poco pubblicato un post in cui, celebrando il contratto firmato con Rizzoli, ripercorre la sua “gavetta” ed elenca i suoi primi esperimenti con la scrittura e una serie di tentativi più o meno fallimentari di affermarsi nel campo. Se si è sempre limitato a ricondividere i post delle mamme pancine, perché il blog nasce come punto di diffusione dei suoi scritti e ora Rizzoli gli ha proposto un contratto come autore e le aziende alcune partnership? In che relazione stanno le pancine e la penna di Maisto?

È il funzionamento stesso dei social che permette di ammantare di realtà anche ciò che reale non è. Quello che più mi inquieta di tutta questa storia sono però i follower accaniti di Distruggere: commentano e ridono sempre delle stesse cose, dimostrando un’instancabile voglia di prendersi gioco degli altri. Il lessico diffuso dalla pagina è diventato prima meme e poi ora, di fatto, gadget, brand. A me pare evidente che i post di Distruggere, che siano o meno farina del suo sacco, siano fiction: troppo il materiale disponibile e a cadenza troppo regolare. Troppa uniformità, sia nei post che nei commenti presenti negli screenshot. Dietro i post della pancine è difficile – se si ha un po’ di confidenza con l’analisi del testo e la parola scritta – non percepire una stessa mano, determinata e anzi compiaciuta nell’ottenere uno specifico effetto, sempre lo stesso. Il Signor Distruggere ha dato vita a una specie di distopia freak, tutta degrado culturale e superstizione, che sicuramente ha avuto la capacità di appassionare una fetta ampia di pubblico. Ma sfruttando cosa?

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L’operazione del Signor Distruggere funziona perché mette al centro una delle più consuete pietre dello scandalo del costume: il corpo delle donne e la loro sessualità, due cose contro i quali è da sempre assai facile accanirsi. Le protagoniste sono sempre loro: ignoranti, bigotte, credulone. E di per sé poi il tema della vita sessuale in gravidanza e delle mamme che fanno sesso è facilissimo da piegare in senso caricaturale. Maisto su questo punto si difende dicendo che il 70% dei suoi follower sono donne, come se questo potesse in qualche modo eliminare il problema. Il realtà la misoginia va alla grande anche e soprattutto in ambito femminile. L’abbiamo visto col caso Weinstein e con le reazioni al movimento #metoo: i pareri più aggressivi sono arrivati proprio dalle commentatrici. Soprattutto nei gruppi storicamente più subordinati, gli stereotipi imposti da quello dominante vengono usati per marcare una differenza di livello all’interno di quello sottomesso. “Sono donna sì, ma pur sempre meglio di queste altre”. Mamma pancina di fatto è ormai un insulto: sotto ai post di Distruggere, le donne si scagliano contro altre donne, e lo fanno non per aiutarle o sostenerle, ma per deriderle, offenderle, insultarle, sentendo così di valere di più, anche grazie al contagio emotivo del gruppo. Coi post sulle pancine si moltiplicano le cose che una donna non può essere e non può fare (come se la gravidanza, peraltro, non fosse già di suo un periodo in cui è facile sentirsi inadeguate, non all’altezza). I “pancini”, al maschile, non potrebbero esistere, e non solo perché gli uomini non affrontano la gravidanza.

Ridicolizzare qualcuno esponendo la sua vita sessuale è molto facile: ogni nostro incontro intimo potrebbe essere parodizzato e reso in forma grottesca, anche semplicemente descrivendo la cruda realtà dei fatti. La cornice semantica creata dal Signor Distruggere invita ad aggredire tutto ciò che esula dal senso comune mainstream, stimolando il linciaggio social nei confronti di ciò che è proposto come anomalo, alternativo, bizzarro. La dinamica del post messo alla berlina crea un effetto esponenziale: aggrega gli umori più bassi e i commenti degenerano in fretta. Accanirsi pubblicamente contro le palesi mancanze altrui unisce e galvanizza: come ha scritto Giada Sundas, chi segue Distruggere non è interessato a provare empatia né pena. I post che Maisto condivide sono censurati e per questo, lui precisa, non potrebbe trattarsi di bullismo. Infatti, mi viene da dire, sono più simili a una specie di simulazione di cyberbullismo: abituano e stimolano la derisione feroce, senza esclusione di colpi. E tra l’altro le shit storms ora vengono alimentate non solo contro i nebulosi gruppi dedicati alla maternità. Accade anche con persone concrete: i post di chi critica l’operato di Maisto vengono condivisi da Distruggere e – prevedibilmente – i ‘distruggini’ prendono a bersagliare i colpevoli di messaggi e insulti (com’è successo in questo e in quest’altro caso).

I follower di Distruggere si armano e partono in nome di un enorme, saldo “noi siamo meglio”. Ma meglio di chi? Se fosse davvero – come a me sembra – tutta un’operazione autoriale, i casi umani, i freak, gli sfigati sarebbero le pancine o i follower privi di senso critico che scambiano la fiction per denuncia sociale? C’è davvero molta differenza tra chi frequenta un corso di ‘petalogia’ e chi – nel tentativo di sentirsi importante e migliore rispetto a dei personaggi di finzione – si fa ritrarre sui social con l’attestato dello stesso (inesistente) corso che Distruggere predispone e mette online per autopromuoversi a mo’ di catena di sant’Antonio?

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