Si è chiuso a inizio settimana il Climate Action Summit di New York, l’evento culmine della tre giorni organizzata dall’Onu per parlare di cambiamento climatico. Si sono incontrati Capi di Stato, rappresentanti di Ong, imprenditori e attivisti per discutere quali strategie adottare per contrastare la peggiore e più urgente crisi attualmente in corso sul nostro pianeta – una crisi che coinvolge tutti e tutto, anche chi ancora non la riconosce e i sistemi economici che vengono dati per scontato. A rappresentare l’ultima categoria di presenti al summit, quella degli attivisti, è arrivata in barca a vela dalla Svezia Greta Thunberg, che con il suo messaggio di lunedì scorso ha cercato, ancora una volta, di far capire ai leader mondiali l’insignificanza del fattore economico di fronte alla distruzione della vita su questo pianeta – o quantomeno della vita per come la conosciamo oggi. L’8 agosto scorso infatti più di 100 scienziati provenienti da 52 Paesi hanno concordato nell’affermare che il tempo per intervenire sta diminuendo più rapidamente del previsto. Per questo, come dichiarato dallo stesso segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, l’obiettivo del vertice è quello di negoziare un piano concreto e realistico per accrescere il contributo di ogni Paese entro il 2020, prima di tutto nella riduzione delle emissioni di gas.
Nel leggere le parole di Guterres, viene dunque spontaneo domandarsi quale sia il piano “concreto” e “realistico” del nostro Paese, affinché anche noi possiamo dare il nostro contributo in questa battaglia globale contro l’estinzione della specie. Ebbene, finora non è chiaro quale sia perché la politica italiana sembra sempre agire in modo randomico e privo di visione progettuale, e il tema ambientale, purtroppo per noi, non è sufficientemente invitante per gli elettori del Bel Paese da diventare centrale nella propaganda politica. Parlando con i cronisti a New York il premier Giuseppe Conte ha accennato a “un’accellerazione pazzesca” data da questo governo al tema del cambiamento climatico e di “green new deal” all’italiana. Parole esotiche che rimandano alla proposta di transizione verde avanzata dalla deputata statunitense Alexandria Ocasio Cortez. Ma mentre l’originale ha un piano ben preciso – quello di tassare i super-ricchi per sostenere una transizione energetica equa e sostenibile – quello di Conte non è altrettanto cristallino. O meglio, è chiaro, ma forse un po’ semplicistico visto che si riduce a una sorta di filastrocca adatta forse a spiegare la transizione energetica ai bambini: “Col sole, col vento che abbiamo e con l’acqua – siamo circondati dall’acqua – da lì dobbiamo ricavare le energie.”
È certamente vero che la manovra di bilancio dev’essere ancora presentata, quindi è giusto aspettare, anche perché dal palco di Fratelli d’Italia il premier ha accennato a un “patto con il mondo produttivo”, di cui attendiamo i dettagli. È anche vero, però, che né la precedente esperienza di governo, né le voci che sono arrivate alla stampa in questi giorni, sono particolarmente rassicuranti. Giuseppe Conte ha definito “praticabile” la proposta del ministro dell’Istruzione in quota Cinque Stelle Lorenzo Fioramonti: tassare merendine e voli aerei per finanziare la scuola.
Concordiamo tutti sul fatto che la ricerca, l’università e l’intero sistema educativo e scolastico italiano abbiano disperatamente bisogno di fondi. E concordiamo certamente anche sul fatto che, in un Paese con un tasso di obesità infantile allarmante, vada trovato un modo per tutelare la salute dei cittadini. Quello che però fa specie è che, ancora una volta, il tema ambientale sia sottovalutato, relegato a uno spot da utilizzare per inserire l’ennesima tassa da spalmare in egual misura su tutte le classi sociali, senza un minimo di coscienza di parità e la giustizia sociale. Un errore che, dovremmo averlo imparato dall’esperienza francese dei gilet gialli, rischia di avere conseguenze gravi e soprattutto di rendere odioso ai più un tema importante come quello della riconversione energetica e della lotta contro il cambiamento climatico.
Volendo prendere proprio il tema delle merendine, i dati mostrano anche che l’obesità e il sovrappeso sono principalmente un problema per le persone con un livello di istruzione e più basso e che vivono in un contesto più povero. Dunque è con programmi di prevenzione e sostegno – che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito persino economicamente vantaggiosi nel lungo termine – e con incentivi all’acquisto degli alimenti salutari che si può risolvere il problema. Non tassando nuovamente una classe sociale impoverita e senza mezzi per uscire dalla propria condizione.
Lo stesso vale per gli aerei: una tassa sui voli già esiste in altri Paesi, come Francia e Germania, ed è persino più alta di quella proposta da Fioramonti (che dovrebbe essere di 1 euro per i voli nazionali e di 1,50 per quelli internazionali). È anche vero però che altrove si è prevista una sostanziale differenza tra i voli in economy e voli in business. Ad esempio, in Francia, che appunto non si è distinta per l’attenzione ai diritti sociali quando si è trattato di tassare gli inquinanti, è di 1,50 e 3 euro per i voli in economy dentro e fuori dall’Ue, e di 9 e 18 euro per quelli in business. Inoltre, il gettito è stato messo a bilancio per sostenere il rinnovamento delle infrastrutture verdi . Lo stesso è accaduto in Germania, dove il 20 settembre scorso è stato varato un Piano per la protezione del Clima che vale 54 miliardi di euro, da raddoppiare a 100 entro il 2030. Dentro ci sono anche le tasse sui voli, ma il piano prevede un investimento ingente nel rinnovamento della rete ferroviaria del Paese e, a fronte di un aumento dei prezzi di diesel e benzina, è prevista una riduzione delle tasse sull’elettricità verde.
Se Conte vuole davvero parlare di Green New Deal italiano, allora forse dovrebbe pensare di far pagare la transizione energetica al 5% degli italiani più benestanti, quelli che detengono il 90% della ricchezza del Paese. Oppure potrebbe davvero ispirarsi ai Paesi esteri, magari non gli Stati Uniti, per capire quali siano le misure che davvero aiutano l’ambiente. Potrebbe ad esempio guardare alla Norvegia, dove un intelligente sistema di detrazioni fiscali per le aziende introdotto nel 2014, insieme a una rete di macchinette per il vuoto a rendere, ha permesso il riciclo del 97% delle bottiglie di plastica in circolazione. Secondo Infinitum, l’associazione non-profit di proprietà delle società dell’industria che gestisce tutta l’operazione, nel solo 2017 sono riusciti a raccogliere quasi 600 milioni di bottiglie in plastica. Kjell Olav Meldrum, il ceo di Infinitum, ha dichiarato al Guardian che, secondo i loro calcoli, oggi ci sarebbero in circolazione bottiglie riciclate almeno 50 volte. E questo senza introdurre nessun costo aggiuntivo per il cittadino, anzi, offrendogli una possibilità di risparmio.
Gabriele Crescente ha poi raccolto su Internazionale almeno altre 5 cose che il governo Conte bis potrebbe fare ora che si è liberato del politico italiano più in linea con il negazionismo trumpiano, Matteo Salvini. Specialmente perché nel Pd di Zingaretti si fa un gran parlare di attenzione ai temi ambientali, quindi le aspettative sono piuttosto alte. Prima di tutto, si potrebbero tagliare i finanziamenti alle fonti fossili: Legambiente ha stimato in almeno 14 miliardi di euro i sussidi che entro il 2025 potrebbero essere dirottati su fonti sostenibili. Un’altra buona idea potrebbe essere evitare di attuare un passaggio inutile e controproducente a livello economico verso la chiusura delle centrali a carbone, il gas. Se è vero che è meno inquinante del fossile, non è privo di effetti sull’ambiente e ciò che sta accadendo anche solo nel nord dei Paesi Bassi, colpiti dai terremoti causati dall’estrazione di questa sostanza, lo dimostra. Passare dal gas per poi nuovamente dover riconvertire la produzione energetica nel giro di un decennio è proprio ciò che dimostra la scarsa lungimiranza della politica ambientale In Italia. Le risorse per passare a fonti di energia rinnovabili, come ci ha ricordato anche Conte, ci sono, ma sono ostacolate. In Italia ci sono diverse cooperative energetiche – unioni di cittadini che producono energia verde senza dipendere dalle grandi aziende dell’elettricità. Il nostro Paese però non ha ancora un quadro normativo chiaro, così come richiesto da una normativa europea del 2018, e questo è un ostacolo alla diffusione di simili esperienze virtuose. Infine, si potrebbero limitare gli agenti chimici più pericolosi usati nel settore agricolo, come il glifosato, oppure indurre le compagnie a ridurre le emissioni di anidride solforosa e monossido di azoto, due gas altamente inquinanti derivati dalla combustione, causa di gravi danni sia sull’ambiente (come l’acidificazione delle acque) che sulla salute umana (problemi respiratori). Questi sono emessi anche dalle auto, ma è stato calcolato che, ad esempio, le navi da crociera ne emettono in quantità infinitamente maggiore. Nel Nord Europa, dove le normative riguardo questi inquinanti sono più stringenti, le condizioni dei porti sono molto migliorate rispetto a quelle delle città mediterranee, di Spagna e Italia ad esempio.
La riconversione energetica è solo una delle tante sfide poste di fronte all’uomo dal riscaldamento globale: se non la affrontiamo mettendo in discussione i sistemi che ci hanno portato fino a qui, e tenendo ben presente l’idea di equa ripartizione dei costi di queste manovre, la sfida sarà da considerare fallita, qualunque cosa accada. Di misure da implementare nel breve termine ce ne sono tante, alcune più semplici, altre più complesse. Tutte, però, richiedono da parte della politica una lungimiranza disinteressata, la forza di implementare un progetto che vada oltre il turno elettorale e di proporre una visione che sia pronta anche a sacrificare il consenso di una parte della società per il bene di tutti. Questa lungimiranza, la politica italiana non l’ha mai dimostrata. La debole speranza è che sia questa la svolta reale proposta dal governo.
Foto in copertina di Antonio Masiello