Aggiornamento del 15 marzo alle ore 15:35: un avvocato del canale televisivo russo ha confermato alla CNN di aver trovato Marina Ovsynnikova e che si trova attualmente al tribunale di Mosca.
Marina Ovsyannikova, la giornalista russa arrestata per aver mostrato un cartello contro la guerra in Ucraina durante la diretta televisiva del canale Russia 1, al momento risulta scomparsa. Da lunedì sera alcuni avvocati dell’associazione indipendente russa Ovd-Info avrebbero cercato di mettersi in contatto con lei, senza riuscire a trovarla in alcuna stazione di polizia. L’ipotesi è che sia stata trasferita in una località sconosciuta. Secondo l’attivista per i diritti umani Pavel Chikov, Ovsyannikova sarebbe ormai detenuta da più di dodici ore.
Stando a una fonte dell’agenzia di stampa russa Tass, il Comitato investigativo della Feredazione Russa starebbe conducendo un controllo pre-investigativo sulla giornalista.
Lunedì sera Ovsyannikova ha interrotto la trasmissione in diretta di Russia 1 entrando in studio con un cartello che in russo e inglese recitava: “No alla guerra, stop alla guerra. Non credete alla propaganda, vi stanno mentendo”. Sul suo profilo Facebook ha poi rilasciato un video registrato prima di fare irruzione per spiegare meglio le ragioni del gesto. “Quello che sta succedendo in Ucraina è un crimine. La Russia è l’aggressore in questo caso. E la responsabilità dell’aggressione è riconducibile alla coscienza di un singolo uomo: Vladimir Putin”, dice la giornalista, aggiungendo di vergognarsi di aver supportato con il proprio lavoro la propaganda filoputiniana.
Secondo le stime tenute da Ovd-Info, Ovsyannikova sarebbe una delle quasi 15mila persone detenute in tutta la Federazione dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Un audio rilasciato dalla ong che assiste i detenuti politici russi ricostruisce quanto accade dopo molti di questi arresti, dove le persone vengono sottoposte a colpi, minacce e insulti verbali. Aleksandra Kaluzhskikh, una delle persone arrestate durante la manifestazione del 6 marzo, è riuscita a registrare il proprio interrogatorio, in cui si sentono i poliziotti darle dell’“idiota”, della “cagna”, trascinarla per i capelli o versarle dell’acqua sulla faccia per simulare torturala simulando l’annegamento. Un rapporto diffuso da Ovd-info avrebbe documentato l’uso della forza in almeno 30 commissariati in 9 città.