La storia de “Il Finanziere”, il gruppo Facebook frequentato da agenti in servizio della Guardia di Finanza, in congedo e dai loro diretti familiari ha giustamente scatenato diverse polemiche. Scoprire l’esistenza di gruppi chiusi in cui membri delle Forze dell’Ordine discutono tra altre cose di uccidere Carola Rackete e i parlamentari PD, di far saltare in aria la nave di una ONG con una bomba e di “sterminare i nigeriani” non è sicuramente rassicurante. Certo, a attenuare la sorpresa dovrebbe bastare il fatto che da un anno a questa parte siamo abituati a leggere i post e a sentire le dichiarazioni di membri del governo che non disdegnano di incitare i propri sostenitori all’offesa gratuita, quando non proprio all’odio.
Intanto, però, contattata dalla redazione di The Vision la Guardia di Finanza ha fatto sapere di aver già avviato “rigorosi accertamenti con l’interessamento dell’Autorità Giudiziaria competente”. Fatto ribadito anche dalla portavoce del ministro dell’Economia e delle Finanze Tria, che ci ha fatto sapere che dell’accaduto si occuperà la Procura, che dovrà anche verificare l’identità e il ruolo dei proprietari degli account. Non dovrebbe trattarsi di una ricerca troppo difficile: la maggior parte degli account sono decisamente riconoscibili, molti sono del tutto pubblici e completi di accurate informazioni personali – che comprendono anche il grado all’interno del Corpo. Il tutto corredato da composte fotografie in divisa.
Sia la Guardia di Finanza che il Ministero dell’Economia e delle Finanze da cui essa dipende hanno poi doverosamente sottolineato che il gruppo non è direttamente riconducibile alla GdF, e che si tratta di un’iniziativa di singoli personaggi. Ma deve essere chiaro che anche solo il fatto che all’interno di un gruppo di 16mila persone – non proprio quattro gatti – alcuni militari in servizio si sentano legittimati a “sfogarsi” con un “Sparatela questa bastarda” dovrebbe far rabbrividire chiunque all’interno di uno Stato di Diritto.
L’avvocato di Carola Rackete ha dichiarato a The Vision che “sarebbe stupefacente che dopo queste rivelazioni non ci fosse un intervento della Presidenza del Consiglio e del Mef volto ad accertare i responsabili di quelle gravissime affermazioni”. Dopo l’articolo è stata inoltre presentata un’interrogazione parlamentare al Ministero dell’Economia e delle Finanze, con prima firmataria Giuditta Pini, deputata del Pd che era a bordo della Sea Watch e che è dunque tra i parlamentari che sono stati minacciati all’interno del gruppo Facebook. “Attendiamo una risposta alla nostra interrogazione. È un fatto molto grave, e ci auguriamo che una volta verificati tutti i fatti si prendano provvedimenti inequivocabili”, ha detto l’onorevole a The Vision.
Insieme a Giuditta Pini sulla SeaWatch c’erano anche Matteo Orfini, deputato del PD, e Nicola Fratoianni, deputato di Sinistra italiana. “Temo che questa vicenda racconti un clima che sembra ormai diffondersi sempre più, e la responsabilità è anche della politica” ci ha detto l’onorevole Orfini. Contattato dalla redazione, Fratoianni ha anche sottolineato il preoccupante fatto che nessuno al’interno di quel gruppo abbia denunciato o segnalato prima la gravità di quelle affermazioni. Come si diceva infatti, ciò che di questa vicenda preoccupa maggiormente è proprio l’idea che 16mila persone ritengano normale che dei militari invochino il golpe o una pallottola come “cura”. Tanto normale da farlo addirittura attraverso account con nome e cognome.
In questo caso non c’entra nulla il “potere dell’anonimato”, non c’entrano i leoni da tastiera che si nascondono dietro assurdi nickname. Qui c’entra l’idea di essere al di sopra della Legge. Anzi, l’idea di essere la Legge. Un’idea che, lungi dall’essere ad appannaggio esclusivo delle Forze dell’Ordine, ormai si espande e cresce declinata in varie salse. La si può ritrovare nei principi della legittima difesa in chiave leghista. La si riconosce nei post che espongono alla gogna ragazze minorenni colpevoli solo di aver manifestato il proprio dissenso. La si può assaporare distintamente tutte le volte che negli ultimi mesi è stata attaccata la magistratura perché “si candidi e si faccia votare”. Ma la forza delle leggi di uno Stato e della sua Costituzione ha poco a che fare con la forza elettorale. C’è stato qualcuno che in passato ha effettivamente equiparato le due cose, uno con la passione per i balconi e le divise. Ora, è vero che ormai questi non sono particolari univoci, ma stiamo parlando di Benito Mussolini.
Non è la prima volta che membri delle Forze dell’Ordine danno il peggio di sé su Facebook: era già accaduto in passato, ma la condanna da parte dei governi di turno era sempre stata netta. Oggi, invece, proprio mentre pubblicavamo la nostra inchiesta, arrivava la notizia che veniva depositata presso la Procura della Repubblica di Roma la denuncia-querela di Carola Rackete, capitana della Sea Watch 3, nei confronti del ministro dell’Interno nonché vice presidente del Consiglio, nonché leader maximo del primo partito del Paese. E qual è il motivo della querela? Proprio le parole del ministro, che ha definito la capitana della SeaWatch una “delinquente, comandante fuorilegge, ricca e viziata comunista tedesca, criminale tedesca, comandante criminale”.
Davvero vogliamo ancora credere che i continui attacchi personali, le ripetute offese ai singoli – da Laura Boldrini fino a Gino Strada passando per Roberto Saviano – i costanti dileggiamenti di tutti i poteri dello Stato all’infuori del Viminale, attuati dal politico italiano più in vista e sicuramente più potente – sia per i voti che attrae sia per i ruoli che riveste – non c’entrino nulla con il clima in cui l’Italia sembra essere piombata? Tutta l’Italia si è alzata indignata contro la maestra di Torino che aveva insultato dei poliziotti: “cosa può insegnare ai nostri figli una persona così?”, si era chiesto un Paese in preda al panico. E quella maestra non solo è stata immediatamente condannata dall’opinione pubblica, con un autodafé cotto e mangiato, ma è stata poi prontamente licenziata. E anche lei era stata un bersaglio del ministro Salvini. Perché questa volta non c’è stata alcuna dichiarazione? Eppure non dovrebbe confortarlo sapere che chi avrebbe il compito di proteggere tutti i cittadini italiani ne vorrebbe invece impiccare alcuni.
Fra i vari messaggi e commenti arrivati alla redazione in seguito alla pubblicazione dell’articolo di questa mattina, c’è stato anche quello di un finanziere. Con numerosi screenshot ci segnalava l’esistenza di altri gruppi Facebook come quello che abbiamo denunciato. Riportava i commenti di alcuni suoi colleghi, anche loro conditi di insulti e minacce. Il militare che ci ha contattato si diceva schifato, indignato dal comportamento di questi suoi colleghi “che ledono l’onore della GdF”. Come non essere d’accordo, ma perché non denunciare prima? Sì, è vero, non deve essere facile scontrarsi con i propri colleghi andando contro al cameratismo delle Caserme. Ma proprio questa è stata anche la ragione del depistaggio avvenuto nel caso Cucchi, e decisamente non è rassicurante.