Non contenti di trasformare i loro piccoli frugoletti in bombe batteriologiche lanciate nei corridoi delle scuole e degli asili patri, i genitori cattolici oltranzisti rivendicano il fondamentale diritto di crescere figli intolleranti. E vogliono farlo con il sostegno della scuola pubblica, consapevoli come sono che, nonostante i loro sforzi, a volte, nel mucchio, gliene esce qualcuno di normale che li manda finalmente a cagare.
Per evitare che la rivolta dilaghi, la galassia che gira intorno ai Family Day e a Massimo Gandolfini, portavoce del comitato Difendiamo i nostri figli – sotto le sigle di Generazione Famiglia, Citizen Go, Provita e Articolo 26 – sta portando avanti la discutibile battaglia “per la libertà educativa”. Al contrario di quanto può immaginare una persona dotata di senno, non si parla della libertà nell’impartire gli insegnamenti dei docenti – in Costituzione all’articolo 34 – ma di quella dei genitori di infilare il naso in qualsiasi attività relativa ai banchi di scuola. La dichiarazione di principi alla base è la seguente: “Nell’educazione civica, affettiva e sessuale così come nell’educazione alla cosiddetta parità ‘di genere’ o contro le discriminazioni, andranno rispettate le differenze culturali ed educative, che interpretano e concretizzano i valori fondamentali della vita.”
Non è difficile immaginare quali siano “le differenze culturali ed educative” che andranno rispettate. Stiamo parlando di gente che esulta quando il ministro Matteo Salvini dichiara che “purtroppo i rom italiani ce li dobbiamo tenere”, o quando il suo collega Lorenzo Fontana sentenzia “che le famiglie arcobaleno non esistono”. Gente che mette like alla foto della Isoardi che stira le camicie del compagno, che ci immaginiamo seduto in poltrona armato di smartphone e intento condividere i propri pensieri sui social – unica attività in cui in questi mesi ha mostrato di eccellere.
Non è un diritto dei genitori bloccare qualsiasi attività, extracurricolare e non, che insegni ai bambini come stare a fianco di compagni un po’ effemminati che potrebbero essere omosessuali, bambine che amano giocare a calcio, studenti di altra etnia, figli di single, di gay, oppure orfani. Non è loro diritto bloccare qualsiasi tentativo di insegnare ai maschi a non prevaricare le femmine, e spiegargli che un no è un no. Altrimenti poi succede che un bambino al centro estivo se ne esce dicendo che lui, accanto a una “negra”, non ci vuole stare, o che un ragazzino di 17 anni venga avvicinato dai compagni a cui aveva rivelato la sua omosessualità che gli dicono che che i froci devono bruciare.
Secondo una ricerca Doxa-Telefono Azzurro, il 35% dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni afferma di aver subito violenze da coetanei e compagni di scuola. Ma naturalmente il problema che preoccupa i genitori cattolici oltranzisti è la colonizzazione ideologica subita dai loro figli e portata avanti attraverso la teoria del gender, che non esiste, se non nelle loro menti. Così, i loro bambini possono insultare e deridere i compagni, ma nessuno può spiegare loro che c’è chi potrebbe avere gusti sessuali diversi, perché questo li sottoporrebbe a uno shock.
Queste persone, inoltre, hanno spesso amici con una certa tendenza a menare le mani, come appurato dall’inchiesta del Corriere sui legami tra Forza Nuova e Provita. Non è tanto stupefacente allora che una classe elementare, per assistere a uno spettacolo sull’identità di genere e l’educazione alla diversità, debba essere scortata in teatro dai Carabinieri, intervenuti per tenere a bada un gruppo di genitori invasati che avrebbero voluto di impedire la visione a tutti bambini. Il paradosso è che hanno fatto tutto questo in nome della libertà di educazione. È ovvio che la logica non sia dalla loro.
Ma non basta. Dopo anni di pressioni, il tema della “libertà educativa” è arrivata fin dentro le istituzioni. Un mese fa, a Todi, una bibliotecaria è stata trasferita perché si è rifiutata di “segnalare” i libri per bambini che trattano i temi di genere e che, secondo il Comune, dovevano essere spostati nella sezione adulti per non turbare la psiche di quelli che si avviano a diventare, prima piccole, e poi grandi carogne.
Adesso che al governo c’è la Lega, la festa è grande. Già in marzo il senatore Simone Pillon, scoperto che nelle scuole insegnano stregoneria, aveva presentato un’interrogazione parlamentare. In questi giorni Gandolfini, mentre in Italia sfilavano i Pride, ha invece chiesto e ottenuto un incontro con il nuovo ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, in cui “è emersa infine la proposta di rilanciare un patto educativo tra scuola e famiglie che escluda ogni forma di colonizzazione ideologica.” Il che significa provare a buttare fuori dalle scuole con una norma, e il sostegno del governo, tutti quelli che fanno formazione anti-bullismo di genere e orientamento sessuale. Fossero mai sopravvissuti alle intimidazioni e alle pressioni di questi anni folli.
Sinceramente, in un afflato di spirito liberale, io sono anche disposto a riconoscere che se uno vuole crescere suo figlio ignaro del fatto che al mondo vi sono eterosessuali e omosessuali, neri e bianchi, cattolici, musulmani e atei, deve poterlo fare. Ma prendete i vostri figli e portateli in mezzo ai boschi. Fate come i mormoni, create delle tranquille comunità e rinunciate a qualsiasi contatto con il mondo esterno. Forse così saremo tutti più felici.
Nel frattempo, il fatto che un figlio possa avere la tendenza a insultare chi non è come lui è un problema che penso prevarichi i diritti di genitori che, non dimentichiamolo, esercitano sulla prole una “responsabilità genitoriale” e non una potestà. Detta in altro modo, genitori, non siete proprietari dei vostri figli. Che potrebbero anche decidere di scendere in piazza, partecipare al Pride e conoscere qualcuno di abbastanza assennato da mettergli in mano quei preservativi di cui non gli avete nemmeno mai parlato.